I Caltagirone fuori o
'cacciati' dalla Fieg?

IL JOHN WAYNE dell’editoria italiana si è infilato in un tunnel e sarà interessante vedere le sue prossime mosse. Ma partiamo dai fatti.
Il 6 maggio alle 15,37 l’Ansa mette in rete un comunicato: “il Gruppo Caltagirone Editore ha deciso oggi di abbandonare l’associazione (la Fieg, ndr) per diversità di vedute in merito al futuro del settore e allo sviluppo dello stesso”. L’addetto stampa del Gruppo aggiunge (e il redattore

dell’agenzia ripete) : “contestualmente si sono dimessi tutti i rappresentanti del Gruppo ivi compreso il Cav. (!) Francesco Gaetano Caltagirone e Azzurra Caltagirone, vicepresidente dell’associazione”. 
Passano quattro ore e arriva la replica della Federazione editori guidata da Maurizio Costa: “la Fieg precisa che la scelta del Gruppo Caltagirone di uscire dall’associazione è conseguente alla

Maurizio Costa (*)

decisione del Comitato di presidenza che, all’unanimità con un'astensione sola (Urbano Cairo, ndr), aveva invitato le società de Il Messaggero, de Il Mattino e de Il Gazzettino a riconsiderare un’iniziativa assunta al di fuori non solo delle scelte, ma anche delle logiche associative”.
Sui suoi giornali il 7 maggio Caltagirone pubblica la notizia senza squilli di tromba. Aggiunge soltanto il richiamo, “fatti i debiti distinguo”, alla decisione annunciata nell'ottobre 2011 dall’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne di uscire da Confindustria. E si becca due schiaffoni dal presidente del Gruppo Editoriale l’Espresso Carlo De Benedetti.
Il primo. L’uscita dalla Fieg di Caltagirone “è un problema esclusivamente di soldi e non ha niente a che vedere con le motivazioni che hanno spinto Marchionne a uscire dalla Confindustria”.
La seconda sberla è indirizzata all’erede del costruttore romano. “Azzurra Caltagirone, come vice presidente delle Fieg, per non pagare i contributi al fondo Casella (la previdenza complementare dei poligrafici, ndr) ha deciso

Urbano Cairo (**)

di scorporare l’attività dei poligrafici in modo da farli diventare dipendenti della categoria del commercio, andando contro la decisione unanime degli editori. Un problema di mancanza di solidarietà all’interno di una associazione a cui si partecipa all’interno di un’associazione a cui si partecipa liberamente ma anche con qualche impegno che caratterizza essere associati e in più vice presidente”.     

Dai lanci d’agenzia viene fuori che i dirigenti della Federazione editori sono furibondi: hanno ribadito in questi mesi il disaccordo profondo con la linea scelta sui poligrafici dai Caltagirone, che però sono andati avanti a testa bassa facendo scattare dal primo aprile la società Servizi Italia 15 con il passaggio di una parte consistente dei poligrafici di Messaggero, Mattino e Gazzettino al contratto commercio.
Il 16 aprile la Fieg, anche per le pressioni dei poligrafici e dei gruppi Rizzoli Corriere della sera e Repubblica, scrive al suo associato per chiedere un passo indietro; stando alle voci qualcuno in via Piemonte ipotizza anche  una sanzione, ma Caltagirone è uomo che non deve chiedere mai e che non fa passi indietro e arriva l’annuncio della sua uscita dalla Federazione.
Si tratti di dimissioni o di un’espulsione di fatto è questione poco importante.
Il nodo è che con il passaggio di una fetta consistente di lavoratori al settore commercio Caltagirone accelera la riduzione del numero dei poligrafici e avvia la disintegrazione del Fondo Fiorenzo Casella, nato nel 1958 e alimentato dalle trattenute dei dipendenti e dai contributi degli editori, che eroga pensioni complementari e incassa ormai versamenti sempre più modesti. Ma la

posizione sempre più debole dei sindacati dei poligrafici si riflette anche sulla Federazione editori che rischia di trovarsi interlocutori dimezzati e sempre meno rappresentativi.
Che farà ora Caltagirone? Rimarrà fermo in attesa di vedere le mosse degli altri? Andrà avanti, aprendo anche il fronte dei giornalisti? Il 31 marzo è scaduto il contratto ed è stato prorogato al 30 settembre perché le parti contavano di

Sergio Marchionne

chiudere in tempi brevi, anzi brevissimi considerando la pausa di agosto. Secondo alcuni l’editore romano potrebbe disdettare il contratto e puntare ad accordi aziendali. “Caltagirone in questi anni – osserva un ex sindacalista del Messaggeroha combinato diversi pasticci, ma dopo il salto nel buio con i poligrafici sono convinto che non scatenerà un altro attacco. In ogni caso se dovesse disdire il contratto in vigore, non ci sarebbe il vuoto perché rimarrebbe in piedi il contratto del ’59 approvato dal parlamento e che quindi ha forza di legge. Stiamo parlando evidentemente di un’altra era geologica. In quell’accordo però ci sono tante cose in meno, ma anche tante in più rispetto a oggi. Toccherà a cdr determinati e capaci, a cominciare dai sindacalisti di Messaggero e Mattino, mettere l’editore davanti alle sue responsabilità”.


(*) Da www.fieg.it
(**) Da www.dagospia.com