Sapere che non possiamo più leggere Iustitia è una profonda ingiustizia. Mi spiace per questa decisione perché il coraggio, in questo mestiere, è ormai cosa rara. E voi ne avete avuto tanto, con i rischi che il direttore Cozzolino ha indicato nel suo editoriale.
Anche il nostro mondo è fatto di errori, orrori e nefandezze, spesso smascherate proprio da voi.
I giornalisti non sono i duri e puri della situazione, ci sono grandi professionisti e professionalità, ma anche una pletora di inetti sempre più numerosa ahimè.
Ma Iustitia è stata anche una bella fonte di informazione interna alla categoria (attraverso di voi, ad esempio, sapevo ciò che accadeva all'interno del Mattino, il mio giornale: riunioni, crisi, assunzioni, pensionamenti e varie).
Caro Nello, a te un saluto affettuoso e soprattutto un grazie per questi anni di Iustitia.
Margherita Siani
(Post scriptum, Parli di "sospensione", magari ci sarà presto una ripresa delle pubblicazioni)

Caro direttore,
con profonda tristezza ho appreso della sospensione delle pubblicazioni di Iustitia. Le nostre bandiere, i nostri vessilli sono a mezz'asta!
Iustitia, da te diretta per 25 anni, ha costituito un baluardo di coerenza, correttezza e legalità nel mondo dell'informazione e dei mass media regionali e non solo che hanno visto nel corso degli anni una crescente decadenza in termini di qualità e di rigore.
Con il tuo giornale ti sei più volte sostituito all'inerte Ordine degli giornalisti della Campania costringendolo a prendere provvedimenti che non aveva adottato e questo ti fa onore ma è una vergogna per la categoria e i diretti interessati. 
Considero - per averli vissuti profondamente - i favolosi anni '80 i migliori in assoluto per il mondo del giornalismo, poi dagli anni '90 in poi è iniziato un declino inesorabile.
Nel 2025 siamo spesso al puro servilismo del potere politico e - ahimè - non c'è redazione che si salvi!
Se non fosse per il sistema del ‘finanziamento dello Stato’ (che paga in base alle copie stampate e non alle vendite effettive) molti quotidiani avrebbero chiuso da almeno 15 anni! E non è solo a causa di internet ma anche per la qualità del prodotto che viene confezionato.
In tutti questi anni abbiamo visto primeggiare giornalisti di scarso spessore e, parcheggiati o anzitempo collocati a riposo, giornalisti capaci con carattere e determinazione il cui ruolo è stato sacrificato agli altari dell'ipocrisia e della cortigianeria. Tu sei sempre stato dalla parte della verità e di questi colleghi mortificati e di fatto ‘pensionati’ con ruoli sottodimensionati e di scarsa importanza. E questa è un'altra medaglia che devi appuntare sul tuo petto!
Comprendo e rispetto la tua scelta ma non è una bella notizia per tutti coloro che hanno scelto un modello di vita professionale basato sui principi di solidarietà, eguaglianza e legalità.
Ti abbraccio e aspetto a Ischia

Fabio D'Ercole
Caro direttore,
non sono una giornalista, anche se mi sarebbe piaciuto intraprendere questa
 

professione subito dopo la laurea. In compenso ho sempre cercato di capire, con gli strumenti che il magro menù dell’informazione mette quotidianamente a disposizione, quel che accade intorno a me. Premesso ciò, spero (ma con pochissima convinzione) che il suo arrivederci non sia un addio, pur immaginando i motivi che potrebbero aver causato la decisione di ‘sospendere’ le pubblicazioni di Iustitia.
Un settimanale di onesta controinformazione (mi piace ricorrere a questa espressione spesso utilizzata in maniera impropria) che seguo da anni, che mi ha permesso di sbirciare oltre l’artificioso orizzonte della ‘notizia’. E di questo le sono molto grata.
Grazie a lei ho capito che fare il Giornalista (la g maiuscola è voluta) in un paese come l’Italia, e in una città come Napoli, non è cosa semplice. Continuare a chiamare il giornalismo una ‘professione’ potrebbe apparire a giusta ragione un eufemismo: una favola da raccontare ai bambini.
La sua Iustitia mi ha permesso di guardare quanto marcio, quanto parassitismo, quanta superficialità (che spesso sconfina nell’ignoranza), si celasse nelle stanze di tante redazioni, anche in quelle più blasonate.
Chiedere a chi di dovere a cosa serve un’informazione del genere, peggiore delle veline di nera memoria, appare quanto meno necessario. Alle stesse persone chiederei anche se è ancora valido l’articolo 21 della Costituzione e con esso le “garanzie minime al diritto di informazione”. Ma i primi a rispondere a questo provocatorio quesito dovrebbero essere proprio loro: i “professionisti” dell’informazione. I Giornalisti con la maiuscola e anche i giornalisti con la minuscola.
Anche se lo affermo con rammarico, una risposta la sua Iustitia l’ha data. È contenuta nei titoli di coda che ho visto scorrere leggendo l’ultimo numero.
Non la ritengo una resa, questo sia ben chiaro. Al contrario, è da considerarsi un atto di coraggio. Un guanto di sfida lanciato nei confronti di chi quotidianamente oltraggia il modo di fare informazione. Sperando che questi ultimi ne abbiano quantomeno consapevolezza.
Concludo, non prima di ringraziarla per quanto ha fatto (credo in assoluta solitudine) nel corso di questi venticinque anni!

Elda Maiello

Cara Iustitia,
la tua possibile chiusura non può non riempire di malinconia un suo lettore.
Quante scoperte di magagne e doppie morali, quanti sorrisi per le papere dei papaveri,quante delusioni per quell'ineffabile giornalismo convinto di essere sempre nel giusto!
Ecco, quest'ultimo è l'aspetto più curioso di tutti:se a fronte di rilievi corretti, negli anni, ti sono piovute addosso cause per lesa maestà professionale,invece di poche onorevole parole come: "Ho commesso un errore e me ne scuso,farò quanto possibile per rimediare", alla fin fine a fare una figuraccia non sono un po' tutti i componenti della categoria?
Cara Iustitia, pensaci, ed eventualmente ripensaci su, hai fatto un lavoro serio, a vantaggio di una professione necessaria,ed è solo merito tuo se puoi salutare a testa alta quella “lesa maestà” senza arte né parte.

Alessandro Spinaci