Cirino Pomicino
tra fans e nemici

ENTRARE ALL'EXCELSIOR sabato 13 novembre è un tuffo nel passato: l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino, ora europarlamentare grazie a Mastella, e l’ex sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, deputato ds vicino a D’Alema, presentano il Master plan per la nuova Campania, elaborato da un’equipe coordinata dall’architetto Aldo Loris Rossi, assente per motivi di salute, in collaborazione con l’urbanista Guido D’Angelo e l’economista Massimo Lo Cicero.
La sala del convegno e l’antisala sono affollate come ai vecchi tempi. Tra il pubblico un mix singolare tra la Napoli di ieri (nelle prime file ci sono gli ex

sindaci socialisti Lezzi e D’Amato e il gaviano Vincenzo Meo) e la Salerno di oggi (il sindaco Mario De Biase, i presidenti degli industriali, Andrea Prete, e della camera di commercio, Augusto Strianese).
I due uomini di punta della guerra a Bassolino sono


Vincenzo De Luca e Paolo Cirino Pomicino

grintosi e ottimisti. Pomicino, che nel suo periodo aureo si vantava di avere indirizzato in Campania in cinque anni più soldi di quanti ne fossero arrivati nei precedenti centoventi dall’unità d’Italia, vuole tornare a contare davvero. De Luca è deciso a sfondare a Napoli e in Campania. Parlano di progetti che porterebbero cinquantamila nuovi posti di lavoro e indirizzano al presidente della giunta regionale parole concilianti, ma nella grande sala dell’Excelsior la Napoli di oggi non c’è e Pomicino dice che le assenze sono dovute a minacce e intimidazioni, non fa nomi, ma si dice pronto a farli.
Di minacce e di intimidazioni parlano anche i resoconti dei principali quotidiani napoletani. Alla presentazione del Master plan il Corriere del Mezzogiorno, diretto da Marco Demarco, dedica il fondo di prima, firmato da Paolo Macry, e l’intera seconda pagina, affidata ai cronisti Nino Femiani e Adolfo Pappalardo. Un risalto che non sorprende perché il giornale di Demarco è stato il più attivo nello sdoganare Pomicino quando per l’opinione pubblica era l’appestato protagonista della ricostruzione, con sprechi per migliaia di miliardi, riservandogli ampio spazio con dichiarazioni, lettere e editoriali. “Dovevamo incrinare – ricorda con orgoglio Demarco – un’informazione uniforme e acritica. Fino a qualche anno fa eravamo gli unici a scrivere che


Guido D'Angelo, Massimo Lo Cicero e Aldo Loris Rossi

dietro le apparenze, in città poco o niente era cambiato. Ora non c’è più nessuno disposto a sostenere che a Napoli le cose vanno bene”. Per raggiungere questo risultato al Cormezz non si è andati troppo per il sottile, ridando voce, spazio e ruolo anche a chi

aveva ammesso comportamenti illeciti o aveva riportato gravi condanne penali. Ne è venuta fuori una melassa indistinta, con tutti che parlano di tutto, senza nessuna memoria del passato, anche recente. Con queste premesse, fanno oggi sorridere gli inviti a una rigorosa ripresa dell’attenzione alla legalità.
Ma torniamo al Master plan al quale Repubblica Napoli riserva grande spazio, ma non risparmia critiche. Al convegno il quotidiano di piazza dei Martiri dedica un titolo in prima, pagina cinque per intero e un fondo affidato a Pasquale Coppola. Della cronaca si occupa Ottavio Lucarelli, che scrive di “defezioni di politici, sindacalisti e giornalisti” e apre l’elenco degli assenti con “il moderatore Alfonso Ruffo, direttore del Denaro, il quotidiano organizzatore dell’iniziativa”. Sul merito delle proposte è secco il giudizio del geografo Pasquale Coppola: “Il progetto appare come mero esercizio intellettuale, generoso e implausibile come tanti, in cui le idee buone e innovative svaporano in mezzo ad altre impraticabili… Insomma, un divertente gioco di pennarello dove il territorio è un ospite appena evocato”.
È invece decisamente ridotto lo spazio che il Mattino riserva alla manifestazione dell’Excelsior: un titolo di spalla a due colonne nelle pagine della Campania e la cronaca affidata a Carla Errico, della redazione di

Salerno. E su Salerno viene tagliato il servizio con De Luca, a cui vengono dedicati una foto e l’occhiello (“il master plan di De Luca”), protagonista unico dell’iniziativa. Pomicino viene citato una sola volta, nella seconda parte dell’articolo quando vengono elencati gli assenti: “Mancano, ad esempio, i segretari Cgil Gravano e Uil Rea. Dà forfait il direttore de ‘Il Denaro’ Ruffo, c’è l’eurodeputato Udeur Paolo Cirino Pomicino”.
Perché la censura del Mattino? “C’è un ordine dell’editore Francesco Gaetano Caltagirone: – spiega l’ex ministro – sul Mattino e sul Messaggero di Pomicino non si scrive. Non gli sono piaciute le


Pomicino con D'Amato, Impegno, Rossella Paliotto e Vicinanza

pagine che ho dedicato a lui e a Casini nei due libri firmati Geronimo. Così vengono tagliate persino le foto se vicino a Mastella ci sono io. E la censura viene spinta fino all’autolesionismo, fino a privare i lettori delle notizie”.
In qualche rarissimo caso la censura però presenta dei vantaggi; è successo, di recente, con i comunicati di Pomicino e dei suoi legali che annunciano ripetuti successi in giudizi penali.
Il 30 ottobre Corriere del Mezzogiorno e Repubblica impaginano con rilievo la notizia della “quarantesima assoluzione per Pomicino”, arricchita dalle dichiarazioni soddisfatte dell’ex ministro. Niente altro viene aggiunto dai cronisti di giudiziaria e dai deskisti che si limitano a pubblicare il comunicato; il lettore così dovrà fare un’indagine personale per sapere se, accanto alle assoluzioni, ci sono condanne penali definitive, condanne in primo grado azzerate in appello dalla prescrizione (alla quale, in ogni caso, si può rinunciare), altri giudizi troncati dalla prescrizione o dalla mancata autorizzazione della Camera, senza contare le ripetute condanne in sede civile.
Ma la censura di Caltagirone non va giù a Pomicino. “Bisognerebbe fare un confronto – dice – tra gli spazi di informazione che ci sono oggi e quelli che


Pasquale Coppola, Michele Gravano e Anna Rea

c’erano quindici anni fa. Sono certo che erano maggiori quando il Mattino era di proprietà della Democrazia cristiana e il direttore era Pasquale Nonno”. E chiude, com’è nel suo stile, con una freccia (presunta) avvelenata nei confronti di chi oggi siede al posto di

Nonno. “Qualche giorno fa – racconta – ho ripreso in mano la collezione di Itinerario e ho visto che al mio mensile collaboravano i due giornalisti (il direttore Mario Orfeo e il redattore capo centrale Antonello Velardi, ndr) che oggi guidano il Mattino. Però io, a differenza di Caltagirone, li facevo scrivere soltanto di sport”.