Roma, Di Casola
rivince in appello

SONO PIÙ SERENI i dirigenti del Roma perché nei primi giorni di marzo è stato finalmente sbloccato il finanziamento pubblico relativo al 2010. Sono più sereni anche i redattori che vanno avanti con i contratti di solidarietà a retribuzione ridotta (per l'intero 2010 e dall'aprile 2011) e il congelamento di cinque stipendi (dal dicembre 2010 al marzo 2011 e la tredicesima 2010).
E sono più sereni anche i giornalisti che al Roma hanno lavorato, ma non hanno incassato i compensi maturati. È il caso di Maria Teresa Di Casola, napoletana di Castellammare, quarantasei anni, da quattordici professionista,

per diciotto mesi cronista di giudiziaria e nera del Roma di Tatarella e Bocchino che nell’ottobre del ’96 ritorna in edicola.
Nell’aprile del ’99, assistita dall’avvocato Nunzio Rizzo, avvia un vertenza di lavoro che arriva a sentenza soltanto il primo marzo del 2007. Il


Gianfranco Oliviero, Nunzio Rizzo e Rocco Truncellito

giudice del tribunale di Napoli Ciro Cardellicchio le riconosce  “il diritto all’inquadramento nella qualifica di redattore con decorrenza del 12 gennaio 1997 e condanna le edizioni del Roma srl al pagamento della somma di 29.150, 79 euro”. La sentenza è immediatamente esecutiva, ma i vertici del Roma, difesi da Gianfranco Oliviero, di pagare non ne vogliono sapere.
Resta da vedere cosa decideranno di fare ora che c’è anche la sentenza di secondo grado, nel quale si sono fronteggiati per la Di Casola l’avvocato Amalia Rizzo e per il Roma Rocco Truncellito.
Il 22 febbraio infatti la seconda sezione lavoro della Corte d’appello di Napoli (presidente Fausto Castaldo, giudici a latere la relatrice Mariavittoria Papa e Vittoria Orlando) ha deciso di rigettare l’appello del Roma e condannare la società al pagamento di millecinquecento euro di spese legali.