Rai, dilettantismo da
impunità e monopolio

QUALCHE LETTORE ci ha scritto preoccupato per sapere se la redazione napoletana della Rai aveva deciso di sospendere il giochino dei ‘sottopancia’, cioè i nomi sbagliati delle persone intervistate. Possiamo tranquillizzarli: il gioco va avanti, come e più di prima. Del resto, se nessuno interviene su chi guida i servizi giornalistici (Antonello Perillo) e chi è responsabile dell’ufficio di produzione (Maria Teresa Buccico), perché l’andazzo dovrebbe cessare? Bloccare questi esempi eclatanti di scarsa professionalità è molto semplice: basterebbe che i giornalisti compilassero correttamente la ‘camicia’, che è il

foglio che si invia ai tecnici con l’indicazione precisa dei nomi e delle qualifiche degli intervistati (e molti redattori per pigrizia non la compilano dando le indicazioni a voce) e che all’ufficio di produzione individuassero chi decide di mettere nomi a casaccio, persino al direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto, scivolone che in qualsiasi altra azienda, pubblica o privata, non sarebbe rimasto senza conseguenze.
Ma torniamo al giochino. Il giorno di Natale al tg delle 19,30 va in onda un servizio di Antonella Maffei sui panettoni ‘napoletani’ con dichiarazioni di cittadini e di esperti. A un certo punto compare il sottopancia ‘giornalista Donatella Bernabò Silorata’, ma l’intervistato non può essere ‘Donatella’ perché fa il pasticciere e ha la barba. E scorrendo a caso i tg degli ultimi due mesi troviamo tanti sottopancia sbagliati. Facciamo soltanto qualche esempio. Il 26 ottobre, alla presentazione del libroIl calcio italiano 1898-1981 / Economia e potere’ ci sono quattro sottopancia dedicati all’ex rettore della Federico II

Avviso per i telespettatori. Soltanto il quarto è Trombetti

Guido Trombetti, ma soltanto l’ultimo è corretto. Passano pochi giorni e il 5 novembre, nell’edizione del tg delle 14, la conduttrice Annalisa Angelone legge un testo mentre scorrono le immagini del premio ‘Utopia Lamont Young’ assegnato tra gli altri al cardinale Crescenzio Sepe. E sapete quale è stato il sottopancia messo in onda dallo straordinario squadrone Rai: ‘Napoli-Premio Utopia La Monte Young’. In uscita dal servizio non sono arrivate né le scuse, né la correzione, come sarebbe accaduto non soltanto alla Bbc, ma anche al TGLa7 diretto da Enrico Mentana o al telegiornale di Canale 21 guidato da Gianni Ambrosino.
Due le possibili spiegazioni. La prima. Nessuno tra il capo Perillo, il vicario Procolo Mirabella, il giornalista di line addetto al controllo della messa in onda, chi ha redatto il testo, la conduttrice e, per l’ufficio di produzione, Maria Teresa Buccico o il tecnico da lei delegato hanno guardato il tg evidentemente impegnati in operazioni più importanti del lavoro per il quale vengono pagati. La seconda. Nessuno dei dipendenti Rai citati conosce Lamont Young, nato a Napoli alla metà dell’Ottocento da padre scozzese e madre indiana, architetto eclettico (costruì il parco Grifeo, villa Ebe, il castello Aselmeyer) e urbanista di grandi intuizioni (progettò, ma non venne realizzata, la prima metropolitana napoletana integrata da ascensori e scale mobili).
Voltiamo la pagina della sciatteria istituzionalizzata e passiamo alla pigrizia dilagante. Il 22 aprile 2013, alla presentazione del suo piano editoriale, celebrata in pompa magna nel foyer della sede Rai con buffet a seguire, Antonello Perillo provò a giustificare i tanti pezzi riproposti identici in più edizioni (problema, spiegò, comune a tante sedi) e parlò di carenza di organico. Ma venne interrotto e bacchettato due volte da Alessandro Casarin, allora direttore della Tgr, la testata giornalistica regionale da cui Napoli e tutte le sedi regionali dipendono. Soltanto in pochissime redazioni, scandì Casarin, ci sono ripetizioni. E per quanto riguarda l’organico Aosta ha

L' aggiunto Piscitelli e, sopra, l'avvocato Cerabona

quindici redattori, ma vengono ribattuti tutti i servizi.
E qui apriamo una parentesi sull’organico. Alla sede di Fuorigrotta lavorano quarantacinque giornalisti, un numero largamente superiore alla somma delle redazioni di Repubblica Napoli e del Corriere del Mezzogiorno che non soltanto producono il giornale cartaceo ma aggiornano con continuità l’edizione on line. I 45 hanno al vertice tre redattori capo: il responsabile Perillo, il vicario Procolo Mirabella, e l’ex vice direttore Carlo Verna, con compiti forse ancora da definire; un gradino più giù ci sono quattro vice redattori capo: Vincenzo Calise, Sandro Compagnone,

Gianfranco Coppola e Antonio Forni; seguono otto inviati, sei capi servizio e ventiquattro soldati semplici in attesa di promozione.
Torniamo ora alle ‘ripetizioni’ perché, si sa, i Casarin passano e i Perillo restano. E i servizi fotocopia a via Marconi negli ultimi mesi sono stati addirittura intensificati. In rarissimi casi si può giustificare la riproposizione di un servizio; ad esempio subito dopo gli attentati terroristici a Parigi del 13 novembre ha un senso giornalistico mandare due volte in onda l’intervista all’Imam di Napoli Amar Abdallah realizzata da Enzo Perone. In tutti gli altri casi no. Invece i telespettatori della Campania sono storditi da un tourbillon di servizi fotocopia che servono a riempire i tg delle 14 e delle 19,30 e Buongiorno Regione in onda alle 7,30.
Inutile fare l’elenco perché le ripetizioni sono quotidiane e riguardano notizie di interesse, diciamo, limitato. Un esempio? ‘La fiera di Limatola’ andata in onda il 17 novembre al tg delle 19,30 e in Buongiorno Regione del giorno successivo. E, dal momento che Casarin non c’è più ed evidentemente il nuovo direttore della Tgr Vincenzo Morgante ha altro da fare, i servizi fotocopia vengono riproposti anche in coppia. È accaduto il 26 novembre con un servizio su un’udienza del processo all’ex sottosegretario Nicola Cosentino e un altro su uno spettacolo teatrale con Alessandro Siani e Christian De Sica. Notizie così importanti che forse avrebbero meritato anche una terza e forse una quarta messa in onda.
Tutti i telespettatori sono annoiati e impotenti di fronte ai servizi ripetuti, ma i tifosi del calcio sono inferociti quando il martedì devono ancora sorbirsi la cronaca del match che il Napoli ha disputato nell’anticipo domenicale delle 12,30, quindi due giorni prima.
Perché quarantacinque giornalisti professionisti producono risultati così modesti? La risposta è in due parole: monopolio e impunità. Considerando le difficoltà economiche delle emittenti locali, i responsabili dell’informazione regionale Rai operano in un sistema di sostanziale monopolio e non si devono preoccupare se bucano una notizia, ricicciano servizi già visti, mettono in onda

notizie vecchie di qualche settimana o, in alcuni casi, addirittura mesi.
Il secondo motivo è l’impunità: nessuno è responsabile, tutto scorre via nell'indifferenza generale. E l'impunità ha un grave effetto

Povero Lamont Young

demotivante sui redattori, almeno una ventina, che pure sarebbero disposti a impegnarsi a fondo. Il ragionamento è semplice: “mi chiedete di fare poco e io poco faccio, anche perché lo stipendio mi arriva comunque”.
Nei corridoi di via Marconi c’è un’aria fiacca e, in qualche modo, rassegnata forse anche a causa della discontinua presenza fisica e professionale del capo. Si può uscire da questa impasse? Sì e anche in maniera abbastanza semplice: basta ricordarsi che la Rai è un’azienda. Al prossimo sottopancia sbagliato o servizio ripetuto il direttore Vincenzo Morgante e il suo vice Renato
Cantore
, responsabile delle sedi del Mezzogiorno peninsulare, indirizzino ad Antonello Perillo e, soltanto nella prima ipotesi, a Maria Teresa Buccico non una lettera di richiamo ma una mail per notificare una sanzione pecuniaria, anche soltanto di cento euro, da fare lievitare in caso di recidiva. Ci saranno certamente un calo drastico degli errori e un numero maggiore di servizi.