Il cdr Mattino
dà le dimissioni

NON È STATO un buon inizio d’anno per i giornalisti del Mattino. Il 2 gennaio il comitato di redazione (Aldo Balestra, Paolo Mainiero, Adolfo Pappalardo, per le sedi distaccate Petronilla Carillo e Marcello Colella per i collaboratori con contratto) ha incontrato il capo del personale Giovanni Santorelli per discutere dello smart working che l’azienda ha azzerato salvo riconoscerlo in alcuni casi a sua discrezione.
Il 5 ottobre l’assemblea dei giornalisti aveva approvato all’unanimità una proposta per il lavoro agile alla quale i dirigenti della società non hanno risposto. Nell’incontro con il cdr Santorelli ha anzi confermato una chiusura totale sullo smart working e ha anche annunciato che l’azienda intende ridiscutere il piano di cassa integrazione per il 2023 sottoscritto

con i giornalisti il 2 maggio scorso.
Di fronte alla 'provocatoria' iniziativa della società il cdr ha rassegnatole dimissioni con effetto immediato”.
Sulla vicenda sono subito intervenuti la

Petronilla Carillo e Adolfo Pappalardo

Federazione nazionale della stampa, guidata dal segretario Raffaele Lorusso e dal presidente Giuseppe Giulietti, e il Sindacato campano, con il segretario Claudio Silvestri. In una nota i vertici di Fnsi e Sugc denunciano che “anche solo ipotizzare l’aumento di giornate di cassa integrazione, a fronte di un accordo di responsabilità siglato da cdr e sindacato e condiviso dall’assemblea dei giornalisti, è uno schiaffo a una redazione che non si risparmia e che con enormi sacrifici, nonostante un organico ridotto all’osso, garantisce ogni giorno un prodotto ricco, competitivo e con tante iniziative speciali di qualità, come riconosciuto dalla stessa azienda”.
Ma da che cosa nasce la sorprendente e improvvida iniziativa di Santorelli? La spiegazione è semplice: i dirigenti della Caltagirone Editore in maniera poco corretta stanno giocando su due tavoli.
Il Mattino ha chiesto sette prepensionamenti ma al momento non ci sarebbero caselle libere. C’è prima da sciogliere il nodo Messaggero, quotidiano capofila della galassia Caltagirone. Il giornale di via del Tritone ha chiuso il 22 settembre scorso il biennio dello stato di crisi utilizzando soltanto dodici delle venti uscite chieste, ma vorrebbe accaparrarsi le caselle rimaste scoperte. Ha perciò presentato la richiesta di allungare di un anno lo stato di crisi; il ministero del Lavoro ha

Albo Balestra e Marco Conti

autorizzato la proroga dello stato di crisi ma non si è ancora pronunciato sui nuovi prepensionamenti che riguarderebbe altri sei redattori tra i quali Marco Conti, in aspettativa perché

lavora al Quirinale all’ufficio stampa del presidente Sergio Mattarella.
I vertici Messaggero (amministratore delegato Azzurra Caltagirone e direttore generale Alvise Zanardi) hanno sollecitato una riunione al ministero che è stato concessa: il 18 gennaio alle 15 si incontreranno con i dirigenti del dicastero guidato da Marina Elvira Calderone i capi del giornale romano, il comitato di redazione (Elena Panarella, Fabio Rossi, Riccardo Tagliapietra) e i rappresentanti della Fnsi.
Intanto il presidente del cda del Mattino, Massimiliano Capece Minutolo del Sasso (gli altri due consiglieri sono, guarda un po’, Azzurra Caltagirone e Alvise Zanardi), tace, aspetta e, forse, spera.