Omicidio a Grumo
ma la procura tace

CARO DIRETTORE, 
da tempo Iustitia ha giustamente acceso i riflettori sui rapporti che intercorrono tra chi si occupa di cronaca nera e giudiziaria e relative fonti ufficiali, sottolineando le difficoltà dei giornalisti nel poter gestire il proprio lavoro di fronte a notizie spesso anche molto delicate.
Mi sono determinato a scriverle per due motivi: innanzitutto perché ho visto comparire il mio nome in alcuni recenti articoli pubblicati dalla sua testata; e poi perché ritengo utile fare il punto sulla situazione, che dopo aver registrato progressi verso un rapporto costruttivo con i vertici della Procura della Repubblica di Napoli (anche grazie a un incontro tra giornalisti del settore con il procuratore Giovanni Melillo) segna oggi ancora il passo con altri uffici inquirenti del distretto. Diversi giornalisti mi segnalano le Procure di Torre Annunziata, diretta da Nunzio Fragliasso, e di Napoli Nord, guidata da Maria Antonietta Troncone.
Se il diritto di cronaca è ancora garantito dalla Costituzione con l'articolo 21, a indebolirlo sono subentrati non pochi interventi normativi che ne comprimono la sfera, rischiando di scalfire l'altra faccia della medaglia: il dovere di fornire informazioni corrette, equilibrate e soprattutto

verificate.
L'ultimo tentativo di compensare il diritto di informare con quello di tutelare l'onorabilità delle persone coinvolte in indagini giudiziarie è sfociato in una legge recentemente

Nunzio Fragliasso e Giovanni Melillo

approvata su proposta del ministro Guardasigilli, Marta Cartabia, in base alla quale va tutelato sempre e comunque il diritto all'innocenza di soggetti indagati, arrestati e persino condannati in primo grado di giudizio, fino a sentenza passata in giudicato. Una legge della quale non si sentiva il bisogno, giacché afferma il diritto alla presunzione d'innocenza, concetto già ben noto ai professionisti e ai pubblicisti. Intanto l'ultimo provvedimento normativo sta cambiando le modalità di comunicazione delle notizie di cronaca nera e giudiziaria.  
Vengo ora al punto. A Grumo Nevano martedì pomeriggio viene assassinata una ragazza di 23 anni: a ucciderla sarebbe stato il suo vicino di casa, che dopo aver tentato (anche qui il condizionale è d'obbligo) di violentarla l'avrebbe strangolata. Quest'ultimo tragico caso di femminicidio irrompe nelle redazioni dopo le 18, in un orario che spiazza timoni e impaginazioni, richiedendo una mobilitazione dei cronisti, alcuni dei quali - ed io tra questi - vengono inviati sul posto per correre contro il tempo e riuscire a chiudere solo in tarda serata i pezzi per informare i lettori. 
Le notizie non sono cibi precotti o surgelati che basta mettere nel microonde per essere serviti a tavola: vanno acquisite e verificate, prima di essere pubblicate. In momenti come questi è dunque essenziale il rapporto con le fonti, investigative ed inquirenti. Solo chi fa questo mestiere sa quanto sudore ci sia dietro le verifiche delle notizie.
Ma torniamo a Grumo Nevano. Il presunto autore del delitto risulta introvabile. Lo cercano ovunque centinaia di carabinieri, in tutta l'area nord dell'hinterland e persino all'estero, ipotizzando una sua immediata fuga in Spagna. Invece poi si scopre, il giorno successivo, che l'uomo è stato identificato grazie a due poliziotti presso l'ospedale San Paolo di Fuorigrotta. La notizia filtra alle 17 di mercoledì pomeriggio, e da questo momento inizia il calvario di chi lavora in redazione. La Procura di Napoli Nord, competente sul caso, con il capo Maria Antonietta Troncone fa sapere che per la giornata non ci saranno notizie: ogni informazione verrà diffusa solo il giorno dopo, con il solito comunicato che dice tutto e non spiega niente. Ma, intanto, il giornale esce 'domani'. La totale assenza di sensibilità verso chi lavora per dare notizie equivale allo spregio per il diritto di cronaca. E così ciascun collega impegnato sul caso si arrabatta come può: chi ha più conoscenze, chi ha più fortuna che qualche fonte gli risponda al telefono, guadagna il traguardo. Tutti gli altri restano indietro. Con buona pace per il fottutissimo articolo 21

Marta Cartabia e Giuseppe Crimaldi

della Costituzione. Parce sepulto al diritto d'informazione. Fine delle trasmissioni. 
L'ultimo caso evidenziato, l'atteggiamento poco rispettoso nei confronti di chi

lavora e opera nel settore dell'informazione, la gravità del delitto commesso e la rilevanza sociale della notizia che avrebbe meritato immediati riscontri da parte dell'autorità giudiziaria competente, tutto ignorato: il che solleva ancora oggi un interrogativo. In un periodo nel quale l'editoria vive un momento di crisi profonda, mentre si rischiano chiusure, casse integrazioni, licenziamenti e posti di lavoro, nessun magistrato, nessun investigatore, e mi permetterei di aggiungere nessun esponente del potere esecutivo può arrogarsi il potere di silenziare la stampa. Ed è questo il vero punto: nel silenzio pressoché generale (va dato atto al Sindacato unitario dei giornalisti campani di aver mosso più di un passo per sollevare la questione) oggi i cronisti di nera e giudiziaria campani vivono un disagio che sta diventando insopportabile. 
Non è questione marginale. È il territorio dei diritti costituzionalmente garantiti. L'espressione della libertà di pensiero e di cronaca insostituibile strumento di informazione al servizio esclusivo della collettività, il diritto di cronaca vanta una tutela rafforzata. E finisce per prevalere sul diritto del singolo individuo, anche se “inviolabile”. 

Giuseppe Crimaldi