Casagit: soluzione
"tarallucci e vino"

SULLA TRUFFA da 36mila euro messa a segno da un giornalista campano presentando fatture false alla Casagit, la cassa di assistenza sanitaria integrativa dei giornalisti, il consiglio di amministrazione ha meditato a lungo. Alla fine è passata, a maggioranza, la linea italiana classica (o forse, in questo caso, potremmo dire ‘piemontese’, dalla regione d’origine del presidente Daniele Cerrato): chiudiamo tutto a “tarallucci e vino”.
Vediamo nel dettaglio la soluzione ‘rigorosa’ e ‘coraggiosa’: il cda ha dato incarico a Cerrato di occuparsi personalmente della vicenda per seppellirla in tre mosse: cancellare il giornalista professionista e la moglie pubblicista dagli

elenchi dell’assistenza Casagit, concordare una restituzione del malloppo e dimenticare tutto il più in fretta possibile.
Intanto una nota sulla restituzione e poi qualche riflessione di carattere più generale. Il rientro dei 36mila euro può avere un senso soltanto se ha una

Il giornalista che ha presentato le fatture false e la moglie

scadenza cogente in tempi strettissimi, altrimenti è una presa in giro di tutti gli iscritti alla Casagit, anche perché il giornalista ‘disinvolto’ è disoccupato e dopo essere stato ascoltato più volte a Roma da funzionari e dirigenti è partito per una lunga vacanza nel Cilento, come certificato dalle tante foto 'marine' presenti sulla sua pagina Facebook.
Passiamo al quadro generale. Un giornalista con la schiena dritta davanti a un reato conclamato raccoglie la documentazione e va alla procura della repubblica. Al vertice della cassa di giornalisti ce ne sono dodici (con Cerrato e i vice presidenti Giampiero Spirito e Carlo Ercole Gariboldi ci sono nove consiglieri), ma non si ha notizie di dichiarazioni o di iniziative, senza contare che il presidente, il 10 settembre interpellato da Iustitia sulle fatture false, si permette di dichiarare “non so di che cosa sta parlando”, rompendo, almeno a metà, il cliché del “piemontese falso e cortese”.
Sulla vicenda l’ex presidente dell’Ordine lombardo Franco Abruzzo ha autorevolmente ricordato che “la Casagit ha l’obbligo giuridico e morale di informare i giornalisti, anche perché dal 2008 è iscritta, come tutte le casse sanitarie private, a un registro ministeriale e ha assunto quindi un ruolo semipubblico”. Quindi i consiglieri di amministrazione possono anche decidere, e se ne assumono la responsabilità, di non procedere contro il giornalista campano, magari coprendo personalmente il buco (in fondo, sono soltanto tremila euro a testa), ma devono dare conto delle loro decisioni e raccontare l’intera vicenda sul sito della cassa.
La soluzione “tarallucci” è particolarmente grave anche perché il buco di oggi è stato preceduto in Campania da altre fatture false, che nei casi più gravi sono state azzerate con la sola cancellazione degli iscritti e dei loro congiunti. Una scelta che non risolve il problema perché, se non ci sono rischi, diventa

Daniele Cerrato (*) e Mauro Fellico

fortissima la tentazione di utilizzare la Casagit come un bancomat, ma soprattutto non si accendono mai i riflettori su chi all’interno dell’istituto dà una mano agli aspiranti truffatori. Non è infatti pensabile che richieste di rimborsi per decine di migliaia di euro

non venissero subito stoppate da verifiche delle pratiche appena decenti. Non sono state fatte? E perché? E chi non le ha fatte? E che cosa ha intascato?
Dal momento che in questa vicenda la Casagit è parte lesa, c’è da capire questa strana voglia di insabbiare tutto. Si teme che scavare nel buco dei 36mila euro possa aprire voragini? Un’indagine della magistratura potrebbe portare allo scoperto altre vicende opache? A pochi mesi ormai dal prossimo congresso della Fnsi sono già tutti in campagna elettorale e chi aspira a ereditare da Franco Siddi la segreteria teme schizzi o secchiate di fango?
Chiudiamo con una nota ‘sindacale’. Nel marzo scorso la Federazione della stampa ha ‘radiato’ la Napoletana e i giornalisti campani iscritti all’Inpgi e alla Casagit hanno perso l'ufficio e l'impiegato napoletano. La Casagit ha subito risolto il problema chiedendo ospitalità all’Ordine regionale e il 20 luglio Cerrato ha firmato una convenzione con il presidente dell’Ordine campano Ottavio Lucarelli per avere uno spazio fisso per Mauro Fellico, l’impiegato di Giugliano che la Casagit ha distaccato da Roma a via Cappella Vecchia, dove è di casa perché revisore dei conti dell'Ordine campano. Il canone simbolico versato è di cento euro, con un costo annuo di 1200. Nel 2012 per l’ospitalità la Casagit ha versato 44.044 alla Napoletana, come fa con tutte le associazioni regionali.
Si tratta in sostanza di un sostegno mascherato al sindacato di cui gli iscritti alla cassa sono sostanzialmente all’oscuro, un sostegno garantito, dati del bilancio 2012, con una erogazione complessiva di un milione e 85mila euro. Identica scelta del resto fa l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti italiani, presieduto da Andrea Camporese; nel 2012 all’Assostampa partenopea sono stati dati 145mila euro, mentre l’uscita per tutte le associazioni è stato di due milioni e 436mila euro. Sono somme consistenti che potrebbero essere meglio utilizzate destinandole ai lavoratori precari, anche perché le associazioni regionali dovrebbero stare in piedi, se ce la fanno, con le quote degli iscritti, ma la casta dei sindacalisti di professione è decisa a non mollare il bottino degli enti che è largamente superiore ai tre milioni e mezzo e, con gli incrementi annuali, ormai viaggia verso i quattro milioni di euro.


(*) Da www.aser.bo.it