Cimini impugna
il licenziamento

L’ULTIMO ‘LICENZIAMENTO’ al Mattino risale a oltre venti anni fa: il direttore era Pasquale Nonno (responsabile amministrativo Massimo Garzilli) e fu Nonno a decidere l’uscita da via Chiatamone di Pietro Funaro.
Il 30 agosto la lettera di licenziamento, firmata dal direttore amministrativo in pensione Massimo Garzilli e controfirmata dal direttore responsabile Virman

Cusenza, ha colpito Frank Cimini, da venticinque anni firma del giornale da Milano. Il motivo del licenziamento: il giornalista aveva rifiutato il trasferimento da Milano, dove vive e lavora da trentaquattro anni, a Portici-Ercolano.
La risposta di Cimini non


Francesco Gaetano Caltagirone, Mario Fezzi e Giovanni Negri

si è fatta attendere: l’otto settembre ha spedito all’editore Caltagirone una lettera, firmata anche dall’avvocato Mario Fezzi, con la quale impugna il licenziamento.
Al di là degli aspetti giuridici della vicenda, di cui si occuperanno gli avvocati e i magistrati del lavoro, e del carattere non facile di Cimini, colpiscono il comportamento di una grande azienda editoriale (‘volgare’, rozzo, disumano, o un altro aggettivo a vostra scelta) e la totale inerzia del sindacato in Campania. Sulla struttura regionale è inutile spendere parole, mentre va detto che il cdr del Mattino (Marisa La Penna, Daniela Limoncelli, Salvo Sapio) sul licenziamento non ha assunto nessuna posizione ufficiale “perché Cimini non ci ha contattato”. Ma se c’è un licenziamento nell’azienda nella quale lavori il sindacato non se ne deve occupare comunque e subito?
Il presidente dell’Associazione stampa lombarda Giovanni Negri si è espresso in maniera aspra nei confronti del Mattino e in particolare di Massimo Garzilli, lasciando però aperto uno spiraglio per una eventuale ripresa della trattativa. E di Cimini si sta occupando anche il presidente della Fnsi Roberto Natale che ha saputo in maniera casuale del licenziamento perché non era stato neanche informato dai sindacalisti napoletani.


Armando Borriello, Daniela Limoncelli e Antonino Pane

“Al Mattino, – dichiara amaro Cimini – quotidiano di proprietà di uno degli uomini più liquidi d’Italia, è stato fatto uno stato di crisi per un rosso di 390 mila euro. L’operazione è servita per scaricare oltre venti giornalisti ed ora l’azienda dice che la situazione è buona.

E i tagli sono stati decisi operando scelte arbitrarie. Sono stati spediti a casa tanti bravi cronisti colpevoli di avere compiuto cinquantotto anni, ma sono ancora in servizio il sessantenne Antonino Pane e il quasi sessantatreenne Armando Borriello. Perché? È la conferma che siamo di fronte, anche nel mio caso, a scelte discriminatorie. Resta soltanto da chiedersi perché chi deve tutelare i giornalisti non interviene in maniera decisa e dura”.