Lettera a Sergio

Caro Sergio,
ebbene sì, non me ne sono accorto. Anche perché non ne sapevo nulla. Io vivo in provincia, dove è remota non solo la distanza dalla metropoli ma anche la speranza di aggiustare la vita. O di tornare a fare la professione per la quale mi sono giocato tutto: lo stipendio fisso, la cassa mutua, la pensione e anche la reputazione nei confronti di mio padre (buonanima). Sono venuto a Napoli, a votare, sia per il primo turno che per il ballottaggio. Ti ho visto, ci siamo salutati, mi hai dato anche la scheda per recarmi nella cabina. Ho pensato subito a quel luglio del 1992 allorquando il Giornale di Napoli (guidato da Emidio Novi, ndr) “rinacque” nel deserto del centro direzionale, dove tu, capocronista senza esercito, insieme con altri poveri disperati (come me) ti adoperavi per far sì che non si spegnesse la fiamma. Ho subito interrotto il ricordo, bello e intenso, perché mi avrebbe portato rapidamente alle schifezze del 1997 (l’editore era Renato D’Andria, il direttore Roberto Tumbarello, ndr), alla chiusura, al tramonto della testata, agli stipendi persi e mai recuperati, alle giornate passate all’Assostampa per tentare di non affogare.
Ti ripeto, non sapevo nulla. Come si dice, non mi hanno notiziato. È vero, non siamo mai andati troppo d’accordo. E forse, non siamo mai stati amici. Non potevo aspettarmi che ci salutassimo con ardore ed entusiasmo. Ci siamo salutati e basta.
Stasera scopro. Consentimi di non credere fino in fondo alle tue parole. Tu sei bravo e brillante. Il pezzo ti è uscito bene. Spero che tu abbia esagerato. Perché non te lo meriti di stare male. Dovrebbero stare male quelli che attentano, come tu dici, al nostro equilibrio economico e professionale.
Che faccio ora? Come esco da questo pantano? Intanto ti saluto. E ti prometto che la prossima volta ti abbraccio. E, in un moto di estrema generosità, ti assicuro che provvederò anche a procurarmi il tuo numero di telefono. E se riesco nell’impresa, ti faccio anche una telefonata lunga assai, alla faccia del nostro equilibrio economico e professionale.

Bruno Menna
 
Sergio Califano
Emidio Novi
Renato D'Andria
Bruno Menna