La faina e
lo struzzo

IL RITO SCONTATO del voto sul bilancio dell’Ordine dei giornalisti della Campania è stato quest’anno movimentato dall’intervento in due tempi di Ermanno Corsi, componente dell’attuale consiglio e dal 1989 al 2007 presidente dell’Ordine regionale. Prima di occuparci di Corsi, vanno fatte due

notazioni: una sul bilancio, che meriterà un approfondimento adeguato, e l’altra sull’assemblea. Il 6 aprile la sala convegni dell’hotel Alabardieri era pienissima, affollata non da giornalisti interessati ai numeri o alle questioni deontologiche della professione, ma da decine e decine di neo iscritti agli albi dei professionisti e dei pubblicisti ansiosi di ritirare il tesserino di giornalista. Il consiglio, con Ottavio Lucarelli presidente e Gianfranco Coppola segretario, insediato ormai da quasi due anni ha così deciso di conservare un appuntamento che è una sorta di investitura medievale, come se l’iscrizione non  dipendesse esclusivamente dal lavoro giornalistico svolto da chi presenta la domanda, come previsto dalla legge istitutiva che affida all’Ordine un compito in sostanza notarile.


Ermanno Corsi

L’osservazione sui numeri riguarda i settemila euro inseriti nel bilancio preventivo 2009 per premi intitolati ai giornalisti scomparsi Domenico Castellano, Francesco Landolfo e Bruno Petretta, che vanno ad aggiungersi ai cinquemila euro del premio Giancarlo Siani: prescindendo del tutto dalle storie umane e professionali dei tre giornalisti, va detto che l’operazione appare calibrata sulle varie anime del consiglio e servirà per distribuire un po’ di euro e qualche pergamena. È questo che viene chiesto all’Ordine in una regione come la Campania?
E veniamo a Corsi che ha fatto un primo intervento tecnico, per poi scaricare nel secondo una raffica di pallettoni tutti indirizzati verso il presidente in carica, seduto al centro del tavolo dei relatori. Corsi ha accusato Lucarelli di non avere titolo per parlare di etica della professione e ha citato il caso del pubblicista avellinese Rosario Lamberti, condannato in primo grado per estorsione a mezzo stampa, che in consiglio regionale fu salvato dalla radiazione dal voto contrario di Lucarelli; toccò all’Ordine nazionale, guidato da Lorenzo Del Boca, cancellarlo dall’albo. L’ex presidente ha proseguito citando il premio Siani 2006 quando il riconoscimento a Roberto Saviano


Gianfranco Coppola, Domenico Falco e Ottavio Lucarelli

per il libro Gomorra in giuria incontrò l’opposizione del solo Lucarelli. Corsi è andato avanti nella lettura del suo cahier e si è creato un silenzio surreale con il segretario Coppola e il tesoriere Adriano Albano straniti che a turno si allontanavano dalla sala, il vice presidente Domenico Falco indifferente perché i proiettili non erano indirizzati contro di lui e Lucarelli, vero struzzo, che a testa bassa mostrava di leggere appunti o muoveva nervosamente la penna su un foglio di carta. L’unico che seduto in prima fila dava segni di vita era Carlo Verna, segretario dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, con Lucarelli capo della corrente che in Campania controlla Ordine e Assostampa. Verna si trovava nella singolare situazione di chi è consapevole della gravità e della fondatezza delle accuse, ma se le vede scaricate addosso da chi per venti anni all’Ordine ha deciso tutto.
La faina Corsi intanto ha continuato imperterrito a fare fuoco, con quella rigidità legnosa nota a chi qualche anno fa seguiva la sua conduzione del tg regionale della Rai. E ha arringato la platea chiedendo: “che direste, voi che avete sudato la conquista del tesserino professionale, nel caso scopriste che

c’è anche chi ritirerà lo stesso tesserino senza aver fatto alcuno sforzo?”. “Qui – ha continuato – c’è qualcuno che dovrebbe diventare rosso per la vergogna”. A spezzare l’orazione shakespiriana ha provveduto una giornalista seduta in prima fila, Sandra Di Stefano, che ad alta voce ha chiesto “ma con chi ce l’ha?”, ricevendo una risposta


Rosario Lamberti e Carlo Verna

corale: “con Lucarelli”. Senza neanche un sorriso, Corsi ha proseguito ricordando la seduta dell’Ordine dello scorso luglio quando, d’intesa con Coppola, bloccò al momento della registrazione l’iscrizione all’albo dei pubblicisti del parlamentare di Forza Italia Luigi Cesaro, oggi candidato dal Partito della libertà alla presidenza della Provincia di Napoli. “La pratica – scrisse allora Corsi in una lettera indirizzata a vertici nazionali e responsabili regionali degli organismi di categoria – era del tutto priva della necessaria documentazione”. Aggiungendo: “la cosa grave è che l’approvazione della pratica portava la firma di Lucarelli”. Nei mesi successivi si è accertato che altre diciotto richieste di iscrizione tra i pubblicisti erano firmate dall’allora presidente del collegio dei revisori dell’Ordine Mauro Fellico, in quanto direttore del periodico giuglianese Il Punto. “Ma io non ce l’ho con Fellico, – ha precisato Corsi – perché correttamente di fronte a questa grave vicenda ha presentato le dimissioni dall’incarico all’Ordine. Ho invece chiesto che venisse sanzionato il comportamento tenuto da Lucarelli, che ha anche fatto scomparire le carte da lui firmate in questa vicenda”.
Il colpo finale è stato riservato alla crisi del Mattino, una vicenda che ha fatto ringiovanire Corsi perché lo ha riportato alla metà degli anni settanta quando


Adriano Albano e Sandra Di Stefano

da cronista di via Chiatamone si impegnò con una pattuglia di colleghi per impedire che il nuovo editore Rizzoli confermasse alla direzione Orazio Mazzoni, battaglia peraltro persa. “La crisi del Mattino – ha osservato l’ex presidente – era nota da tempo ed è diventata pubblica a febbraio, con un piano che prevede oltre trenta esuberi. L’Ordine è

arrivato al 6 aprile per approvare uno striminzito documento di solidarietà. Ma la battaglia per la difesa del ruolo e del peso del più importante quotidiano del Mezzogiorno è una battaglia strategica che richiedeva e richiede iniziative forti. Si doveva organizzare un megaconvegno sull’argomento o promuovere iniziative ad effetto come chiedere a tutti i colleghi di creare una catena umana intorno all’edificio di via Chiatamone”. Parole suggellate da un lungo, scrosciante applauso.