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Diffamazioni
da 600mila € |
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Chi tocca il notaio Tino Santangelo, e i suoi familiari, si fa male: questa riflessione nasce dalla lettura di tre sentenze depositate nell’arco di sei mesi dal giudice del tribunale civile di Napoli Raffaele Sdino. Nelle citazioni, presentate dall’avvocato Achille Janes Carratù, accanto al notaio, e vice sindaco della giunta Iervolino, c’è la figlia Maria Rosaria, conosciuta come Marella, mentre in uno dei giudizi è presente anche il compagno di Marella, |
Paolo Giardiello.
Due azioni legali per diffamazione sono scaturite da interventi e articoli pubblicati da Repubblica Napoli su un discusso concorso per associato alla facoltà di Architettura di Napoli che ha visto prevalere Marella Santangelo su un docente, |

Pietro Diodato e Andrea Santoro |
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Antonio Rossetti, con maggiore anzianità professionale e con più titoli. La polemica violenta sullo svolgimento e l’esito del concorso viene avviata proprio da un intervento di Rossetti pubblicato da Repubblica Napoli il 27 settembre del 2007 e va avanti fino al 29 gennaio 2009. Nella prima citazione nel mirino dell’ex vice sindaco e di sua figlia ci sono i docenti universitari Antonio Rossetti e Gaetano Borrelli Rojo, Monica Mondardini, nella veste di rappresentante legale del Gruppo l’Espresso, il direttore responsabile di Repubblica Ezio Mauro, il capo dell’edizione campana Giustino Fabrizio e le croniste Bianca De Fazio, Conchita Sannino, Cristina Zagaria.
Nella seconda citazione, con i professori Rossetti e Borrelli Rojo, i ‘convenuti’ sono Marco Tarò, rappresentante legale di Chiarellettere, la casa editrice che ha pubblicato il libro “Un Paese di Baroni”, e gli autori del volume: Davide Carlucci, redattore di Repubblica Milano, e Antonio Castaldo, giornalista del Corriere.it. Le due cause, con sentenze depositate dal giudice Sdino il 15 maggio, hanno avuto esiti diversi. Nel giudizio sul libro, di cui Iustita si è già occupato, il magistrato scrive che “gli autori, lungi dall’offrire una tesi preconfezionata vogliono raccontare un caso per quello che era ovvero un caso aperto”; rigetta quindi per tutti la richiesta di risarcimento danni e compensa le spese. Ai due docenti riserva però un passaggio singolare. “Per quanto riguarda – osserva Sdino – sia il Rossetti che il Borrelli Rojo la carenza
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Antonio Castaldo e Achille Janes Carratù
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di prova in ordine alla veridicità dei fatti divulgati e la portata diffamatoria delle accuse integrerebbero gli estremi del fatto illecito di cui si dolgono gli attori (Tino e Marella Santangelo, ndr). Se non ché, a tale condotta non può corrispondere la condanna |
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al risarcimento dei danni: non va dimenticato, infatti, che gli stessi sono stati già convenuti in giudizio nell’altra causa promossi dagli attori contro la Repubblica e sono stati anche condannati al risarcimento dei danni con sentenza emessa in pari data alla presente”.
Veniamo allora alla citazione contro Repubblica chiusa da una condanna onerosa che risparmia soltanto le croniste di Repubblica Napoli alle quali il magistrato riconosce anche le spese di giudizio liquidate in 4500 euro a carico dei Santangelo. I professori Rossetti e Borrelli Rojo, il Gruppo l’Espresso, il direttore Ezio Mauro e Giustino Fabrizio devono invece risarcire con 100mila euro Tino Santangelo e con 50mila la figlia Marella, somme alle quali vanno aggiunti gli interessi legali; pagare la pubblicazione sul Mattino e su Repubblica Napoli di un estratto della sentenza su due colonne con caratteri doppi del normale, pubblicazione che va ripetuta su Repubblica.it, facendola comparire ogni volta che si accede agli articoli giudicati diffamatori; versare 17mila euro di spese legali. In solido i due docenti e Fabrizio, che “risponde soltanto del contenuto degli articoli a sua firma”, sono condannati inoltre a dare 25mila euro a Tino Santangelo e 25mila a Marella.
E il giudice elenca i motivi che sono alla base di una decisione così dura: “la mancata realizzazione del diritto alla rettifica, il costante sbilanciamento a favore della tesi accusatoria, l’utilizzazione di tutti gli strumenti grafici (sottolineature, titoli, occhielli, ecc.) finalizzati a rimarcare l’aspetto scandaloso della vicenda mostrano chiaramente come il quotidiano non abbia inteso |
affatto offrire al lettore una rappresentazione oggettiva per informarlo, quanto piuttosto una tesi preconfezionata”.
Il magistrato aggiunge poi che “solo la lettura complessiva degli articoli permette di apprezzare a pieno la non sussistenza della scriminante (del |

Davide Carlucci e Giustino Fabrizio |
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diritto di cronaca, ndr) perché è la reiterazione martellante, il continuo richiamo alle tappe della vicenda, l’insistenza sull’accostamento tra la figura pubblica del vice sindaco, la funzione rivestita e l’ambiente accademico inducono a ritenere che l’atteggiamento del quotidiano sia stato unilaterale”.
Anche in questa sentenza il magistrato aggiunge un tocco sorprendente quando fa una ripartizione precisa delle responsabilità: “la ricostruzione della vicenda e il ruolo assunto nella stessa portano a ritenere che il prof. Rossetti sia responsabile al 40%, l’editore e il direttore responsabile per il 40%, il prof. Borrelli per il 10 % e il giornalista Giustino Fabrizio per il 10 %”.
Pesante la condanna dei professori di Architettura e di Repubblica, pesantissima la condanna di Pietro Diodato e di Andrea Santoro. Anche in questo caso la sentenza, depositata il 17 novembre scorso, ha la firma del giudice Raffaele Sdino. Il giudizio nasce da tre atti di citazione, poi unificati, con richiesta di risarcimento danni da diffamazione da un milione di euro, sottoscritti da Tino Santangelo, da Marella Santangelo e dall’architetto Paolo Giardiello, compagno di Marella, per le notizie diffuse nel corso di una conferenza stampa tenuta il 14 febbraio del 2009 dal consigliere regionale Pietro Diodato e dal consigliere comunale Andrea Santoro, esponenti di Futuro e libertà, la formazione guidata da Gianfranco Fini.
Nell’incontro con i giornalisti i due politici accusano il vice sindaco Santangelo di un comportamento poco trasparente in occasione dell’approvazione della |

Gianfranco Fini e Rosa Russo Iervolino
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delibera della giunta comunale per il piano di recupero dell’ex birreria Peroni a Miano perché il progetto vedeva coinvolti la figlia e l’architetto Giardiello. L’accusa viene giudicata particolarmente grave perché le notizie diffuse non sono vere e perché nonostante una |
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comunicato di precisazione dei fatti diffuso dal vice sindaco il 15 febbraio, tre giorni più tardi Diodato e Santoro convocano nuovamente i giornalisti per ribadire la loro denuncia.
Il giudice Sdino accoglie le tesi dell’avvocato Carratù, che assiste i Santangelo e Giardiello (mentre i difensori dei due politici sono Gabriele e Gaetano Montefusco) e scrive che “in termini oggettivi non vi può essere alcun dubbio sulla portata altamente diffamatoria delle notizie contenute nei comunicati stampa”. Da qui la condanna per Diodato e Santoro a risarcire con 125mila euro Tino Santangelo e con 75mila Marella Santagelo e Paolo Giardiello, oltre agli interessi legali; a pubblicare sul Mattino e su Repubblica Napoli un estratto della sentenza su due colonne e a caratteri doppi del normale; a versare 43mila euro di spese legali.
Piccola notazione: in questo giudizio gli attori sono tre e non due come nella ‘diffamazione’ di Repubblica Napoli sulla vicenda del concorso per associato, ma non si capisce il divario enorme tra i 17mila euro di spese legali del giudizio contro Repubblica e i 43mila a carico di Diodato e Santoro.
“Le sentenze per diffamazione - dichiara a Iustitia l’avvocato Janes Carratù - sono immediatamente esecutive, ma gli amministratori di Repubblica non hanno ancora versato quanto devono. Nel caso dei due esponenti politici, il cui appello è già stato fissato, l’architetta Marella Santangelo ha già pignorato i compensi di consigliere comunale di Andrea Santoro”. |
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