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DOCUMENTI

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Il New York Times si scusa
per il giornalista 'inventore'

7 giugno
2003 / anno XI
numero 21

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11.05.2003
E se Cattaneo facesse uno stage a New York?

di Franco Carlini

Il New York Times insegna come si fanno le inchieste interne alle testate giornalistiche. Rispettando le regole e anche allontanando i reporter scorretti.
I giornalisti, e ovviamente anche quelli del Tg3, devono rispondere dei loro comportamenti: alla proprietà e soprattutto al loro pubblico. Su questo non c'è dubbio. Ma come indagare su di loro, quando emerga il sospetto di comportamenti non deontologici?
Nel caso del Tg3 il sospetto era stato avanzato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale aveva adombrato - senza fornire peraltro alcun elemento - la possibilità che il giovane che lo aveva contestato ad alta voce nei corridoi del tribunale di Milano, fosse d'accordo con il Tg3 e che questo telegiornale, di conseguenza, avesse collaborato a creare la notizia.
Anche in passato si sono verificati (non alla Rai) dei casi di troupe giornalistiche che avevano invitato delle persone a "recitare" una scena, per esempio un tentato furto, in modo da poterla riprendere dal vero.
In casi del genere non c'è dubbio che si tratti di violazione della deontologia professionale e della correttezza dell'informazione.
Un'altra critica, avanzata da più parti politiche, riguardava il rilievo della notizia, che il Tg3 ha ritenuto di mettere in apertura, mentre altre testate si sono comportate diversamente o persino all'opposto, occultandola.
Questa seconda contestazione riguarda la linea editoriale delle testate e i criteri adottati da ogni direttore a proposito della notiziabilità.
Ma sul fatto che si trattasse di una notizia non c'è dubbio, così come lo era la torta in faccia ricevuta qualche anno fa da Bill Gates: tutte le televisioni le diedero grande rilievo e Bill Gates non ebbe mai a lamentarsene.
Certamente un editore che non apprezza la linea editoriale di un direttore può sostituirlo, ma finché se lo tiene, deve accettarne le scelte. Non ci sono in chieste interne da fare, né ispezioni.
Il direttore generale della Rai ha affidato il compito di svolgere gli accertamenti al servizio di auditing interno, che ha intervistato (interrogato) direttore e giornalisti.
In questo ha sbagliato e clamorosamente; forse per scarsa conoscenza del mondo dell'informazione, forse per malizia, qui non importa. Dovrebbe riconoscerlo pubblicamente, sarebbe un bel gesto.
Il modo giusto di condurre indagini del genere ce lo ricorda il New York Times: quando è emerso il sospetto che un giovane reporter di 26 anni, Jayson Blair, avesse "fabbricato" un suo servizio, la direzione ha incaricato uno staff di colleghi di rileggere e controllare tutti gli articoli da lui scritti negli ultimi mesi.
Questi hanno chiamato tutte le fonti citate e verificato ogni riga. Hanno parlato con i colleghi che avevano lavorato con lui e hanno controllato le sue chiamate telefoniche e le note spese di viaggio, "entro i limiti della legge che riguarda i dati personali dei dipendenti".
Ne è risultato, purtroppo, che almeno 36 articoli scritti da Blair erano stati plagiati da altre fonti e/o contenevano informazioni inventate o non accurate. Blair è stato dimesso 12 giorni fa.
Il giornale ha condotto il tutto nella massima trasparenza e i risultati della revisione dell'attività di Jayson Blair sono disponibili a tutti, con le scuse ai lettori. Li si può leggere sul sito Internet del quotidiano:
"Times Reporter Who Resigned Leaves Long Trail of Deception", 11 maggio 2003.
Sullo stesso sito tutti gli articoli di Blair in archivio sono ora accompagnati da un'avvertenza sulla loro inaffidabilità, a futura memoria, e "i lettori che abbiano informazioni su altri aricoli di Jayson Blair che possano essere falsi in tutto o in parte sono pregati di scrivere per e-mail a retrace@nytimes.com".
C'è di che imparare dal giornalismo anglosassone, una volta ancora.

Franco Carlini