Carcere ai giornalisti,
la Consulta non decide

SUL CARCERE AI giornalisti condannati per diffamazione a mezzo stampa il 9 giugno la Corte costituzionale, presieduta da Marta Cartabia, ha scelto di non decidere.
Con una ordinanza furba e pilatesca la Consulta, “nel rispetto della leale collaborazione istituzionale ha rinviato la trattazione delle questioni all’udienza pubblica del 22 giugno del 2021 per consentire alle camere di intervenire con una nuova disciplina della materia”. Infatti, in merito al nodo di legittimità costituzionale della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa sollevato dai tribunali

di Salerno e di Bari, sezione di Modugno, la Corte, con un comunicato, fa sapere che “la soluzione delle questioni richiede una complessa operazione di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della

Marta Cartabia e Raffaele Lorusso

persone, diritti entrambi di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale. Una rimodulazione di questo bilanciamento, ormai urgente alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, spetta in prima luogo al legislatore”.
Ha impiegato quattordici mesi per arrivare in aula l’ordinanza trasmessa il 9 aprile 2019 dal giudice Giovanni Rossi della seconda sezione penale del tribunale di Salerno che, su sollecitazione dell’avvocato Giancarlo Visone del Sindacato dei giornalisti campani, ha sollevato la questione di legittimità davanti alla Consulta: i primi cinque mesi sono stati sprecati perché la cancelleria del tribunale di Salerno ha sbagliato indirizzo inviando l’ordinanza alla Corte di cassazione; altri quattro mesi sono trascorsi per arrivare, nel dicembre scorso, all’elezione della presidente Cartabia al posto di Giorgio Lattanzi giunto a fine mandato; ancora quattro mesi per le udienze del 21 aprile per Salerno e 22 aprile per Bari-Modugno poi unificate e rinviate al 9 giugno.
L’udienza è durata poco più di due ore. Sono intervenuti da remoto l’avvocato del sindacato dei giornalisti campani Francesco Paolo Chioccarelli al quale il giudice relatore Francesco Viganò ha chiesto vari chiarimenti; l’avvocato dell’Ordine nazionale Giuseppe Vitiello; i legali dell’Avvocatura dello Stato Salvatore Faraci e Maurizio Greco. Erano invece presenti al palazzo della Consulta il presidente dei cronisti romani Pierluigi Roesler Franz, il segretario dell’Ordine nazionale Guido D’Ubaldo, con il consigliere nazionale Giovanni Montesano, e il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso, che il giorno precedente nella sede del sindacato campano aveva partecipato a un incontro con i giornalisti napoletani sul carcere ai cronisti e sulle querele bavaglio.
Il pallino passa ora a deputati e senatori che non sembrano molto

Guido D'Ubaldo e Pierluigi Roesler Franz

interessati alla questione e i pochi interessati non sono del tutto convinti che il carcere vada abolito e comunque pensano a un eventuale riequilibrio con pesantissime sanzioni pecuniarie.
In ogni caso è probabile che tra un anno toccherà

ai giudici della Consulta recidere il nodo come del resto è accaduto due anni fa nel caso di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo. Nell’autunno del 2018 i giudici della Corte costituzionale sospesero il giudizio sulla delicatissima questione del ‘fine vita’ o ‘suicidio assistito’ che vedeva imputato Marco Cappato ‘colpevole’ di avere accompagnato Dj Fabo a morire in Svizzera come chiedeva da tempo e diedero un anno di tempo al parlamento per varare norme adeguate a un problema così complesso.
Di fronte all’inerzia delle camere il 25 settembre 2019 i giudici della Corte adottarono una decisione storica: “non è punibile, a determinate condizioni, chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio”.