Una testimonianza del Cormezz 2013

Gentile direttore, a dieci anni di distanza vorrei portare a conoscenza sua e dei lettori di Iustitia la lettera che il direttore di allora del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, inviò a Vincenzo Divella, presidente della srl che editava il Corriere del Mezzogiorno di Napoli e di Bari, pochi mesi prima che la Rizzoli-Corriere della Sera rilevasse le quote in possesso degli imprenditori campani e pugliesi e del cambio di direzione, da Marco Demarco ad Antonio Polito.
Mi sembra un documento interessante, che fa luce sui malumori e le polemiche degli ultimi anni di gestione della società che editava il Corriere del Mezzogiorno e sul perché venne cambiato il direttore.
Sandro Fabiani

Caro presidente,
come le ho anticipato, sottopongo a lei e al consiglio che presiede alcune valutazioni, strettamente personali, sulle vicende interne del Corriere del Mezzogiorno.
Vorrei dare inizialmente atto al direttore e fondatore Marco Demarco dell'opera compiuta in questi lunghi sedici anni. Senza il suo impegno e la sua passione non avremmo oggi quella piccola ma preziosa istituzione della società civile italiana che il Corriere del Mezzogiorno rappresenta. Una presenza culturale significativa, vivace ed originale per le idee e le inchieste, verso la quale il Corriere della Sera è debitore e benefìcìarìo, anche per il numero non trascurabile di talenti giornalistici cui ha attinto. Oggi siamo a un punto di svolta, in una situazione di mercato assai delicata che richiede determinazione e chiarezza. Ed è appunto questa indifferibile esigenza, oltre alla considerazione della strategicità del legame fra i due quotidiani, che mi spinge a scriverle.
Il rapporto dell'editore e degli azionisti con Demarco è irrimediabilmente compromesso. Me ne dolgo perché ho di Marco la più grande stima pur non risparmiandogli critiche per gli errori che i direttori dei giornali - io compreso e forse più di altri - commettono. Marco continuerà a scrivere e a dare il suo insostituibile apporto, sia al Corriere della Sera sia al Corriere del Mezzogiorno.
Non sarei rispettoso del vostro ruolo, così generoso e affettuoso nei confronti del giornale, sia a Napoli sia a Bari, se non vi dicessi con sincerità totale che sarà estremamente difficile trovare un sostituto di qualità e coltivare qualche buona speranza di rilancio, senza affrontare il nodo cruciale della governance del giornale e dei rapporti tra azionisti, amministrazione e direzione. È necessario, dunque, che si rifletta con attenzione e sincerità su quello che è accaduto in questi anni. Sarebbe colpevole, da parte mia e da parte vostra, se archiviassimo i fatti con superficialità con il sollievo apparente del capitolo chiuso, della pagina voltata, se non ragionassimo in profondità sulle cause di ciò che è accaduto. Cause per nulla rimosse con la sostituzione di Demarco.
La continua e persistente invasione di campo della figura di riferimento dell'editore, ovvero l'ingegner Fiore, ha prodotto in questi anni danni irreparabili nel vissuto redazionale, nel percepito esterno del giornale e stravolto e depotenziato la figura del direttore. Una funzione che apparirbbe svuotata di potere e appassita nella sua reale autorevolezza anche se trovassimo un professionista di alto valore. Aggiungo che i fatti accaduti, peraltro oggetto delle più svariate e qualche volta fantasiose interpretazioni, tengono lontane da via San Nicola della Dogana le professionalità più elevate, al di là del loro costo aziendale, immiseriscono la vita interna, demotivano le persone, riducono l'attrattività dell'azienda.
La progressiva sovrapposizione del ruolo imprenditoriale dell'ingegnere Fiore, specialmente nel periodo in cui ha svolto, in evidente conflitto d'interesse - da me purtroppo non rilevato per tempo - il mandato di presidente della Confindustria campana ha nuociuto all'immagine del giornale, favorito troppe chiacchiere, sgradevoli dossier arrivati sulla mia scrivania, ai quali non ho mai dato peso né seguito. Il Corriere del Mezzogiorno è finito ostaggio di diatribe interne del mondo imprenditoriale campano sul quale mi astengo dal dare giudizi. Ma non doveva accadere! Essendo voi imprenditori di prestigio e di qualità sono sicuro che condividiate se non la mia analisi, la mia più profonda preoccupazione per questa perdita di autorevolezza.
Marco Demarco avrà certamente le sue colpe. Ma se si è comportato come afferma l'ingegner Fiore, questi doveva nella sua qualità di amministratore delegato proporne il licenziamento. Se sono veri gli episodi che denuncia Demarco, allora il consiglio è chiamato a riflettere sull'opportunità che l'ingegner Fiore continui ad essere vice presidente della società, a occupare una stanza a fianco della redazione e a percepire - particolare che ritengo scandaloso - persino un compenso.
Delle due l'una, non esistono vie di mezzo, compromessi pietosi, situazioni aggiustate alla bell'è meglio, come è purtroppo anche nella tradizione della Rcs. Nel caso di un chiarimento definitivo della governance del Corriere del Mezzogiorno, volentieri assolverò al compito di proporre alla vostra attenzione e decisione un possibile sostituto di Demarco, e parteciperò con impegno alla fase di rilancio, in caso contrario mi asterrò con grande rammarico per un'occasione perduta. Ringrazio lei, caro presidente - e con lei il consiglio  - per l'attenzione. Buon lavoro.

FdB

 
Ferruccio de Bortoli
Vincenzo Divella
Marco Demarco
Antonio Polito
Giorgio Fiore