Lo strano caso
di Rino Genovese

C’È UNA SPIA, c’è un’indagine, un ‘tribunale’ che tiene udienza, un imputato che si difende, un avvocato che lo assiste e ora si aspetta la sentenza. La spy story è ambientata tra via Marconi e viale Mazzini, molti sono i testimoni, ma come accade purtroppo spesso quasi nessuno sa o ha visto.
Mettiamo allora in fila i dati sicuri. Qualcuno ben informato invia in più copie

alla Rai a Roma  una lettera anonima con allegati dei documenti: si parla di un contratto di consulenza del giornalista della sede Rai di Napoli Rino (Pellegrino) Genovese con un’azienda del settore rifiuti dell’Agro nocerino sarnese,


Gilly Castellano e Ettore De Lorenzo

contratto stipulato in violazione delle norme che regolano l'attività dei giornalisti Rai. Una violazione che in alcuni casi è stata sanzionata con rigore. A dicembre parte l’istruttoria, a metà gennaio Genovese viene convocato a Roma; si presenta accompagnato dall’ 'avvocato' Carlo Verna, segretario dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai; il giudice che lo interroga è il vice direttore del Personale Luigi Meloni, ma al termine dell’udienza non viene letta la sentenza. Intanto a via Marconi si apre la caccia all’autore della denuncia e i sospetti si concentrano su uno dei redattori.
“Non so se il mio è un caso ‘strano’ – dice Genovese – e non mi appassiona la caccia al delatore. Mi sento un cattolico autentico: non conosco la vendetta. Nel 2008, quando già avevo con la Rai un contratto a tempo indeterminato ma depotenziato, ho accettato di  preparare per una società attiva nel settore rifiuti un piano di comunicazione per spiegare ai bambini delle scuole come si fa la raccolta differenziata. Il compenso? Cinquecento euro, per cinque mesi di collaborazione. Ho preteso un contratto e su quei soldi ho pagato le tasse. Una persona in mala fede avrebbe chiesto un pagamento in nero e oggi non ci sarebbe stata materia di discussione. Ora attendo sereno le comunicazioni dell’azienda, ma mi pare di avere chiarito fino in fondo ogni dettaglio”.
Irpino di Sant’Angelo dei Lombardi, quarantasette anni da compiere a marzo, professionista dal 2000 con un praticantato alla Discussione, Genovese, che arriva alla Rai di Napoli nell’inverno del 2002 con un’assunzione targata Rocco Buttiglione, è al secondo mandato come comitato di redazione. Nel maggio scorso è stato il più votato della redazione, precedendo Gilly Castellano e Ettore De Lorenzo, ed è ora in lizza per una promozione a capo servizio che gli viene contesa da Massimo Calenda, giornalista con stretti collegamenti con il Pdl campano guidato da Nicola Cosentino.


Nicola Cosentino e Lucio D'Alessandro

Dicevamo: è un  caso strano perché non ci sono comunicazioni dell’azienda, né del responsabile della redazione napoletana Massimo Milone; non dice una parola il segretario del sindacato Carlo Verna, che è anche consigliere dell’Ordine nazionale, né il cdr e neppure la redazione. Ed è un silenzio anomalo soprattutto se davvero l’intera

vicenda è stata chiarita in ogni dettaglio. Ma non bisogna dimenticare che la regola è sempre e comunque sopire, tacere.
Del resto l’indagine su Genovese è un caso strano anche perché si tratta di una piccola vicenda sulla quale c’è stata comunque una istruttoria, mentre alla redazione di Fuorigrotta non è successo niente pur in presenza di gravi violazioni di regolamenti Rai e di norme deontologiche. A parte l’intreccio noto tra via Marconi e la scuola di giornalismo del Suor Orsola Benincasa, guidata da Lucio D’Alessandro, negli anni scorsi si è discusso a lungo di casi di mobbing e molestie, di società di servizi e di uffici stampa da decine di migliaia di euro gestiti da alcuni giornalisti Rai attraverso prestanome; se ne è discusso a lungo, ma soltanto nei corridoi.