Il Mattino cancella
i sacerdoti pedofili

PER PASQUA IL direttore del Mattino Federico Monga e i suoi ufficiali hanno regalato ai lettori e al cardinale di Napoli una lunga intervista a Crescenzio Sepe firmata dal capo cronista Pietro Perone: il 20 aprile c’è un grande titolo di apertura del dorso cronaca e, a seguire, per intero le pagine due e tre, con foto del cardinale in ogni pagina, e tra queste una in dimensione poster: 12 cm per 16.
È una lenzuolata di 320 righe, domande escluse, con riflessioni che meriterebbero di essere scolpite nella pietra. “I criminali di oggi non sono neppure degni dei loro padri. Sono degli sconfitti che credono di essere forti e potenti con le armi, con la violenza, con lo spargimento di sangue”. E forse Sepe sta ripensando con nostalgia ai bei tempi di Cutolo, di Alfieri, di Bardellino e di Nuvoletta fino ai più recenti Di

Lauro, Zagaria e Setola.
Il cardinale va poi avanti con la sua acuta analisi sull’ultima generazione di camorristi. Sono

Napoli, 26 aprile. A Ponticelli manifestazione contro i preti pedofili

destinati a non lasciare traccia significativa di sé nella loro vita. Non fanno paura neppure ai turisti che continuano a onorare Napoli con la loro presenza”. Parole nette che scaturiscono evidentemente da una indagine condotta da Sepe tra i visitatori italiani e stranieri che magari si sono trovati al centro di qualche ‘stesa’.
Superati gli appelli alla borghesia napoletana immobile e ai cattolici che in politica camminano in ordine sparso, il punto più alto dell’intervista arriva quando Perone affronta, se pur di sfuggita, il tema dei sacerdoti pedofili della curia di Napoli.
Le affermazioni di Sepe sono imbarazzanti e lo sono anche i silenzi di Perone. “Dopo il mio arrivo a Napoli mi trovai davanti a una denuncia di pedofilia nei confronti di un sacerdote e su tale caso vennero assunte le necessarie iniziative e sono state espletate due indagini d’intesa con la competente congregazione della Dottrina della fede, che ha poi affidato tutta la documentazione al tribunale ecclesiastico di Milano per il conseguente processo”.
Nella sua ricostruzione il cardinale è però lacunoso e depistante. Infatti non spiega perché una vicenda di pedofilia che ha visto per anni protagonista un sacerdote di Ponticelli, Silverio Mura, “sulla quale la curia di Napoli ha assunto tutte le necessarie iniziative” viene assegnata dal Vaticano al tribunale ecclesiastico di Milano. È allora utile colmare i vuoti del cardinale: da Roma vengono decisi nuove indagini e il trasferimento a Milano del processo a Mura per le “negligenze” ripetute e gravi che hanno connotato gli accertamenti condotti dalla curia partenopea. E “negligenze” è un eufemismo che non dà la misura delle vessazioni inflitte da Sepe e dai suoi collaboratori ad Arturo Borrelli che nel 2010 aveva trovato la forza di denunciare gli abusi sessuali subìti da Mura dai tredici ai diciassette anni, con una frequenza di due o tre volte alla settimana.
Ne potremmo citare tante, ci limitiamo a tre. Il 6 febbraio del 2017 Repubblica dedica un’intera pagina all’insabbiamento da parte della chiesa napoletana della denuncia di Borrelli. Nello stesso giorno

Silverio Mura e Luigi Ortaglio

dell’articolo del quotidiano romano arriva la replica di Sepe con un comunicato firmato dal cancelliere arcivescovile padre Luigi Ortaglio. Nelle trentadue righe di testo viene inserito per ben otto volte, a cominciare dal titolo della nota, il

vero nome di Borrelli allora coperto dall’anonimato. La pubblicazione del nome, oltre a certificare l’arroganza e la violenza di Sepe e dei suoi uomini, configura un reato per il quale è in corso un giudizio penale davanti al giudice Rossella Tammaro del tribunale di Napoli che ha fissato l’udienza conclusiva per il prossimo undici giugno.
Nel maggio 2016 la curia ha sottoposto a una visita psichiatrica Arturo Borrelli che si fa accompagnare da Alfonso Rossi, lo psichiatra che lo assiste da anni. E proprio Rossi dichiarerà che “non si è trattato di una perizia medico legale ma di un interrogatorio in stile Gestapo, con le stesse domande ripetute fino allo sfinimento con l’intenzione di dare al ragazzo il carico delle responsabilità delle violenze subìte”.
Dopo le polemiche sui media nazionali e internazionali dalla curia napoletana filtra la notizia che Silverio Mura è stato trasferito in una casa di cura e non sarà più a contatto con i bambini. Non è vero e le Iene il 7 marzo del 2018 con un servizio di Pablo Trincia smascherano le bugie diffuse dagli uomini di Sepe: Silverio Mura, con il falso nome di Saverio Aversano, è in servizio alla parrocchia di Montù Beccaria, un piccolo centro del Pavese dal quale sparisce subito dopo la messa in onda dell’inchiesta delle Iene.
Torniamo ora all’intervista al Mattino perché il cardinale aggiunge: “E proprio nei giorni scorsi c’è stata assoluzione per il sacerdote accusato”. Sepe sta dando ai lettori una notizia perché il tribunale ecclesiastico di Milano finora non ha diffuso notizie ufficiali sulla sua decisione. Girano soltanto alcune voci secondo le quali Silverio Mura sarebbe stato ‘prescritto’. E se le voci fossero vere bisognerebbe comunque spiegare a Sepe che la prescrizione è cosa molto diversa dall’assoluzione e che l’eventuale prescrizione sarebbe scattata soltanto

perché il tribunale ecclesiastico di Milano, guidato da monsignor Paolo Giuseppe Bianchi, delle due denunce presentate da Borrelli ha deciso di prendere in esame, chissà perché, soltanto la ‘prescritta’ e non l’altra che avrebbe portato

Carlo Grezio e Pablo Trincia

all’inevitabile condanna di Mura come del resto aveva anticipato a metà febbraio al legale di Borrelli, l’avvocato Carlo Grezio, John Kennedy, il sacerdote della Congregazione della dottrina della fede responsabile della sezione disciplinare, che aveva addirittura anticipato la linea da seguire in caso di appello di Mura contro la condanna. 
I depistaggi e i silenzi di Sepe, con la sponda di qualche media locale, non potranno comunque resistere a lungo per due motivi. Il primo è che oggi accanto ad Arturo Borrelli, che pure in precarie condizioni di salute continua a impegnarsi ogni giorno nella denuncia dei preti pedofili (l’ultima iniziativa è stata il 26 aprile la manifestazioni promossa a Ponticelli, nella periferia orientale di Napoli), ci sono altri ragazzi che hanno trovato la forza di raccontare con nome e cognome, anche in tribunale, gli abusi subìti da Silverio Mura e altri ‘violentati’ che per ora preferiscono non venire allo scoperto. Il secondo motivo riguarda papa Francesco perché la sua voce che è forte, chiara, dura contro la tragedia della pedofilia dei sacerdoti in ogni angolo del mondo non può diventare improvvisamente fioca quando le violenze sessuali sui bambini si verificano nelle parrocchie italiane.