Illuminata e illuminante Iustitia,
la garbata e ineccepibile replica in punta di diritto del professor Ferdinando Pinto non scioglie il nodo della questione. Questione che riguarda solo ed esclusivamente la sfera dell’opportunità, materia che non si interpreta coi codicilli di una legge regionale, ma col buon senso. Evocare il ‘conflitto d’interesse’ è stata una terminologia giornalistica, una semplificazione, forse una forzatura. Allo scrivente e, ne sono sicuro, anche ai lettori, era già chiara l’inesistenza di un’incompatibilità formale di tipo ‘parentale’ nel caso si dovesse concretizzare l’elezione a presidente del Corecom - l’organismo che stila le graduatorie dei contributi statali alle tv private campane, circa 9 milioni di euro, mica bruscolini (poi erogati dal ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola) - del gemello di Francesco Pinto, direttore del Centro di produzione Rai di Napoli, l’azienda televisiva pubblica ‘concorrente’ delle tv private campane.
Vogliamo dirla tutta? La mia riflessione non riguarda mica Ferdinando Pinto, che nel film del Corecom ricopre una parte in sostanza immacolata, quella del professionista che aspira a un incarico, avendo titoli e competenze adeguate per assumerlo – merce sempre più rara, per le nomine politiche campane nell’era del bassolinismo.
Inoltre, una volta interpellato, cos’altro poteva rispondere l’ottimo professore? Peraltro per Ferdinando Pinto parla la sua storia, i suoi buoni trascorsi da primo cittadino di Sorrento, il prestigio del suo studio legale e la diffusa stima di cui, meritatamente, gode. Eppoi da anni il Tg Campania, guidato da Massimo Milone con vice Procolo Mirabella, si mette in difficoltà da solo.
Ma continuo a chiedermi e a chiedervi: perché la politica campana espone una nomina di tale delicatezza al rischio di insinuazioni? Cosa succederebbe se nel nuovo Cda della Rai il centrodestra di Berlusconi candidasse – ed eleggesse - un parente del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri? Per liquidare la vicenda, sarebbe sufficiente rispondere che il suddetto parente opererà correttamente e solo nell’interesse dell’azienda di cui sarà amministratore? Ma la ‘correttezza’ dovrebbe essere la precondizione per ogni nomina a pubblico ufficiale. Per cui, resto coi miei dubbi. Temo che il film del Corecom sia lontano dal lieto fine, ma non per le parentele di questo o quell’aspirante presidente o componente.
Sul Corecom la politica campana sta mostrando tutti i suoi limiti. Tre anni di paralisi, dovuti a litigi su quote, appartenenze, correnti e sottocorrenti, per trovare la quadra di una lottizzazione che li soddisfi. Loro. I partiti. E la loro insana voracità. Mica stanno litigando per decidere quale sia il presidente più competente ed esperto. Niente affatto. Mica sono preoccupati per le sorti delle tv private locali, dei loro dipendenti, della tutela del pluralismo dell’informazione televisiva campana, questioni che hanno bisogno di un presidente Corecom preparato, accompagnato nel suo lavoro da otto componenti professionali. No, non credo, purtroppo.
Tra di noi ce lo possiamo pure dire, con la consueta franchezza che caratterizza questo sito: forse pure il sofisticato e ponderoso curriculum di Ferdinando Pinto sarebbe stato cestinato se non fosse stato corredato dalla sua militanza politica nel partito di Antonio Bassolino e di quasi un terzo del consiglio regionale. Chiudiamola qui e torniamo alla ‘gemellanza’ dei Pinto.
I consiglieri regionali, che forse non sapevano, forse non tutti, ora sanno. Sono loro i veri destinatari delle mie modeste e primitive riflessioni. E valuteranno, col voto, se questo problema di opportunità è sufficientemente rilevante da suggerire una soluzione diversa per la presidenza del Corecom. Il problema, secondo me, c’è, sia pur ridimensionato dalla rassicurante replica di Ferdinando Pinto, che accettando di rispondere alle mie riflessioni dimostra onestà intellettuale, perché ammette implicitamente la legittimità della questione proposta e si impegna ad essere mille volte più trasparente del presidente più trasparente. Già questo è un risultato che non rende inutile la mia lettera. Ma quasi certamente i consiglieri regionali – principalmente quelli del Pd - non la penseranno come me, perché Pinto è bravo, competente ed esperto, e non c’è nessun conflitto d’interesse o questione di opportunità, e anche se ci fosse l’Italia è il regno dei conflitti d’interesse, ne tollera in silenzio di giganteschi mentre questo è una quisquilia, una pinzellacchera, direbbe Totò, e poi da quando al timone del Paese c’è Berlusconi, sollevare questi problemi ha lo stesso effetto di una bestemmia in Chiesa. Cordialmente, sperando di non aver detto bestemmie, il vostro
|