Il sogno di Demarco

Il 2 dicembre scorso, mentre già l’aria andava riempiendosi dolcemente delle prime note di jingle bells e delle prime palle di Natale, riflettevamo sul coraggio che possono avere soltanto i grandi direttori di giornali di dare uno scossone ad una lingua ingessata e ancora prigioniera di paletti grammaticali ormai anacronistici. Ci pensavamo osservando un titolo del Corrierone in prima pagina: Un’addio. Ferruccio de Bortoli aveva finalmente squarciato le nebbie del perbenismo linguistico con un apostrofo che restituiva onore e gloria al Redattore ignoto caduto sulla barricata dei mille se avrei, un’altro, un pò. Dopo il 2 dicembre, pensavamo, nulla sarà più come prima. E lo ha pensato anche Marco Demarco, da quindici anni direttore del Corriere del Mezzogiorno.
Il 2 marzo c’è l’ennesimo saluto a Lucio Dalla e se ne occupa Antonio Fiore, neo pensionato ancora lucido e attento ad annusare i mutamenti culturali del nostro Paese. Fiore intervista un amico di Dalla, Eugenio D'Andrea, che aveva parlato con il cantautore bolognese appena un’ora prima della morte Lucio, un’artista felice che aspettava l’estate. Se lo ha fatto papà Ferruccio lo possiamo fare anche noi, avrà pensato Demarco, che studia cosa vuol fare da grande. Intanto il 3 dicembre de Bortoli chiede “ scusa per l’imperdonabile errore ai lettori e alla lingua italiana”. E Marco che fa? Una rettifica con le stesse parole. Noi abbiamo un sospetto su cosa sogna di fare Demarco da grande.

Abel Fonseca
 

Ferruccio de Bortoli

Lucio Dalla
Antonio Fiore