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Diffamazione: Marra paga,
Novi verso il pignoramento

15 marzo
2003 / anno XI
numero 9

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SONO STATE AVVIATE le procedure per pignorare lo stipendio del senatore di Forza Italia Emiddio Novi. L'avvocato Lucio Giacomardo, che assiste Andrea Cinquegrani, editore e direttore del mensile La Voce della Campania, ha atteso la prima udienza del giudizio di secondo grado. Il 7 marzo davanti alla quarta sezione civile della corte d'appello di Napoli (presidente Maria Rosaria Castiglione Morelli, giudici a latere Giuseppe De Luca e Francesco Schettino, relatore) non si sono presentati né Novi, né il suo avvocato Carlo Sarro e l'udienza è stata rinviata al 25 novembre.
In primo grado, con sentenza depositata il 27 settembre 2001 (vedi il numero 8 di Iustitia del 2 marzo 2002), il giudice Bruno Schisano aveva condannato il senatore a pagare a Cinquegrani trenta milioni di lire, più gli interessi, e quattro milioni e mezzo di spese legali. L'esponente di Forza Italia, ha sentenziato Schisano, nel novembre 1997 ha diffamato il

direttore della Voce nel corso di un comizio tenuto al cinema Adriano durante la campagna elettorale per la conquista di palazzo San Giacomo che vide Novi candidato del Polo in contrapposizione a Bassolino. Il 10 novembre '97 la manifestazione fu ampiamente resocontata dal

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Andrea Cinquegrani e Lucio Giacomardo

Roma e Cinquegrani avviò un'azione di risarcimento anche nei confronti dell'editore del quotidiano, del direttore responsabile Gennaro Sangiuliano e dell'autrice dell'articolo Ida Molaro. Schisano però ha rigettato questa richiesta, compensando le spese tra le parti, perché nell'articolo venivano soltanto riportate le dichiarazioni di Novi e quindi la giornalista si era limitata a esercitare "correttamente il diritto di cronaca".
"Dopo l'udienza d'appello - dichiara Lucio Giacomardo - siamo partiti con la notifica dell'atto di precetto che va fatta prima all'indirizzo riportato nel certificato di residenza. Nel caso il tentativo dovesse andare a vuoto, l'ufficiale giudiziario deposita l'atto presso la 'casa comunale' di Napoli e con una raccomandata informa Novi. Se entro venti giorni l'atto non viene ritirato la ricevuta della raccomandata mi ritorna con la dicitura 'compiuta giacenza' e la notifica è così perfetta. Potremo quindi procedere al pignoramento presso terzi, nel nostro caso il senato della Repubblica. Le norme della camera e del senato escludono soltanto il pignoramento delle indennità parlamentari, che sono legate alla presenza, mentre lo stipendio può essere pignorato nella misura di un quinto. Del resto ci sono già dei precedenti: pochi mesi fa Vittorio Sgarbi è stato condannato per avere diffamato un magistrato e si è visto pignorare un quinto dello stipendio".
Ma tra i politici di Forza Italia condannati per diffamazione c'è anche chi ha scelto di pagare i risarcimenti decisi dalla magistratura, pur continuando a battersi per ottenere la modifica delle sentenze. È il caso dell'avvocato

Ida Molaro e Gennaro Sangiuliano
Alfonso Luigi Marra, europarlamentare azzurro, che nel settembre del '96 stampò in cinquantamila copie un volantino di durissima denuncia nei confronti di tre sostituti della procura della Repubblica di Napoli che, a suo dire, lo aveva fatto oggetto di "un'indagine singolare sia per
l'ampiezza che per l'illegalità". Come in altre occasioni, Marra ha organizzato una diffusione mirata dei volantini distribuiti davanti alle sedi giudiziarie napoletane e spediti al ministro della Giustizia, ai componenti del Consiglio superiore della magistratura, ai parlamentari, ai consiglieri regionali e ha diffuso il testo viene internet pubblicandolo sul suo sito. Dei tre pm, due (Rossella Catena e Eduardo De Gregorio) stavano effettivamente conducendo delle indagini su Marra, mentre il terzo, Antonio Clemente lo aveva ascoltato in una sola occasione come persona informata sui fatti. Ed è stato proprio Clemente, assistito dall'avvocato Errico Eduardo Chiusolo, il primo a citare in giudizio Marra per danni, chiedendo anche con un ricorso d'urgenza l'immediato stop alla diffusione via internet del volantino. Sull'urgenza ha deciso il giudice Mario Saccone intimando al parlamentare di eliminare dal testo on line alcune espressioni diffamatorie. Sulla richiesta di risarcimento si è pronunciato il giudice della seconda sezione civile del tribunale di Napoli Monica Cacace che il 16 febbraio 2000 ha condannato Marra al pagamento di cento milioni, oltre gli interessi legali, e di cinque milioni e 350mila lire di spese di giudizio e un milione per il ricorso d'urgenza, e alla pubblicazione dell'estratto della sentenza sull'edizione domenicale dei quotidiani La Repubblica e Il Mattino. Ha infine esteso il divieto di diffusione via internet del volantino all'intera parte che riguardava i magistrati. Il 6 marzo 2002 i magistrati della prima sezione civile della corte d'appello di Napoli (presidente Luigi Martone, giudici a latere Teresa Casoria e l'estensore Immacolata Zeno) depositano la sentenza con la quale confermano la decisione di primo grado e condannano l'europarlamentare al pagamento di dieci milioni e 200mila
lire di spese. Nello scorso gennaio Marra, che intanto ha pagato il
risarcimento, ha presentato ricorso in Cassazione contro il giudizio favorevole a Clemente e anche contro la condanna inflittagli per avere diffamato il pm Eduardo De Gregorio. Difeso dall'avvocato Giuseppe Siporso, De Gregorio ha ottenuto in primo grado dal giudice Marianna Lopiano

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Errico Eduardo Chiusolo e Franco Ghiggi

un risarcimento di ottanta milioni più le spese, che la quarta sezione della Corte d'appello, relatore Marcello Iacobellis, ha elevato a cento milioni. È invece in appello il giudizio promosso dal sostituto Rossella Catena, con l'assistenza dell'avvocato Franco Ghiggi, davanti al tribunale di Roma. Il processo si svolge nella capitale perché è stato avviato dopo l'approvazione della legge che anche per giudizi civili in cui siano parte magistrati impone un distretto diverso da quello nel quale operano. La prossima udienza si terrà il 23 maggio per la precisazione delle conclusioni davanti alla prima sezione della corte d'appello, con giudice relatore Lucia Pignatelli. In primo grado, il 9 marzo 2001, Marra è stato condannato dal giudice Marina Attenni al pagamento di oltre 13 milioni di spese e a un risarcimento di 165 milioni.
Intanto per il volantino che gli è costato finora quattrocento milioni di lire, Marra è a giudizio anche davanti al tribunale penale di Salerno con l'accusa di calunnia. L'azione venne promossa nel '96 per iniziativa della procura della Repubblica di Napoli, che trasmise per competenza il volantino sui tre pm. Dopo sette anni è ancora in corso il giudizio di primo grado.

Da internet in libreria


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