Su Telelibera occupata
una sfida all'Ok Corral
IL DUE DICEMBRE il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato una spalla a pagina 15, firmata da Fabrizio Geremicca, dedicata all’occupazione di Telelibera da parte dei No global. Delle trentotto righe del colonnino, diciotto sono riservate all’occupazione e venti alle polemiche sollevate nella scorsa primavera dalla candidatura al consiglio comunale di Napoli nella lista di Rifondazione comunista di Santina Mutto, moglie di Lucio Varriale, l’editore di Telelibera; Geremicca ricorda anche che nella seconda metà degli
anni novanta Varriale è stato protagonista del crack della compagnia assicurativa Themis, per il quale dal dicembre 2003 è imputato davanti alla terza sezione penale del tribunale di Napoli (presidente Alfredo Della Monica, giudici a latere Francesca Ferri e Vito Porcaro).
Il colonnino di Geremicca, con oltre metà del testo

I No global occupano Telelibera

concentrato su Santina Mutto, scatena la reazione furiosa di Variale che la mattina del 3 dicembre fa tappezzare di manifesti punti strategici di Napoli. Il testo, poco comprensibile per chi non conosce l’intera vicenda, è un attacco ad alzo zero a Geremicca e al Corriere del Mezzogiorno. Il giorno successivo nuova affissione chiusa da un ‘segue’ per far capire che ci saranno altri manifesti.
La campagna va avanti con un tormentone televisivo: a intervalli di un’ora Angelo Pompameo, direttore della tv di Varriale, legge il testo del manifesto mentre sul video c’è la foto di Geremicca.
Della vicenda si occupano il manifesto e Liberazione, che pubblica anche una lettera di rettifica di Varriale. Molto tiepida la reazione del Corriere del Mezzogiorno che a distanza di tre giorni dai manifesti che crocifiggono Geremicca pubblica un box di poche righe che non ha paternità. Vengono citati “l’Azienda” e “i redattori e i collaboratori “ del Cormezz; latita il direttore Marco Demarco, che sarebbe il titolare della tutela del ‘suo’ giornalista (Geremicca collabora dal 2003 con il Corriere del Mezzogiorno).
Si mobilitano invece amici e colleghi di Geremicca che firmano un appello per stigmatizzare soprattutto il metodo utilizzato dall’editore di Telelibera: “L’attacco personale strillato su manifesti anonimi sparsi per la città è un sistema di critica inaccettabile, tanto più se rivolto contro un giornalista che ha riportato i fatti come si sono svolti, facendo niente più che il suo lavoro”. Piccola digressione sull’appello che ha come primo firmatario Riccardo


I No global negli studi di Telelibera

Brun. Tra i sottoscrittori ci sono due redattori di Ansa Napoli, che prima e dopo il licenziamento del giornalista Ansa Maurizio Dente hanno firmato lettere indirizzate all’azienda e all’Assostampa utilizzate dall’Ansa in giudizio per convincere il giudice del
lavoro della legittimità del licenziamento di Dente. Una scelta, quella dei due redattori Ansa, che a Iustitia appare singolare: la tutela dei diritti di chi lavora non ammette salti o vuoti, che rischiano di essere decisivi in vicende in cui l’editore vuole tagliare un dipendente per motivi non ancora chiariti; continuando con le opinioni personali, va aggiunto che chi ha la sensibilità di spendere il proprio nome per dare la solidarietà a giornalisti sotto attacco, fa bene a schierarsi quando il gesto è sostanzialmente gratis, ma dovrebbe esprimere la propria solidarietà soprattutto quando la solidarietà costa.
Esaurita la digressione, diamo la parola ai protagonisti della vicenda scaturita dall’occupazione di Telelibera.

La lettera di Geremicca

Sono Fabrizio Geremicca, giornalista professionista. Collaboro col Corriere del Mezzogiorno, con Diario, con Airone, con Ateneapoli, con la rivista dell’Arpac (Arpacampania). Sabato 2 dicembre è iniziata una pesante offensiva da parte dell’editore di Telelibera 63, l’avvocato Lucio Varriale, nei miei confronti. Con cadenza sistematica, sulle tv del suo gruppo, è andata in

onda una voce fuori campo che recitava: “Vergognoso attacco del giornalista Fabrizio Geremicca all’editore di Telelibera. Fabrizio Geremicca, già denunciato nel 1996 per tentata estorsione nei confronti dell’editore di Telelibera, oggi compie un atto vergognoso. Nessuna occupazione no – global c’è stata a Telelibera. Meraviglia che un quotidiano prestigioso come il Corriere del Mezzogiorno abbia consentito a Fabrizio Geremicca di pubblicare un articolo fazioso, incompleto, pretestuoso”. Mi riferiscono


Angelo Pompameo
che la voce dovrebbe essere quella del direttore di Telejulie Angelo Pompameo, ma non posso giurarlo, non avendo il piacere di conoscerlo personalmente né essendo uno spettatore delle trasmissioni irradiate dalle tv di Varriale. Tra sabato e domenica, inoltre, centinaia e centinaia di manifesti, con lo stesso testo del comunicato televisivo, scritta blu su fondo bianco, formato grande, ma anonimi, sono stati affissi in tutta la città. Nei giorni seguenti la campagna è proseguita con altri spot (c’era pure la mia foto) e manifesti nei quali si faceva riferimento ancora alla “tentata estorsione” e a una mia presunta incompatibilità. Secondo gli autori, infatti, essendo collaboratore della rivista dell’Arpac non potrei scrivere con la necessaria serenità e con spirito critico di temi ambientali sul Corriere. Mettendo a dura prova la tenacia dei telespettatori della sua stessa Tv – annoiati da almeno uno spot all’ora – il giornalista che leggeva lo spot ha chiesto che intervenissero Antonio Bassolino ed Ermanno Corsi, per fare giustizia, presumo, dell’epocale vergogna rappresentata dalla mia collaborazione col bimestrale


Ermanno Corsi

dell’Arpac, che mi frutta circa 2000 euro all’anno. Motivo della campagna diffamatoria: un pezzo molto breve – 1500 battute - pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno in edicola sabato 2 dicembre. In esso raccontavo un fatto di cronaca cittadina avvenuto venerdì I dicembre: l’occupazione della sede di Telelibera, al Parco Comola Ricci, da parte di una cinquantina di attivisti della sinistra napoletana. Motivo della loro protesta: da agosto Telelibera ha occupato (non so se con titolo o meno e non entravo nel merito di

ciò, nel pezzo) anche la frequenza 19, oscurando così la Tv autogestita Insu Tv. L’articolo nasceva così: alle 13.00 di venerdì due partecipanti all’occupazione di Telelibera mi segnalavano il fatto e mi dicevano anche che la notizia era stata trasmessa all’Ansa. La segnalavo a mia volta al Corriere. Il capo servizio mi invitava a preparare un pezzo da pubblicare sul giornale in edicola sabato. Nel primo pomeriggio andavo alla sede del Corriere e stampavo la mail col comunicato che i manifestanti mi avevano fatto pervenire, insieme alle foto dell’iniziativa. Telefonavo poi alla sede di Telelibera (erano le 18 circa) e chiedevo di parlare con Varriale, in modo da inserire anche una sua dichiarazione. Una voce femminile diceva che non era in sede. Lasciavo dunque il mio numero di cellulare all’ interlocutrice, affinché Varriale potesse contattarmi e fornirmi la sua versione dei fatti. L’editore preferiva non chiamare. Scrivevo dunque il pezzo, raccontando della vicenda, nulla di straordinario, sottolineando che i manifestanti non avevano interrotto le

trasmissioni di Telelibera e ricordando, per dare uno scenario al lettore, che quello di venerdì non era il primo “contrasto” tra l’editore di Telelibera e esponenti della sinistra napoletana. La scorsa primavera, infatti, come riportato anche da altri quotidiani, la candidatura alle comunali con Rifondazione di Santina Mutto, moglie di Varriale e curatrice dei testi per Telelibera, aveva provocato un dibattito molto serrato e non poche spaccature. Ricordavo che a non pochi militanti non era piaciuta la campagna elettorale molto dispendiosa e


Antonio Bassolino
personalistica della Mutto. Aggiungevo che a Varriale una parte della sinistra contestava anche il coinvolgimento, anni prima, nel clamoroso fallimento della compagnia assicurativaThemis, oggetto di un procedimento penale in corso. Concludevo il pezzo ricordando che solo dopo qualche tempo quella spaccatura in seno a Rifondazione era stata riassorbita. Da parte dell’editore non perveniva al giornale alcuna precisazione, lettera o altro. La vicenda della candidatura della Mutto è un fatto pubblico, che a sinistra ha suscitato ed ancora suscita commenti, come può notare chiunque visiti il blog di InsTv o analoghi forum. Il commissariamento della Themis per gravi irregolarità – fermo restando che il procedimento penale in corso potrebbe sancire l’assoluta innocenza dell’imprenditore – è appunto uno dei motivi che hanno fatto storcere il naso a una parte di Rifondazione davanti alla candidatura della moglie di Varriale, sua collaboratrice alla Tv. Detta per intero, a sinistra Varriale e consorte sono considerati, da molti, soggetti che poco hanno a che vedere, per storia personale ed imprenditoriale, con un partito che si definisce


Santina Mutto

appunto comunista e dall’identità così marcata. In questo senso citare la vicenda Themis e la candidatura Mutto serviva, secondo me, a dare ulteriori elementi di comprensione al lettore, per meglio interpretare l’iniziativa di Insu Tv nei confronti di Telelibera.
Dall’articolo pubblicato sabato mattina è scaturita l’inconsulta reazione di Lucio Varriale, che tramite manifesti e spot in tv mi ha pesantemente diffamato. Cita, infatti, una denuncia per tentata estorsione che lui stesso mi fece nel 1996, omettendo però di

ricostruire la vicenda ed il suo esito. Nel 1996 collaboravo al mensile la Voce della Campania. A settembre un giornalista di Ischia, che attualmente collabora col Mattino, il quale mi aveva già fornito in passato informazioni utili per articoli di inchiesta, mi segnalò uno strano episodio. Un agente della compagnia assicurativa Themis era stato denunciato perché aveva tentato di smistare assegni risultati poi falsi o rubati, non ricordo, ad una banca dell’isola. Di lì nacque l’idea di indagare su questa strana compagnia, la Themis, che stipulava polizze su polizze, era stata rilevata in pessime condizioni da Lucio Varriale ed era in forte espansione. Fonti varie mi dissero che funzionava come una finanziaria anomala: stipulava ed incassava le polizze, ma non tutte avevano la necessaria copertura. Molti mi raccontarono di sinistri non pagati. Insomma, mi pareva ci fosse materiale per un pezzo. Per completezza di informazione, contattai Lucio Varriale e chiesi un appuntamento. Me lo concesse al Centro Direzionale, dove all’epoca la Themis aveva un ufficio, credo solo per i sinistri, essendo la sede legale ad Atene. Andai lì, porsi

domande, ascoltai le sue risposte. Il tutto si svolse in un clima sereno, prova ne sia che l’imprenditore mi lasciò anche alcune riviste dove si parlava della sua assicurazione. Al momento di andare via Varriale mi disse: “Può accomodarsi al nostro ufficio commerciale per le inserzioni pubblicitarie”. Rimasi stupito e replicai che facevo il giornalista, collaboravo alla Voce della Campania da esterno e non avevo alcun ruolo nel procacciamento delle inserzioni per il giornale, non ricavando peraltro vantaggio alcuno dalle stesse. Come fosse ora,


Giuseppe Borrelli
rammento la frase che pronunciai: “Io con queste cose non c’entro niente”.Il pezzo fu pubblicato ad ottobre 1996. Mesi dopo, forse febbraio, forse marzo, mi fu recapitato da agenti di polizia giudiziaria un invito a comparire per un interrogatorio innanzi al magistrato Giuseppe Borrelli, della direzione distrettuale antimafia. Appresi dunque che Varriale aveva sporto denuncia nei miei confronti per diffamazione e, soprattutto, per tentata estorsione. Aveva raccontato, sia nella querela del 2 ottobre 1996, subito dopo la pubblicazione del pezzo, sia nelle dichiarazioni rese al Pm il 17 gennaio 1997, che si era presentato nel suo ufficio Geremicca, “molto magro e malvestito”. Aveva aggiunto che io gli avrei chiesto di effettuare inserzioni pubblicitarie sul mensile la Voce della Campania. A tale colloquio, aveva sostenuto, era presente la sua segretaria, che avrebbe confermato. Restai di sale, anche perché quando parlammo lui ed io non c’era altra persona in stanza. Varriale raccontò inoltre che, successivamente al colloquio avuto con me, aveva ricevuto telefonate da parte di qualcuno il quale, con fare minaccioso, lo aveva apostrofato in questi termini: “Facci a pubblicità ncopp o giurnale, o se no fai ‘e figure ‘e merd”. A


Gennaro Lepre

mio carico, mi informarono, pendeva un provvedimento per tentata estorsione e diffamazione. Sostenni dunque l’interrogatorio innanzi al magistrato Giuseppe Borrelli, credo fosse fine marzo 1997, assistito dall’avvocato Gennaro Lepre. Nell’interrogatorio spiegai che il mio interesse verso la Themis era di natura giornalistica, che mai avevo chiesto a Varriale di acquistare spazi pubblicitari sul giornale, che non ne avevo né la voglia né l’interesse. Le indagini si protrassero poi a lungo, fino a che la Procura, a febbraio 1998,

formulò istanza di archiviazione, che fu accolta dal Giudice delle indagini preliminari. Nel provvedimento il magistrato Borrelli scriveva, tra l’altro: “I vaghi elementi a carico del Geremicca risultano palesemente smentiti da una serie di circostanze....Nessun vantaggio avrebbe ricavato il Geremicca dalla effettuazione di inserzioni pubblicitarie della Themis sulla Voce della Campania”.Come ancora oggi con altri giornali, infatti, scrivo da free – lance (alias precario) e sono pagato a pezzo. Per quello sulla Themis percepii 100.00 lire (l’editore pagava 50.000 lire a pagina). Dopo il proscioglimento, onde evitare azioni in sede civile, Varriale versò alla Voce della Campania la somma di 40 milioni, credo sia tecnicamente una transazione. Per lo stesso motivo mi risarcì del danno con 10 milioni. Io mi impegnavo in forma scritta a rinunciare a muovere azione civile nei suoi confronti. Si conclusero, fino agli eventi recenti, le mie relazioni con Varriale. Di lì a poco lui stesso assunse a collaborare nella televisione che intanto aveva rilevato o fondato – Telelibera 63 – direttore e condirettore della Voce della Campania. Personalmente non

ebbi mai più contatti con Varriale.
L’altro attacco mosso da Varriale verso di me origina dalla mia collaborazione alla rivista dell’ Arpac Campania, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Secondo l’editore – che ha dedicato al tema manifesti anonimi e uno spot trasmesso a ciclo continuo in Tv – tale collaborazione sarebbe incompatibile con quella al Corriere del Mezzogiorno, dove pure tratto temi ambientali. Ha torto nella forma e nella sostanza. Nella forma: collaboro con vari giornali, compreso


Luigi Nocera

quello dell’Arpac, sono pagato a pezzo e, purtroppo, non percepisco stipendio alcuno da nessuno. Non c’è dunque alcuna incompatibilità. Nella sostanza, se si fosse preso la briga di andare a leggere i pezzi che scrivo sul Corriere, prima di infamarmi, avrebbe capito che sono tutt’altro che morbidi, verso la Regione. L’ultimo, sul project financing varato per realizzare un porto turistico a Seiano, titola: “I ds di Vico contro la Regione”. Un altro, sui depuratori, ha suscitato una lettera di mezza pagina dell’assessore all’Ambiente Luigi Nocera. Sull’edizione casertana del Corriere ho dedicato almeno due articoli alla grave crisi in cui versa il Parco del Matese, dando voce al Wwf che attacca il presidente, la cui appartenenza politica è innegabilmente Udeur. Se poi avesse dato un occhio a qualche numero della rivista dell’Arpac, avrebbe letto articoli sul disastro ambientale nel nolano, sul depuratore che non funziona a Punta Campanella, sulla differenziata che non va... Sfido Varriale a trovare un solo pezzo, dico uno, morbido o compiacente verso la Regione. Pare, però, che ormai dei giornali tutti parlino, ma pochi li leggano.
Secondo i manifesti affissi anonimamente ed al di fuori degli spazi consentiti – in palese violazione della legge sulla stampa, di quella sulle affissioni e del rispetto dovuto alla propria città ed ai propri concittadini - mi sarei inoltre


Francesca Pilla

inventato la notizia dell’occupazione di Telelibera da parte dei militanti di Insu Tv. Ebbene, comunicati, foto e riprese girate quella mattina testimoniano che 50 persone, ragazze e ragazzi, hanno occupato pacificamente la sede di Telelibera, dove hanno incontrato il direttore Angelo Pompameo. Sono in mio possesso e posso mostrarli a chiunque voglia. Una foto pubblicata dal Manifesto - che alla vicenda ha dedicato un bell'articolo scritto dalla collega Francesca Pilla – testimonia ulteriormente che venerdì c’è stata una

iniziativa di protesta determinata e civile, ma collettiva. Non è stato un incontro a 4 occhi tra poche persone, privo di rilevanza pubblica. In più occasioni i partecipanti all’iniziativa, anche con pubblici manifesti, hanno ribadito che quel venerdì hanno occupato la sede di Telelibera – pacificamente e senza interrompere le trasmissioni – e mi hanno testimoniato solidarietà ed affetto. Nello spot contro di me si dice: “Nessuna occupazione c’è stata, come prova il fatto che nessuna denuncia è stata sporta e non è stato chiesto l’intervento delle forze dell’ordine”. Non significa nulla. Con questo criterio, se uno è scippato e non denuncia, secondo Pompameo e Varriale lo scippo non è avvenuto!!! Ho partecipato io stesso a varie occupazioni – università, centri sociali, case abbandonate – e so bene che non necessariamente, per fortuna aggiungo io, c’è stata la denuncia del proprietario o l’intervento delle forze dell’ordine. Non significa che mi sia sognato di occupare quegli stabili!!!
Dopo la campagna intimidatoria e diffamatoria di questi giorni, ho denunciato Lucio Varriale alla Procura della Repubblica e in sede civile. Ho presentato inoltre un esposto all’Ordine per chiedere provvedimenti e l’adozione di sanzioni nei confronti dei giornalisti di Telelibera prestatisi all’operazione infamante dell’editore. Prima che dipendenti di un editore, si è iscritti ad un Ordine e questo dovrebbe comportare il rispetto di requisiti minimi di autonomia. Non è detto che il giornalista debba necessariamente fare tutto ciò che l’editore gli chiede, per non mettere a repentaglio la pagnotta.
Approfitto infine dell’ospitalità di Iustitia per ringraziare i compagni (tantissimi) ed i colleghi che mi hanno espresso solidarietà in varie forme, anche con una semplice telefonata.

Fabrizio Geremicca

La risposta di Varriale

Egregio direttore,
come sa chi mi conosce, amo il confronto, guardo poco alle formalità e molto alla sostanza.
Sin dalle prime battute della sua lettera Fabrizio Geremicca mente quando afferma di avermi cercato e di non essere stato richiamato: pochi minuti dopo

la sua telefonata, l’ho cercato al cellulare, che risultava irraggiungibile, e ho lasciato un messaggio, cordiale, per essere richiamato. Questa circostanza verrà verificata, oltre che dai soliti poteri deviati, dalla magistratura alla quale sarà chiesto di controllare il tabulato ed il messaggio.
Nessuna occupazione è avvenuta. Di solito le occupazioni non si fanno contro i lavoratori e le persone venute a Telelibera si sono comportate correttamente, non ostacolando l’attività dei giornalisti. Nello stesso pomeriggio ho ricevuto


Francesco Caruso

personalmente due delegati pur avendo espresso il piacere di incontrare tutti quelli che in mattinata si erano presentati. Condividendo in gran parte le loro aspettative, ho promesso e risolto ad horas il problema propostomi e l’ho fatto a mie spese.
Ovviamente non ho alcuna considerazione di ingrati e di chi stupidamente parla di poche migliaia di euro spesi per la frequenza o del timore di essere occupati. Correttamente il quotidiano Liberazione ha riportato la mia rettifica e quella è la mia versione. Come lei ben sa, Telelibera è l’unica emittente napoletana con concessione regionale, mentre Insu Tv ne è sprovvista.
Del resto è nota anche la mia simpatia verso chi con la sua diversità di


Lucio Giacomardo

opinione contrasta il mal costume che oggi ci attanaglia. Siamo l’unica emittente che ha dato spazio a Francesco Caruso, a Heidi Giuliani e alla sinistra considerata extraparlamentare. Tale scelta ha tagliato fuori la mia aziendadai circuiti commerciali “padronali”.
È anche noto che contrasto ogni forma di violenza,diprevaricazioni e di arroganza. Personalmente ho partecipato a occupazioni di aziende con i lavoratori e non contro di loro; cito tre episodi: nel 1975 occupammo la fabbrica

Vergona a Rione Luzzatti e nel 1983 la Siad e, successivamente, la Peninsulare; nella vicenda Siad eravamo in cinque circondati da cento poliziotti. Alla fine ottenemmo che tutte le rivendicazioni sindacali dei seicento dipendenti venissero accolte. Per quanto riguarda la tentata estorsione di cui sono stato vittima, furono le pressioni di alcuni amici che avevo in comune con i proprietari della Voce della Campania, in particolare l’avvocato Lucio Giacomardo, a convincermi a una riappacificazione con lo staff del mensile. Compresi che due valenti giornalisti come Rita Pennarola e Andrea Cinquegrani, potevano essere un valido supporto alla mia linea editoriale, cosa che si verificò oltre ogni più rosea aspettativa. In ogni caso, prima di

raggiungere un accordo, dovetti convincere il P.M. Giuseppe Borrelli che ero stato un “mago” a prevedere quanto sarebbe successo; la mia denuncia infatti aveva anticipato di diversi giorni la pubblicazione sulla Voce della Campania di un articolo, firmato da Geremicca, stupido, offensivo, pretestuoso, infondatissimo e pieno di falsità.
Passiamo alla vicenda Themis, che è la più vergognosa eliminazione istituzionale di un’azienda e di un uomo la cui correttezza è stata certificata da un dibattimento processuale voluto con


Andrea Cinquegrani

determinazione solo dallo scrivente. Il mio rispetto verso la magistratura l’ho dimostrato difendendomi nel processo e non fuori dal processo.
Devo aggiungere che un giornalista dotato di un minimo di deontologia professionale, prima di scrivere di indagini e Procure, per fatti riferiti a circa dieci anni fa, avrebbe dovuto perlomeno verificare l’evoluzione della vicenda. Gli sarebbe comunque bastato leggere il volume ‘Il grande cartello’, il libro più letto dell’estate 2000 (fonte, guarda caso, proprio il Corriere del Mezzogiorno) per rendersi conto della verità. Tale libro fu alla base della condanna per 700 milardi di lire inflitta dall’Antitrust alle compagnie di assicurazioni, vera mafia finanziaria. Il libro infatti ben documentava la


Antonio Di Pietro

necessità dell’eliminazione della Themis e del sottoscritto da parte di poteri deviati e corrotti.
La querela che a giorni verrà depositata per l’articolo pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno non è certo per far condannare Geremicca – de minimis non curat – ma è un monito per chi usa la penna per infangare galantuomini o persone ignare, senza neanche fargli esprimere l’ultimo desiderio.
Non sarà sfuggito, anche al meno esperto, che le 1.500 battute del Geremicca avrebbero dovuto, secondo la deontologia professionale, occuparsi del

fatto di cronaca, vero o presunto, evento oscurato da divagazioni su altri fatti che il buon Di Pietro avrebbe liquidato con un “che c’azzeccano?”. Inoltre è probabile, anzi ne sono quasi convinto, che non essendo l’articolo soltanto farina del sacco di Geremicca, usciranno allo scoperto i mandanti. Contrariamente a quanto mi viene contestato, non ho esasperato o messo in campo per intero le mie forze, perché penso che movimenti di base sono utili all’evoluzione della democrazia e non potranno mai essere mio bersaglio; anzi sono attento a evitare “rotture” con movimenti e realtà sociali che ritengo a me

vicini. Infine voglio invitare questi movimenti a confrontarsi sempre perché, come nel caso in questione, si ottengono dei risultati positivi.
Invece se si continua a attaccare in maniera preconcetta imprenditori che con la storia delle loro aziende hanno dimostrato in concreto di dare spazio a tutte le voci, anche le più scomode, la prossima volta Berlusconi porterà in piazza quattro milioni di italiani (e un prezioso movimento di opinione verrà oscurato).
Egregio direttore, lei, che da poco ha imparato a


Silvio Berlusconi
conoscermi, sa che uno dei miei motti è: la lotta è dura e non ci fa paura.
Avvocato Lucio Varriale