14
giugno
2003
/ anno
XI
numero
22
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politica (*) |
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giustizia (*) |
media
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sanità (*) |
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NESSUNO |
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Questa
è una storia che non sappiamo
da dove cominciare a raccontare,
se dall'inizio o dalla fine, perché
a volte andare a ritroso serve a
capire meglio. Ma partiamo dal principio,
perché una fine - almeno,
così speriamo - non c'è
ancora.
La mattina del 5 giugno, ad Arzano,
un carabiniere uccide Mohammed
Khaira Cisse, di 33 anni, immigrato
della Guinea. Come sempre accade
in questi casi, le prime notizie
sono frammentarie. Un lancio dell'Ansa
delle 12.17, siglato da Franco
Tortora, riferisce quel che
è accaduto "secondo
una prima ricostruzione dei fatti
fornita dai carabinieri": che,
poiché mentre tali fatti
accadevano erano presenti, hanno
forse in serbo una seconda e una
terza ricostruzione solo per creare
un po' di suspense. Una donna, prosegue
l'agenzia, "avrebbe sollecitato
l'intervento dei carabinieri a causa
della presenza nel letto di un uomo
armato di coltello. All'arrivo dei
carabinieri l'immigrato si è
scagliato loro contro ma è
stato raggiunto da un colpo di pistola
sparato da uno dei militari".
Passa un'ora e mezza e, alle 13.41,
un lancio siglato dalla collaboratrice
Amalia De Simone e dal redattore
Armando Petretta cambia sensibilmente
lo scenario: lo sconosciuto era
a letto perché ammalato,
e non è altri che il fratello
della donna, Kadiatou Cisse,
che ha telefonato ai carabinieri
perché Mohammed da giorni
dava segni di squilibrio. "Quando
un militare è entrato nella
stanza dove si trovava l'extracomunitario,
chiedendogli di alzarsi e di lasciare
il coltellaccio - continua il take
- l'uomo si è scagliato contro
di lui cercando di colpirlo. Il
militare, tra le urla delle donne,
ha cominciato a indietreggiare finendo
spalle al muro". Poi, gli spari:
due colpi all'addome.
Dopo poco più di quattro
ore di implacabile ricerca di notizie,
alle 17.49, arriva l'ultimo lancio,
siglato da Mariano Del Preite:
otto righe per aggiungere solo che
Mohammed "soffriva da tempo
di |
crisi depressive, per le quali
era stato più volte
in cura presso specialisti",
e che "da poco meno di
un mese era stato colpito
da una forma di anoressia
che lo spingeva a rifiutare
il cibo".
Ma, al Mattino, tutto questo
non importa. Mohammed è
nessuno: non è un fratello,
non è un malato, è
solo un |
Armando
Petretta e Franco Tortora
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negro
con un coltello. Il 6 giugno, nelle
pagine della Campania curate da
Antonino Pane, esce un articolo
firmato da Domenico Maglione;
e né lui né il suo
capo hanno letto quelle agenzie
nelle quali almeno due punti sono
chiari: Mohammed era il fratello
della donna che ha telefonato ai
carabinieri, e le sue condizioni
di salute, sia fisica che psichica,
erano precarie. Il titolo è
un asciutto "Carabiniere uccide
un immigrato", ma sommario
e catenaccio hanno due certezze:
"Il militare prima di sparare
aggredito e accoltellato",
"era intervenuto per sedare
una rissa". Una rissa? Ma certo:
"a causarla, a quanto pare,
il comportamento del giovane di
infilarsi, armato di coltello, nel
letto di una donna con la quale
divideva, insieme con altri, l'alloggio.
Questa (
) incomincia a gridare
a squarciagola". Attirati dalle
urla, due connazionali della donna
chiamano i carabinieri. "Una
gazzella della locale tenenza, comandata
dal sottufficiale Roberto Ragucci,
interviene subito". Cercano
di placare Mohammed, che presenta
i tipici sintomi della depressione
e dell'anoressia: "Ormai è
una furia indomabile. Non vuole
sentire ragioni. E brandendo il
coltello si scaglia contro uno dei
due carabinieri ferendolo per fortuna
in modo non grave. Dall'arma di
ordinanza impugnata precauzionalmente
dal militare, quasi contemporaneamente,
a questo punto, parte un colpo che
colpisce l'aggressore. (
)
Sembra che non ci siano dubbi sui
motivi di legittima difesa con i
quali ha agito il carabiniere (
)".
Resta un dubbio, almeno uno, sulla
"scintilla che ha causato l'aggressione
nei confronti della donna: se si
è trattato di un tentativo
di violenza a scopo sessuale o se
alla base c'erano altri motivi".
Chissà, forse davvero conveniva
partire da qui: dalla furia indomabile
che tenta di violentare una connazionale
armato di coltello, e finire con
l'Ansa, che già prima delle
18 parla di una donna che chiede
aiuto per il fratello depresso e
anoressico e se lo ritrova, "precauzionalmente",
con due proiettili nella pancia.
Ma a chi importa? Mohammed era nessuno
da vivo, ed è nessuno da
morto. |
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24 ORE |
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Deve
passare un intero giorno, ventiquattr'ore,
perché venga voglia di capire
come e perché è morto
Mohammed. Così, il 7 giugno,
Domenico Maglione torna sull'argomento,
e fa quello che avrebbe dovuto fare
prima di descriverci un'indomabile
furia stupratrice: sentire anche
qualcun altro oltre ai carabinieri,
se no tanto varrebbe risparmiare
su redattori e corrispondenti e
fare contratti di collaborazione
direttamente al comandante della
Regione Campania, il generale Vittorio
Barbato, e a quello della provincia
di Napoli, il colonnello Vincenzo
Giuliani.
Così, parla il parroco Francesco
De Luca, che guida una comunità
che si occupa dei problemi degli
immigrati. Dal suo racconto, emerge
un'altra storia. Kadiatou ha chiamato
il 118 per far ricoverare il fratello
anche contro la sua volontà,
ma i sanitari le hanno risposto
che in questi casi è necessario
il supporto delle forze dell'ordine.
Arrivati i carabinieri, mentre la
donna prendeva i documenti, sono
stati sparati i due colpi. Il parroco
dice che Mohammed, nelle condizioni
in cui era ridotto, non avrebbe
avuto la forza di aggredire nessuno.
Ma in un documento
diffuso da Legambiente, dal
Tribunale per i diritti del malato
e dalla Ta.Co.Ci.S.U. (Tavola per
la convivenza civile e lo sviluppo
umano), Giulia Casella e
Maria Antonietta Rozzera,
che da tempo stavano seguendo il
caso di Mohammed, dicono anche altro.
"La signora Cisse apre e si
trova di fronte due carabinieri,
uno dei quali impugna la mitraglietta
(
). I carabinieri, con atteggiamento
aggressivo e tracotante impongono
di aprire |

Vittorio Barbato |
tutte
le porte, chiedendo chi
si trovi in casa, e pretendono
i documenti quasi fossero
lì per una retata
e non per soccorrere un
malato. (
) Mohammed
Cisse non reagisce in nessun
modo, se non con qualche
debole cenno di mano".
Kadiatou va a prendere i
documenti, mentre il suo
figlioletto di 13 mesi piange
spaventato dalle urla dei
carabinieri, e un'amica
italiana della donna lo
porta sul balcone perché
non assista alla scena.
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Improvvisamente,
due spari. Il corpo del giovane
è "a terra, presso il
letto. 'È morto?' chiede
la sorella. E uno dei carabinieri,
mentre l'altro va via, spingendo
il corpo riverso con un piede, 'No,
dorme' risponde".
Kadiatou "abbraccia il corpo
del fratello, poi, ai carabinieri
che arrivano in forze, chiede di
telefonare, ma le viene impedito;
chiede di restare ma viene minacciata
con l'arma puntata, poi lei e il
cugino (Fato Cisse, che era
in casa, ndr) vengono prelevati
con la forza, portati giù
e chiusi nella macchina dei carabinieri,
senza alcuna possibilità
di uscire, pur chiedendo lei ripetutamente
di aprire. I due vengono trattenuti
in macchina per circa due ore, mentre
i carabinieri si trattengono in
casa per il medesimo tempo, sconvolgendo
la scena della tragedia appena avvenuta
(
). Non dovevano toccare nulla
e aspettare l'arrivo della scientifica
e del magistrato. (
) Al ritorno
a casa, avvenuto verso le 15, trova
l'abitazione in uno stato del tutto
differente in confronto a quando
ne è uscita".
Noi non sappiamo come siano andati
i fatti. Ma dovrebbe bastare l'un
per cento di probabilità
che la verità sia quest'ultima
perché un giornale resti
sul fatto con accanimento, esigendo
chiarezza. Non da investigatori,
non da avvocati. Da cronisti. Ma
al terzo giorno, la vicenda è
già sparita dalle pagine
del Mattino. Caso archiviato. Avanti
il prossimo. |
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TRAFFICO |
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E il
prossimo ci mette poco ad arrivare.
Il 9 giugno un ragazzo di 26 anni,
Alessandro Esposito, sale
sul tetto di un capannone e, secondo
una prima versione, minaccia il
suicidio; si accerta poi che, in
stato confusionale, diceva di essersi
rifugiato lì per paura dei
cani randagi. La polizia lo convince
a scendere. Mentre lo portano via
dà in escandescenze, tanto
che gli agenti gli devono legare
le caviglie. Chiamano un'ambulanza.
Un medico gli inietta un calmante.
Il giovane muore. Due giorni dopo,
nove poliziotti ricevono un avviso
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di garanzia: sono indagati
per omicidio volontario. Il
sindacato di polizia si indigna,
il questore Franco Malvano
parla di atto dovuto. Un'altra
brutta storia, complicata,
difficile da |
Massimo
Ravel
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decifrare.
O, se presa dal verso giusto, facilissima:
come fa il 9 giugno, al Tgr Campania,
Massimo Ravel, che attacca
così il suo pezzo: "Mattinata
di caos in tutta la zona di Fuorigrotta
".
Sì, il traffico è
impazzito quando la polizia ha transennato
il tratto di strada in cui si è
conclusa la vicenda. È questo
che va sottolineato, e valga come
monito: se proprio dovete morire,
mentre la polizia vi porta via,
abbiate almeno la delicatezza di
non parcheggiare in seconda fila.
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TREMITI |
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Ma questa,
del resto, è la stessa linea
seguita dall'Ansa Napoli, guidata
da Mario Zaccaria, che dopo
aver dato alle 10.48 di quel 9 giugno
la notizia della morte del giovane,
già dal titolo del secondo
lancio delle 11.51 individua un
interessante rapporto di causa ed
effetto: "Minaccia suicidio,
poi muore per collasso: tangenziale
in tilt", ribadito nell'attacco
di Mariano Del Preite, che, come
presidente dell'Unione stampa cattolica
regionale, ha a cuore le sorti dell'Uomo
ma ancor più dell'Automobilista:
"Ha provocato gravi ripercussioni
sul traffico la morte di un 26enne
verificatasi stamani nel sottopassaggio
Claudio
". Che è,
a un dipresso, come scrivere "Gattuso
uccide a morsi Del Piero
durante Milan-Juve: salterà
la prossima partita". E davvero
l'indagine sui nove poliziotti appare
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Mariano Del Preite e Mario
Zaccaria |
una follia,
visti come si sono svolti
i fatti: "I poliziotti
lo stavano portando in auto
nel vicino commissariato
San Paolo - continua Del
Preite - quando Esposito
ha accusato un violento
malore, con forti tremiti
che lo hanno portato a sbattere
più volte la testa
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contro
il finestrino". E scusate se
allontaniamo la nostra, di testa,
dallo schermo del computer: ma una
frase del genere fa venire i brividi
anche a noi, perché pensiamo
che non ci voglia molto a spostare
una persona da un finestrino (e,
in genere, la persona arrestata
non siede tra due agenti?).
Ma niente paura. L'Ansa chiude:"Poco
fa il corpo è stato rimosso,
e quindi la circolazione è
ripresa regolarmente anche se servirà
del tempo per smaltire le lunghissime
code che si sono create". Tutto
è bene quel che finisce bene.
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Da
internet in libreria
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Papere
e papaveri |
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"Ho
capito del malcostume
esistente
a Napoli
più leggendo in
una notte questo
libro che in anni
e anni
di studio". |
Gerardo
Marotta
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e papaveri può essere
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