Dov'è finito il libro su Torre?

FRANCESCO BARBAGALLO. “È stato il primo a raccontare - scrive Roberto Saviano - il potere della camorra come potere imprenditoriale quando nessuno osava farlo, ancorandolo a un passato indispensabile per interpretare il presente”. Sessantacinque anni, natali salernitani, napoletano dal ’67, Barbagallo è ordinario di Storia contemporanea alla Federico II e dal 1983 direttore della rivista ‘Studi storici. Ha scritto libri sull’Italia contemporanea, sul Mezzogiorno, sulla storia del Pci. Nel marzo 2010 ha pubblica per Laterza ‘Storia della camorra’.


Francesco Barbagallo



A 25 anni dall’assassinio camorristico di Giancarlo Siani, incredibilmente, la condizione di Napoli è peggiore di allora e la camorra è da tempo il potere dominante. E dire che alla metà degli anni ’80 pareva si fosse già toccato il fondo con la grande rapina del denaro pubblico operata in combutta da politici, imprenditori, tecnici, camorristi nelle grandi, inutili opere della ricostruzione post-sismica.
Giorni fa lo storico britannico Donald Sassoon non riusciva a credermi quando insistevo che non era un refuso la cifra complessiva della spesa


Donald Sassoon (*)

pubblica per la cd. ricostruzione indicata nel mio ultimo libro: circa 60.000 miliardi di lire (30 miliardi di euro). Vuoi dire 3 miliardi, insisteva. No, 30 miliardi, 30 miliardi di euro.
Giancarlo Siani voleva fare il giornalista nei primi anni ’80 e voleva farlo seriamente, con analisi acute del processo di deindustrializzazione che, aveva capito molto per tempo, stava consegnando definitivamente l’area napoletano-casertana nelle mani della camorra. A Torre Annunziata individuò presto il blocco di potere che stringeva insieme in grandi affari imprenditori, amministratori e politici sotto il comando dei tre clan camorristici che dominavano la città, in alleanza coi Nuvoletta e i

corleonesi. C’erano poi allora, numerosi, magistrati corrotti dai capiclan  e giornalisti collusi con le varie espressioni del potere dominante.
Novello Davide, il giovane cronista precario pensò di poter fare bene il suo mestiere, raccontando i fatti che vedeva con notevole acume. E preparò un libro sulla strage di Torre Annunziata del 1984, fortemente voluta contro Gionta e soprattutto i Nuvoletta da Carmine Alfieri, che poi si comprò precisi favori da potenti magistrati. Quando Siani scrisse che i Nuvoletta avevano consegnato Gionta ai carabinieri per cercare una tregua con Alfieri e Bardellino, l’onore violato dei Nuvoletta e Riina decretò la sua condanna.
E contro la sua volontà, a 26 anni, invece che giornalista, Giancarlo Siani diventò un eroe, come i giovani molto cari agli dei. E così è rimasto col suo volto fresco e intelligente, senza poter appagare la sua naturale gioia di vivere. Insieme a lui scomparve il suo libro su Torre Annunziata, come racconta bene il bel film di Maurizio Fiume “E io ti seguo” (incredibile frase del pretore Gargiulo). Meno convincente sarà il successivo film di Marco Risi “Fortapache”, troppo levigato e sfuggente.
Siani non era un giovane scavezzacollo. Certo s’era illuso di poter combattere, praticamente da solo (a parte il capitano dei carabinieri Sensales), una

potente camorra (politico-imprenditoriale-istituzionale-criminale). Ma sono questi giovani “illusi” a costituire il residuo onore di Napoli e di gran parte del Mezzogiorno e d’Italia, visto che uno dei mandanti del suo assassinio, Valentino Gionta, pur


Totò Riina (**)

ristretto in carcere, continua a dominare a Torre Annunziata dopo un quarto di secolo, col consenso interessato di una parte della popolazione.
<Ulteriore aspetto di tutto rilievo, per comprendere l’attrazione esercitata dal contesto criminale sulla società civile, - è scritto nella relazione della DIA di fine 2008 – è rappresentato dalle “raccomandazioni “, che alcune persone di Torre Annunziata chiedevano ai Gionta per ottenere, quale inusitato posto di lavoro, il ruolo di pusher al servizio del potente sodalizio>.

Francesco Barbagallo
(*) Da www.ivg.it
(**) Da www.teledicoio.it