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La Corte di cassazione
stronca F. G. Caltagirone
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LA SEZIONE LAVORO della Corte di cassazione (presidente Adriana Doronzo, consiglieri Fabrizio Amendola, Gualtiero Michelini, Antonella Pagetta e il relatore Francescopaolo Panariello) ha pubblicato il 22 luglio una sentenza che si può definire storica.
La Suprema corte doveva decidere sul ricorso presentato dal Messaggero spa e dalla Servizi Italia 15 srl, società controllate da Francesco Gaetano Caltagirone e assistite in giudizio dall’avvocato Giovanni Lazzara, contro la decisione della Corte d’appello di Roma favorevole all’archivista del Messaggero Lorenzo Carresi, licenziato poi ripetutamente riassunto e subito dopo rilicenziato dai manager del
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Gruppo Caltagirone, e al Fondo nazionale di previdenza ‘Fiorenzo Casella’, difesi il primo da Marco Petrocelli e il secondo da Marco Annecchino. |
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Lorenzo Carresi e Marco Petrocelli |
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In dieci pagine, con un lavoro certosino e documentato, il relatore Panariello smonta i quattro motivi del ricorso dichiarando i primi tre inammissibili e il quarto infondato, confermando in pieno la decisione del giugno 2022 della Corte d’appello di Roma (presidente Paolo Cocchia, consiglieri Giovanni Boeri e la relatrice Maria Gabriella Marrocco).
“La prima osservazione da fare – dichiara un esperto avvocato cassazionista – è che la Suprema corte, in genere stringata, in questo caso ha voluto scrivere una sentenza in qualche modo esemplare avendo davanti un imprenditore che non dà mai esecuzione alle tante decisioni di condanna firmate dalla magistratura”.
Il punto centrale che emerge dalle dieci pagine è che il Messaggero, con l’operazione scattata nell’aprile del 2016, non ha fatto una cessione di ramo d’azienda ma soltanto il frazionamento di una società in più società con la creazione di Servizi Italia e Stampa Roma. Il primo obiettivo era un drastico taglio delle spese, basti pensare che ai dipendenti trasferiti a Servizi Italia è stato applicato il contratto del commercio con una riduzione del costo del lavoro del 30-40 per cento.
Una volta disintegrata la cessione del ramo d’azienda e avendo lo stesso datore di lavoro (Caltagirone), tutti i dipendenti trasferiti, e sono diverse decine, possono impugnare anche subito il trasferimento.
“Con la sentenza epocale della Corte di cassazione – commenta un
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Fabrizio Amendola e Gualtiero Michelini |
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avvocato lavorista – l’illegittimità della cessione del ramo d’azienda è stata definitivamente accertata. Sulla base di questo presupposto anche le altre |
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cessioni di ramo d'azienda riguardanti Stampa Roma 2015, con i dipendenti delle testate del Gruppo (Il Mattino di Napoli, Il Gazzettino di Venezia, il Corriere Adriatico di Ancona, il Nuovo Quotidiano di Puglia di Lecce) potrebbero essere sottoposte a verifica dai giudici. Ovviamente ciò può avvenire soltanto se i dipendenti coinvolti in queste cessioni di ramo d'azienda si attivano con i ricorsi in tribunale. Potrebbero così vedersi riconosciuti otto anni di stipendio pieno e otto anni di contributi al Fondo previdenziale Casella”. |
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