Urla dal silenzio


Antonello Velardi

Manuela Piancastelli


Marilicia Salvia

Mario Orfeo

Caro direttore,
il servizio di apertura di Iustitia del 7 febbraio ha in coda una dichiarazione di Antonello Velardi che si conclude così: "Prima venivo accusato di urlare sempre, ora non urlo più". Effettivamente in redazione, anche se l'aria che tira è ormai da moltissimi mesi contrassegnata da una variabile impazzita (si passa improvvisamente dalla rassegnazione che rasenta l'abulia alla nevrosi degli animali reclusi negli zoo) ultimamente si era registrata una novità: non scoppiavano più, improvvise, le liti con urla incorporate di cui uno dei protagonisti era sempre il redattore capo centrale.
Urla che facevano tremare i vetri e alterare l'adrenalina, il battito cardiaco e gli ormoni di chi si trovava nelle stanze più vicine a quella di Velardi, figuriamoci al suo cospetto. Oddio, il vizietto ce l'ha pure il direttore (chi l'ha detto che esistono solo i giudici ragazzini?), ma Orfeo, più diplomatico, toglie il freno agli urlacci con minore frequenza.
Da un po’ nel giornale risuonava quindi una calma piatta, suggellata dall'ammissione di Velardi a Iustitia. "Ora non urlo più". Ma non facevamo in tempo a collegarci a internet e a leggere tale importante dichiarazione che già la sera dopo toni altissimi rimbombavano nei corridoi circolari della redazione mattinina, scuotendo le mura e facendo vacillare i già vacillanti pannelli divisori. Dai finestroni aperti (nonostante le pessime condizioni del tempo), suoni cavernosi rotolavano nei piani bassi (verso la tipografia) e negli appartamenti dei palazzi attigui, dove le famiglie della buona borghesia napoletana si accingevano a lasciare la postazione del desco serale per rintanarsi nelle camere da letto, anelando un meritato riposo notturno.
Di chi erano le urla raccapriccianti? Ma di Velardi, naturalmente. Dimentico di quanto appena dichiarato a Iustitia, il numero due del più grande giornale del Mezzogiorno (non si dice così?) in un attimo abbandonava ogni intento di self control menando urlacci contro capiservizio e redattori, ed esibendosi in due round diversi, prima alla redazione Italia (interlocutrice la numero due del settore, Manuela Piancastelli) e poi alla redazione Campania (questa volta il controcanto è della neo caposervizio Marilicia Salvia). Accorrevano sdegnati e curiosi, mentre i nostri cuori si facevano piccoli piccoli e dentro di noi rimpiangevamo i bei tempi andati di quando “il colosso di via Chiatamone non aveva niente da invidiare al New York Times”.
Ma tant'è, dopo i risolini resta la desolazione. Ormai al Mattino urlano tutti, quasi ogni giorno. C'è chi urla anche da solo, con se stesso. Segno di un malessere che cresce giorno dopo giorno. Con buona pace del logo storico del giornale, il galletto impettito, il quale da tempo ha rinunciato a far sentire il suo chicchirichì di sveglia alla città, soppiantato dalle urla dei giornalisti.

  Fiore d’ortica