Papere e papaveri
di Josef K. Byte
RODAGGIO

Le automobili, ormai, il rodaggio lo fanno in fabbrica: ma non si possono fare numeri zero di un giornale in edicola, e quindi l'edizione napoletana di Repubblica dovrà aspettare un po' prima di essere perfettamente a punto dopo il passaggio di consegne al vertice tra Luigi Vicinanza e Giustino Fabrizio, e tra i vicari Antonio Corbo e Domenico Del Prete. Il 4 aprile è stato il giorno in cui l'ex responsabile ha salutato i lettori, e il nuovo si è presentato: due trafiletti che, già dai titoli, hanno dato indicazioni preziose. Il fondino di Fabrizio si intitola infatti "Il giornale di una città che cambia", e per far vedere che dice sul serio comincia a cambiare la toponomastica: il titolo di centro pagina recita "Sabato di fuoco a piazza Sannazzaro", e il nome del poeta
Jacopo Sannazaro è scritto con una zeta di troppo altre quattro volte, nei pezzi e in una testatina.
Più delicata la questione che nasce dal saluto di Vicinanza, "Un decennio di cronaca napoletana", perché spinge a una riflessione sul concetto

Dario Del Porto, Giovanni Marino e Antonio Sasso
stesso di cronaca. Quel giorno, il Mattino ha in prima pagina questa notizia: "Boss scarcerato, arrivano gli ispettori di Castelli / È polemica dopo la sentenza che ha rimesso in libertà il capoclan di Bagnoli. Il ministro apre un'inchiesta". Non è uno scoop perché ne parla nel catenaccio di prima anche il Roma diretto da Antonio Sasso: "Tribunale sott'accusa dopo la scarcerazione di Paolo Sorprendente: Castelli manda gli ispettori". Repubblica Napoli, intanto, riflette su "un decennio di cronaca napoletana" che non arriva a coprire i fatti del giorno: della notizia non c'è traccia. Il 5 aprile il Mattino torna sull'argomento, con un articolo di Dario Del Porto: "Scarcerazione choc, Castelli stringe i tempi / Oggi l'incarico, mercoledì ispettori al lavoro". Bucatura choc, invece, per Repubblica: che continua a ignorare la vicenda, e nemmeno il 6 aprile se ne danno per intesi. Solo il 7, un pezzo di Giovanni Marino sul caso Cordova si chiude con poche righe distratte: "Intanto oggi a Napoli arrivano gli ispettori del ministro (il capo, Giovanni Schiavon e l'ex pm Arcibaldo Miller) per la scarcerazione di un boss condannato". È forse quella "consapevolezza che una dieta di idee unilaterali è sempre dannosa" di cui parla nel fondo d'esordio Fabrizio: oltre ai grassi e agli zuccheri, anche le notizie vanno prese, e date, in modica quantità.
 
OBBEDISCO

Scusate il solito paragone calcistico, ma ci divertirebbe leggere, per esempio, la cronaca di un Milan-Juventus scritta da Adriano Galliani o Luciano Moggi: obbiettività e serenità sarebbero garantite. Ci siamo dovuti accontentare, però, dell'articolo di Ida Molaro, che sul Roma del


Gianni Alemanno, Giorgia Meloni e Luciano Moggi

29 marzo ci racconta il secondo congresso di Azione Giovani, tenutosi a Viterbo, in cui Giorgia Meloni è stata eletta presidente dei giovani di An: dei ragazzi e di quelli che, come scrive con un neologismo la Molaro, "hanno superato la soglia degli
'enta'", cioè, per capirci, tra i dicia e gli anta. A confronto, "i 'duri e puri' di Gianni Alemanno e i liberal di Maurizio Gasparri": e poiché la giornalista fa parte dell'ufficio stampa di quest'ultimo, capite bene l'esempio che abbiamo fatto all'inizio. Ma la cosa più divertente accade il 19 aprile, quando l'Ansa Napoli, in un lancio delle 18.02 siglato da Mariano Del Preite, ci racconta le critiche di Gasparri a Bassolino per aver candidato alla presidenza del Corecom un docente dell'Emilia e Romagna: "Che fine ha fatto allora - si chiede il ministro delle Comunicazioni - il manifesto di Teano, nato per contrastare il 'becero' settentrione, se è lo stesso Bassolino a guardare fuori dai confini regionali per scegliere i suoi consulenti o i suoi amministratori?". Passano 55 minuti e Del Preite mette in rete una breve avvertenza: "Si
prega rettificare alla quattordicesima e quindicesima riga come segue: 'Che fine ha fatto allora il manifesto di Eboli… (rpt Eboli)' e non 'il manifesto di Teano' come scritto nella dichiarazione diffusa dall'ufficio stampa del ministero".
Mariano Del Preite, Maurizio Gasparri e Ida Molaro
Puntigliosa ma giusta precisazione: perché non fu certo Cristo a dire il celebre "obbedisco" a Vittorio Emanuele II, e Garibaldi non si è fermato a Eboli.
 
PENALIZZATI

Inizialmente, una delle pagine interne del Roma del 3 aprile ci aveva attratto per un'immagine suggestiva. In un articolo ("'Votate Prc', ma il Csm assolve tutti / Sono i pm napoletani Assante e Albano") a un certo punto si legge: "Il Csm ha assolto anche il procuratore aggiunto di Salerno, Michelangelo Russo (nella foto), finito nella bufera per aver rappresentato, alla presenza di magistrati e giornalisti, uno spettacolo tratto da un suo testo satirico intitolato 'Il legittimo sospetto'". Ma nella foto in questione si vede solo una toga gettata sul tavolo della presidenza in un'aula di tribunale: o Russo è lì sotto, rannicchiato a schiacciare un pisolino, o al Roma ne hanno così poca considerazione che, c'è o non c'è, per loro fa lo stesso.
Ma nella stessa pagina c'è anche un intenso articolo di Vincenzo Nardiello sulle critiche che il presidente della Rai Lucia Annunziata ha fatto al piano industriale dell'azienda, denunciando "riduzioni importanti di sedi come Napoli e Torino". Mai più. Nardiello inizia censurando giustamente l'assurdo comportamento di alcuni fanatici: "addirittura il


Enzo Albano, Claudio Petruccioli e Michelangelo Russo

presidente della commissione di Vigilanza Rai, il ds Claudio Petruccioli, ha chiesto di conoscere il piano adombrando chissà quali manovre della CdL". È di tutta evidenza che la pretesa di un presidente della commissione di vigilanza
sulla Rai che voglia conoscere il piano industriale della Rai è un abuso, che, per di più, lo sottrae al suo compito istituzionale, che è quello di vigilare sul prezzo delle vongole.
Ma veniamo al punto: "quello che la sinistra si affretta a definire 'depotenziamento' e 'penalizzazione' non sarebbe affatto una riduzione di investimenti, bensì un minore aumento degli stessi rispetto a quelli previsti per i Centri di Roma e Milano". A questo proposito, vogliamo dire a Nardiello, se non lo sa ancora, che il suo editore Italo Bocchino ha deciso di aumentare di 500 euro lo stipendio a tutti i giornalisti del Roma, tranne che a lui, che incasserà 50 euro in più. Ma non si senta penalizzato.
 
AGRODOLCE

Qualcuno ricorderà lo "scandalo" (si usava ancora questa parola) che nacque quando i calciatori dell'Olanda portarono in ritiro con loro mogli e fidanzate: erano, se non ricordiamo male, i Mondiali del '78. Furono proprio Cruyff e compagni a eliminarci, e si aprì il dibattito: sesso e agonismo sono davvero inconciliabili? Come sempre, dipende dai risultati in entrambi i campi.
A porre un freno allo sconsiderato libertinaggio dei nostri atleti ci pensa ora Sergio Vessicchio, direttore del Cittadino, quindicinale di Agropoli. Il primo marzo firma di suo pugno un accorato articolo, intitolato "Calciatori oggetto dei desideri di assatanate ragazze agropolesi": pare che la squadra locale perda colpi, diversamente dai giocatori, che
non farebbero mai cilecca. "Ogni anno, quando arrivano i nuovi acquisti - scrive Vessicchio - le donne si buttano a capofitto su questi ragazzi chiedendo loro prestazioni che chissà per quale motivo non domandano ai loro fidanzati": i quali, se allo stadio qualcuno parla di corner, replicano con un gelido "che fa, allude?". "Questo è il segno del degrado morale che regna ad Agropoli. Comprendiamo le voglie, comprendiamo il sesso, comprendiamo la libertà assoluta in cui oggi si vive, non
Sergio Vessicchio
comprendiamo il perché facciano a gara per andare a letto con i giocatori dell'Agropoli, i quali vengono qui da noi per onorare la maglia", e si trattiene dall'aggiungere "e non la mutanda": pare che, quando in campo qualcuno grida "fallo!", si controllino imbarazzati i pantaloncini. Fino alla petizione finale: "Chiediamo a queste donne di soddisfare le proprie voglie lontane dall'Agropoli. Quest'anno troppa è stata la grazia per le assetate agropolesi in cerca di sesso". Questo è il giornalismo che ci piace: quello che rifiuta, in tutte le accezioni del termine, le veline.