Qualcuno potrà anche dire che si tratta di eccessiva pignoleria, ma secondo me non è così: se un giornalista parla di giornalismo non deve usare in maniera imprecisa frasi e modi di dire che riguardano il suo mestiere.
Il 18 febbraio Ansa e Agi mettono in rete una dichiarazione di Carlo Verna, segretario nazionale dell’Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai), in cui critica un editoriale del direttore del Tg1 Augusto Minzolini che definisce l’inchiesta sugli appalti del G8 che ha coinvolto Guido Bertolaso e la Protezione civile “gogna mediatica a ridosso delle elezioni”. Questo l’attacco del comunicato di Verna: “Devo ricordare a Minzolini che il giornalista è il cane da guardia della democrazia, non il cane da guardia del potere”.
Devo a mia volta ricordare a Verna che è l’esatto opposto: la frase (che mutua l’espressione del giornalismo anglosassone “watchdog journalism”) non intende l’essere “cane da guardia” come impegno a difesa di qualcosa o qualcuno, ma come attività di controllo e vigilanza sugli abusi del potere. Risparmio una noiosa “bibliografia” in proposito, anche perché immagino che i lettori di Iustitia, per lo più “addetti ai lavori”, siano già documentati.
A parziale giustificazione di Verna posso solo immaginare che la sua convinzione che il giornalista non sia il cane da guardia del potere gli derivi dal lavorare da quasi 25 anni al Tgr Campania della Rai, dal luglio 2003 guidata da Massimo Milone. |
Post scriptum. Verna confonde i cani, Minzolini di cani non si occupa e va avanti con la sua mission: il 26 febbraio manda il conduttore Paolo Di Giannantonio ad aprire il Tg1 delle 13,30 con una bufala: “La Cassazione ha assolto l’avvocato Mills”; in realtà la Cassazione ha confermato che il reato di corruzione c’è stato, ma è prescritto, e ha condannato l’avvocato inglese a pagare allo Stato un risarcimento di 250mila euro. |