Il comune non incassa
i milioni della Casina

IL 20 MAGGIO ha compiuto otto anni la sentenza della Corte di cassazione che ha condannato l’Associazione napoletana della stampa a pagare 2.528.347,24 euro al comune di Napoli per differenza canoni e ritardato rilascio della Casina del boschetto in Villa comunale e oltre 20mila euro di spese legali.
Con la sentenza la Suprema corte ha confermato in pieno la decisione firmata il 16 maggio del 2006 dalla Corte d’appello di Napoli (presidente Domenico Balletta, relatore Alessandro Cocchiara e il consigliere

Umberto Di Mauro). Dopo oltre quindici anni potete esercitarvi a calcolare a quanti milioni sono arrivati gli iniziali due milioni e mezzo a carico dei legali rappresentanti della Associazione stampa.
Subito dopo il provvedimento della

Domenico Annunziata e Luigi De Magistris

Cassazione furono compiuti passi veloci verso l’incasso perché la vicenda veniva gestita dal professore Stefano Cianci, l'avvocato della Romeo che insieme all’ufficio legale del comune di Napoli, guidato da Fabio Ferrari, aveva promosso una serie di iniziative. Cianci avviò pignoramenti nei confronti dell’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti italiani, e della Casagit, la cassa autonoma di assistenza sanitaria integrativa, che ogni anno versavano poco meno di 200mila euro al sindacato campano, e aveva già preparato altre azioni giudiziarie. I pignoramenti dell’avvocato di Romeo crearono le premesse per lo scioglimento e poi il fallimento dell’Associazione napoletana della stampa, guidata da Enzo Colimoro, perché Inpgi e Casagit tagliarono subito i ponti con Napoli e altrettanto fece la Federazione della stampa.
Con la rottura dei rapporti tra il comune di Napoli e la Romeo tutto si blocca perché l’azione legale per l’incasso passa in esclusiva agli uffici legali di palazzo San Giacomo e da allora non sono più trapelate notizie. La somma decisa dalla Cassazione è stata incassata in tutto o in parte? Non è stata intrapresa nessuna iniziativa? E perché?
Per avere risposte certe Iustitia ha bussato al portone di palazzo San Giacomo. Ha accuratamente evitato il sindaco in uscita Luigi De Magistris perché contattato in tre occasioni ha dato risposte sempre più deludenti ed evasive. Nel novembre del 2015 al direttore di Iustitia che chiedeva notizie sull’incasso della somma decisa dalla Cassazione si dichiarava del tutto all’oscuro della vicenda e chiedeva al suo addetto stampa Domenico Annunziata di aggiornarlo rapidamente. Nel luglio del 2017 si è limitato a dire “non ho notizie”. Nel terzo incontro, siamo nel febbraio del 2018, la risposta diventa brusca: “non ne so niente; la questione riguarda gli avvocati”. 
Tagliato De Magistris, siamo partiti con gli assessori competenti: Alessandra Clemente al Patrimonio; Rosaria Galiero al Bilancio. La scelta si rivela un buco nell’acqua, con la Clemente che chiede di inviarle via WhatsApp o via email i recapiti telefonici ma poi non

Stefano Cianci e Fabio Ferrari

richiama. Passiamo ai dirigenti, tutti schermati dalle segretarie: il capo gabinetto del sindaco Ernesto Pollice e il responsabile dell’ufficio legale civile Andrea Camarda. Da notare che con Camarda il balletto va avanti per tre giorni con componenti

della segreteria o collaboratori (Patrizia Monterisi, Ferro e Patrizia Vernetti) che diligentemente chiedono e annotano i numeri di telefono perché l’avvocato è sempre “fuori stanza”. Forse per tre giorni è rimasto “fuori stanza”, certo non ha mai chiamato.
È evidente che una risposta arriverà da De Magistris e dagli altri vertici di palazzo San Giacomo quando le domande le formulerà qualche sostituto della procura della Corte dei conti.