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Fnsi, la versione
di Marinella Rossi
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EGREGIO DIRETTORE,
per dire cose razziste, bisogna riuscire a pensarle. È un’attitudine che mi manca. Così non le dirò semplicemente che non sono una razzista e che non ho mai pronunciato frasi razziste né mai elaborato nel mio intimo idee razziste. E che la mia provenienza familiare e culturale, la mia storia personale e la mia professione parlano per me, tanto da risultare impensabile di essere trascinata in questa cloaca. Sarebbe troppo facile. Dunque mi devo impegnare, impegnare il mio tempo e occupare il suo, che con tanta disinvoltura ha dedicato un numero a rivolgermi affermazioni diffamanti, preferendo non |
considerare quel requisito da abc del giornalismo del sentire tutti, anche l’imputato.
Nel mio caso, dal tenore complessivo e uniforme di suoi articoli ed elzeviri, condannato in via definitiva. A meno che non vogliamo considerarci entrambi così ingenui da ritenere esimente della diffamazione a mezzo stampa il mettere giù quattro righe di registrazione del chiarimento da me pubblicamente dato |
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Paolo Borrometi |
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il 14 febbraio scorso e che sarebbe dovuto essere esaustivo. Ma per voi non lo è stato. E dunque. In seguito ai titoli di apertura compresi nel numero 6 del settimanale di informazione on line “Iustitia" del 21 febbraio 2019: ‘Attacchi “razzisti” al congresso Fnsi’ e ‘Nota Sugc, poi difesa Rossi e replica Silvestri’ e successivi articoli di pari o peggior tenore, sia che riportino affermazioni non verificate e proprie dell’articolista piuttosto che affermazioni attribuite ad altri individuabili (“Dopo le frasi razziste di Marinella Rossi dal palco del XXVIII congresso” “il vergognoso comportamento razzista della collega dell’Associazione lombarda Marinella Rossi, che ha appellato la delegazione napoletana con il termine Africa, pronunciato in senso dispregiativo”; “il comportamento razzista è stato rafforzato dalla frase “napoletani senza casco e senza tessera”; “Si tratta di un comportamento inaccettabile in uno stadio”; “La Rossi ha anche affermato “siete abituati a fare cose illegali” etc).
Le inoltro immediata richiesta di pubblicazione della mia replica, la quale, mi auguro, sia riportata integralmente, prima che passi ad altre sedi a tutela d'immagine personale e professionale.
Sottolineo quanto già pubblicamente detto e ribadito nel corso dell'esatta mia ricostruzione e dopo la conseguente ricomposizione pubblica dell’equivoco (sempre non di altro si tratti) - ricomposizione gestita dai colleghi della delegazione romana Paolo Borrometi e milanese Fabio Cavalera, e in forza della quale ricomposizione sembrava si fossero definitivamente chiarite parole volutamente fraintese, mal sentite o addirittura mal orecchiate da altri e a me attribuite. Ricomposizione, sottolineo ancora, conclusa con le scuse pubbliche da parte del delegato napoletano Stefano Andreone, che mi ha aggredito fisicamente sotto il palco, e di cui una certo bizzarra idea di completezza dell’informazione non ve ne fa dar conto. Ma non certo perché non ne siate a conoscenza.
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Stefano Andreone |
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Di seguito, ribadisco:
1) Non ho mai pronunciato la frase nei vostri articoli fantasiosamente riportata e manipolata: “A Napoli siete senza casco e senza cartellino”.
Non avevo e non ho alcun motivo per polemizzare con colleghi napoletani o di altra provenienza. La mia frase, quando di prima mattina si è scatenata la bagarre sui cartellini per il voto, e dopo alcune tensioni all’interno della nostra |
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delegazione di provenienza, lombarda dunque, è stata: “Ecco qua, senza cartellini, senza casco e tra un po’ senza denti”, a indicare il livello di tensione cui si era giunti.
Un collega collocato una fila davanti, Stefano Andreone appunto, ha sentito parte della frase e si è girato a chiedermene conto. Mi sono alzata, sono andata da lui e gli ho spiegato immediatamente che c’era un fraintendimento, che il senso era altro e non rivolto certo alla sua delegazione, precisando pure che parte della mia famiglia, mio marito, è campana, e parte della mia famiglia acquisita vive da sempre a Napoli.
Erano le prime mosse delle votazioni al congresso, e tutto era finito lì. Ma ci sono volute molte ore - e bisognerebbe chiedersene il motivo - per collazionare più frasi, da me mai dette, e confezionare una colossale fake news e un ignobile processo sommario proprio al congresso sulle fake news.
2) Come già più volte ribadito, non ho mai pronunciato la parola “Africa”, che invece mi è stata contestata pubblicamente dal presidente del congresso Rocco Cerone, come proveniente da me, e leggendo acriticamente e senza alcuna verifica, ma anzi facendola propria, la |
richiesta di censura della delegazione campana - documento che non ho potuto vedere, pur avendolo reiteratamente chiesto al presidente Cerone, in quanto a sua detta scomparso dagli atti la sera stessa (!), motivo per cui sto attendendo da Fnsi, e per ora invano nonostante svariate richieste, la registrazione e/o trascrizione.
3) Non ho mai pronunciato la frase “Voi siete abituati all’illegalità”. Né mi sono
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Rocco Cerone |
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mai rivolta a una donna, da voi indicata con nome e cognome, che non saprei riconoscere, e con la quale non ho mai avuto alcun contatto né visivo né verbale.
4) Non ho mai pronunciato la frase: “Non è un congresso africano”. Chi lo sostiene o è vittima di uno scambio di persona, o peggio.
5) Se tutte le parole a me attribuite in un collage utile a costruire l’incredibile immagine di una disgustosa razzista - e collage propinato e fatto esplodere a tarda sera aprendo scenari dietrologici che poco mi interessano avendo passato una vita a raccontare fatti e cause a monte - se queste parole sono state così ben sentite - come viene scritto - “da decine di delegati di varie regioni”, e come da virgolettato del signor Claudio Silvestri, avremo tempi e sedi adeguate per verificarlo, a fronte dei numerosi colleghi, anche campani, che non hanno sentito pronunciare da me alcuna di queste frasi e sono gentilmente disposti a testimoniarlo.
Credo che sia superfluo sottolineare che quanto da me scritto è di doverosa vostra pubblicazione con pari evidenza, ai sensi di leggi vigenti che certo ben conoscete, ed evitando accuratamente altre repliche offensive o affermazioni parimenti destituite di fondamento e non verificate. Perché la regola di un buon giornalista, gentile direttore, sarebbe di scrivere dopo aver sentito tutti gli attori di un fatto, e non mi risulta che alcuno di voi si sia preso questo disturbo. Ma, facendo questo mestiere, come certo ben sa, da qualche decennio, non faccio fatica a intuirne i poco commendevoli motivi.
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Marinella Rossi |
La delegata della corrente milanese di Senza Bavaglio Marinella Rossi indirizza a Iustitia una richiesta di smentita di 111 righe, condita da lezioncine di giornalismo, insinuazioni e minacce (“le inoltro immediata richiesta di pubblicazione prima che passi ad altre sedi”).
Cerchiamo allora di fare un po’ d’ordine. Iustitia non ha dedicato alle frasi razziste pronunciate il 14 febbraio al congresso di Levico Terme né “un numero”, né “articoli ed elzeviri (!)” ma mezzo articolo e due documenti. Nel primo vengono riportati la censura nei confronti della delegata lombarda presentato dalla Napoletana, la precisazione della Rossi, la replica del segretario del sindacato campano Claudio Silvestri |
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Massimo Alberizzi |
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e il video con la dichiarazione di “censura” del segretario del sindacato del Trentino Rocco Cerone che dichiara di parlare a nome dell’ufficio di presidenza e gli oltre trenta secondi di applausi dei congressisti.
Sono tre le frasi razziste sentite chiaramente da molti delegati di varie regioni: “ma che razza di votazioni sono senza i cartellini, mica siamo in Africa”; “a Napoli siete senza casco e |
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senza cartellino”; all’indirizzo dei campani “voi siete abituati all’illegalità”. Marinella Rossi assicura di non avere mai pronunciato né la prima né la terza frase, mentre la seconda l’ha confermata dal palco con una integrazione (“senza casco, senza cartellino e senza denti”) che a suo giudizio ne cambia sostanzialmente il senso.
La giornalista milanese assicura di non essere razzista e noi non abbiamo motivo di non crederle, senza bisogno di citare la sua lunga storia professionale e di ricordare che il marito è di Ariano Irpino e una parte dei suoi parenti acquisiti vive a Napoli.
Per noi la questione è chiarita e chiusa.
Resta invece in piedi il fatto che frasi razziste sono state pronunciate da diversi delegati lombardi, non sappiamo se appartenenti a Senza Bavaglio o ad altre componenti. Allora pensiamo che il leader di SB Massimo Alberizzi e i dirigenti delle altre correnti non possono limitarsi alla difesa di Marinella Rossi ma dovrebbero anche dire con chiarezza quali sono i giornalisti responsabili delle frasi razziste.
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Nello Cozzolino |
Post scriptum. Per rispondere ho impiegato 39 righe, troppe. Erano però necessarie per cercare di essere preciso e chiaro |
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