La procura va avanti
censurando le notizie

È IL 23 maggio e a Marianella, quartiere della periferia nord di Napoli, per motivi condominiali un uomo aggredisce con un coltello un vicino di casa che durante il trasporto all’ospedale Cardarelli muore.   
L'episodio avviene in mattinata. Alle 15.50 i carabinieri ancora non rendono noto il nome della vittima, né quello dell'aggressore. Passa l'intero pomeriggio, e ai giornalisti che insistono per avere almeno i nomi viene risposto: "non possiamo darli ancora". Si arriva a sera: alle 21 del 23 maggio né le agenzie né i siti dei quotidiani sanno chi è stato ucciso, né chi lo ha ucciso. Motivo: le disposizioni della procura agli uffici stampa delle forze dell'ordine.
È l'informazione a Napoli ai tempi del procuratore Giovanni Melillo (definito da Iustitiadominus della giudiziaria, una sorta di Alberto

Sordi – marchese del Grillo”): sempre più imprecisa, sempre più vaga, sempre più priva di particolari decisivi. Uccidono un uomo. Ma chi? E chi è stato? 
Una situazione paradossale e insostenibile che vede silenti le parti che

Giovanni Melillo e Sandro Ruotolo

dovrebbero contrastare questa deriva in sostanza censoria: i giornalisti e i loro organismi; i vertici delle forze dell’ordine.
Non ci sono criteri: le omissioni non sono dettate dall’esigenza di tutelare un’operazione in corso oppure dalla necessità di coprire le generalità di un incensurato o di salvaguardare un minore. Come nel caso di Marianella siamo di fronte a un arbitrio. Ed è così da mesi; memorabile un comunicato del procuratore aggiunto Rosa Volpe che in trentuno righe sullo scippo di un Rolex pubblica soltanto le iniziali dei tre pregiudicati arrestati ma fornisce ai cronisti il nome del modello dell’orologio rubato, ‘Richard Mille’.
I giornalisti come singoli, gruppi o organismi di categoria hanno finora fatto pochissimo. Per cercare una soluzione viene organizzato un incontro il 20 novembre scorso all’Emeroteca Tucci. Sono presenti il procuratore Melillo, l’allora aggiunto Giuseppe Borrelli (oggi è procuratore a Salerno), i presidenti dell’Ordine campano Ottavio Lucarelli e del sindacato regionale Gerardo Ausiello davanti a una platea di una ventina di giornalisti. La mattinata si risolve in un piccolo show del procuratore che mostra, come è nel suo stile, grande cortesia, ma nessuna disponibilità a un vero dialogo (“vorrei comunicare alcune linee guida difficilmente modificabili”). Soltanto un cronista, Vincenzo Perone della

Canio Giuseppe La Gala e Rosa Volpe

Rai, prova a evidenziare, anche con grande energia, gli inaccettabili paletti introdotti dal procuratore sulle notizie date con grande ritardo vanificando il ruolo delle agenzie, sulle conferenze stampa convocate con soltanto due ore di preavviso,

sul divieto di girare immagini che rende impossibile il lavoro delle tv e dei service mentre in rete circolano le immagini girate dai poliziotti. E quando la discussione tra il cronista e il procuratore va avanti come un confronto tra sordi, Perone azzarda: “del resto noi stiamo dialogando” ma Melillo lo stoppa brusco: “noi non stiamo dialogando”. È una frase infelice, e scortese, da qualsiasi lato la si voglia leggere ma soprattutto sono quattro parole che chiariscono in maniera lampante come il capo della procura intenda il rapporto con i giornalisti. Perone perciò si alza e si avvia verso l’uscita ma viene fermato dagli altri giornalisti e dalle scuse di Melillo. L’incontro si chiude con l’impegno a rivedersi in tempi brevi coinvolgendo gli avvocati ma non è un caso che dopo sei mesi dell’incontro non si parli più, anche perché si è capito che il procuratore non regge il confronto in campo aperto.
Torniamo ora al Melillo tetragono, indisponibile a modificare le sue disposizioni. Tocca ai giornalisti e agli organismi di categoria, se ne hanno la forza, costringerlo a un dialogo vero, anche perché se il procuratore controlla il rubinetto delle notizie è anche vero che la loro diffusione sui media dipende dai giornalisti.
Un primo passo può farlo l’Unione dei cronisti della Campania guidata da Sandro Ruotolo fino al 23 febbraio scorso quando viene eletto senatore e dal 6 maggio è stato sostituito dalla consigliera del direttivo

Roberta De Maddi. Con l’esperienza di giornalista e di parlamentare Ruotolo potrebbe essere ora una sponda per cronisti e sindacato per trovare punti di incontro con Melillo che nel suo vasto curriculum presenta anche una fase

Roberta De Maddi e Andrea Orlando
‘politica’; dal 2014 al 2017 ha lavorato a via Arenula come capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando, il cui portavoce nel 2016 era Guido Ruotolo, gemello di Sandro.
Chiudiamo con gli altri ‘assenti’ dal tavolo della cronaca giudiziaria: Alessandro Giuliano, da un anno al vertice della questura; Canio Giuseppe La Gala, dallo scorso settembre comandante provinciale dei carabinieri di Napoli; Gabriele Failla, dal luglio 2019 numero uno della Guardia di finanza a Napoli.
A parte qualche protesta sottovoce girata direttamente o dai loro sottoposti ai cronisti, i vertici delle forze dell’ordine sono completamente allineati ai desiderata del procuratore. È certamente vero che la procura ha un compito di coordinamento ma per come viene rappresentata la realtà non si capisce se poliziotti, carabinieri e agenti della Guardia di finanza partecipino alle indagini o siano i sostituti procuratori e gli aggiunti a farsi carico di tutto il lavoro.