La campagna
degli altarini

HA CONQUISTATO la ribalta nazionale la campagna per l’abbattimento di altarini ed edicole votive dedicati a ‘delinquenti’, spesso giovanissimi, uccisi mentre compivano rapine o altri reati, promossa dal Mattino e dal prefetto di Napoli Marco Valentini.
Nel numero di aprile Prima comunicazione, mensile specializzato sulle questioni dell’informazione, dedica quattro pagine a “La crociata antialtarini”, scrivendo che “il prefetto di Napoli ne ha deciso la rimozione, appoggiato dal Mattino per far capire ai napoletani che

sono forme di comunicazione della camorra”.
Le tappe della "crociata" sono state resocontate con decine di articoli e il punto di avvio della campagna può essere indicato nel

Gerardo Ausiello e Franco Recanatesi

13 gennaio quando il Mattino pubblica in prima pagina un’intervista al prefetto di Napoli con una indicazione netta: “Si cancellino i murales dei due baby rapinatori”. Dieci giorni dopo la procura di Napoli, guidata da Gianni Melillo, apre un’inchiesta e il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese dichiara: “sto con il prefetto Valentini”. 
L’attenzione del mensile milanese è importante perché il Mezzogiorno da anni è in sostanza scomparso dalle sue pagine. Prima comunicazione, nato nel 1973 da un’intuizione di Umberto Brunetti, direttore e socio dell’impresa, e di sua moglie, il condirettore Alessandra Ravetta, è stato per decenni la Bibbia di chi voleva seguire il mondo dei media. Poi la galassia dell’informazione è profondamente cambiata, a cominciare dall’esplosione di Internet e dalla progressiva riduzione del peso dei giornalisti e in parte del giornalismo. Dopo quasi cinquanta anni di un lavoro straordinario e logorante, anche il fondatore dall’intuizione geniale è stanco e ai primi di giugno compirà novanta anni. Il giornale così prova da tempo con affanno ad adeguarsi concentrando la sua attenzione su manager e grandi aziende, decisivi per sostenere il fatturato della pubblicità.
Torniamo al servizio sugli altarini. Lo firma Franco Recanatesi, giornalista di grande esperienza, romano, ottanta anni il 5 maggio, nella squadra di Eugenio Scalfari quando nel gennaio del 1976 vara la Repubblica. Via via cresce con ruoli di sempre maggiore peso: redattore capo, responsabile dell’edizione di Torino, nell’aprile del ’90 fondatore delle pagine napoletane che dirige per due anni, poi direttore del settimanale il Venerdì, esperienza bruscamente interrotta per un incidente di percorso che lo porterà alle dimissioni dal giornale.
Scrittura scorrevole e attenzione ridotta alla verifica delle notizie, Recanatesi riserva l’ultima colonna e mezza dell’articolo all’intervista a Gerardo Ausiello, quarantenne capo cronista del Mattino e la infarcisce

Alessandra Ravetta e Marco Valentini

di inesattezze grandi e piccole.
Ne citiamo alcune. Ausiello racconta della sua famiglia che da tre generazioni è legata al Mattino: il nonno correttore di bozze, il padre Bruno “redattore”. Bruno

Ausiello non era giornalista ma poligrafico con un ruolo dirigenziale nella Cisl regionale editoria. “Dal 2014 il capo cronista è giornalista professionista”; non è vero, è professionista dal settembre 2004.
E ancora. Probabilmente Ausiello non ha i gradi di redattore capo e certamente non è diventato capo cronista con la direzione di Alessandro Barbano ma è arrivato alla guida della cronaca con un ordine di servizio del 13 dicembre 2020 firmata da  Federico Monga.
L’ultimo errore è il più divertente. Recanatesi fa dire ad Ausiello, a proposito dei casi Covid al giornale, che soltanto uno dei redattori è stato ricoverato all’ospedale “Cutugno”. Cancella così il nome del medico e chirurgo napoletano del Settecento Domenico Cotugno e intesta l’ospedale per le malattie infettive al cantante Toto Cutugno.
Un’ultima considerazione: se l’articolo avesse riguardato il Corriere o la Stampa direttori e redattori di Prima lo avrebbero passato con una cura maggiore, parla invece del Mattino e di Napoli e allora tutto va bene.