Mattino, il magistrato
boccia il trasferimento

“IL GIUDICE SCIOGLIENDO la riserva rileva la fondatezza del ricorso che merita pertanto di essere accolto”: è questo l’incipit dell’ordinanza firmata il 18 luglio dal giudice del lavoro del tribunale di Napoli Ciro Cardellicchio.
Il ricorso sul quale il magistrato si è pronunciato è stato presentato il 10 aprile dalla giornalista del Mattino Donatella Trotta, assistita dall’avvocato Giuseppe Marziale, per contestare il trasferimento dalla sede centrale alla redazione di Avellino, trasferimento ritenuto illegittimo “in quanto determinato da cause o motivi illeciti e discriminatori”.
Sulla decisione Cardellicchio ha riflettuto a lungo: si è riservato il 14 giugno e dopo trentaquattro giorni ha depositato l'ordinanza in cancelleria. E in sette pagine ha motivato la reintegrazione di Donatella Trotta alla redazione di

Napoli e ha condannato il Mattino spa, difeso dagli avvocati Antonio Armentano e Marcello De Luca Tamajo, a pagare tremila euro di spese legali.
Alla base della decisione c’è la dequalificazione professionale che avrebbe subìto la Trotta alla luce


Antonio Armentano e Marcello De Luca Tamajo

dell’attività svolta in oltre venti anni a via Chiatamone e della qualità del suo lavoro (“è stata inviata in più occasioni all’estero per seguire manifestazioni culturali”). “Pertanto, – scrive il magistrato – anche se da un punto di vista formale il contenuto della prestazione professionale rimane invariato si è, comunque, determinato un evidente pregiudizio alla professionalità in precedenza acquisita”.
Potrebbe bastare, ma Cardellicchio cita anche i riflessi che il trasferimento in Irpinia avrebbe avuto sulla delicata situazione familiare della giornalista: “è incontestato che con la ricorrente conviva la figlia minore e si occupi di accudire i propri genitori. In particolare, la di lei madre, in corso di causa ha avuto il riconoscimento della condizione di soggetto portatore di handicap in misura superiore ai 2/3 che, sebbene non sia tale da giustificare il riconoscimento dei benefici di cui all’articolo 33 della legge 104 del 1992, dall’altro è, però, sintomatico di una precaria condizione di salute che giustifica un’assistenza che rischia di essere compromessa dal trasferimento”.