LO STUDIO
Lo studio è il cuore della nostra casa ed è anche il modo in cui noi ci presentiamo al telespettatore. Il nostro studio, ne sono fermamente convinto, ha bisogno di essere modernizzato per rispondere al meglio alle esigenze di un utilizzo diverso degli spazi. Lo stiamo già iniziando a fare:accanto ai servizi tradizionali è sempre più importante fornire una informazione rapida e coinvolgente su ciò che accade, attraverso report in diretta, incursioni di ospiti e commentatori all’interno del tg o in collegamento. Ma anche con la presenza in studio di altri colleghi che affiancano il conduttore per approfondire alcuni temi.
Insomma, puntiamo assieme a una maggiore interazione con i fatti, i loro protagonisti e con le immagini, assolute protagoniste centrali nella narrazione di un giornale televisivo.
Già nei prossimi giorni chiederò all’azienda di iniziare a lavorare a un progetto per un nuovo studio.In queste prime settimane stiamo già procedendo verso una modernizzazione del racconto, grazie alla preziosa collaborazione dei registi, aiuto registi, dei tecnici di studio, degli operatori di ripresa che mi preme ringraziare.Vorrei che il nostro Tg, anche con  uno studio più adatto alle nuove esigenze, fosse il luogo dove poter sperimentare, perfino osare. “Cerca una strada nuova e non aver paura di percorrerla”, scriveva Giampaolo Pansa, “Datti il coraggio di osare. Scoprirai che, al di là dei risultati, è un buon sistema per non annoiarsi”.
Vorrei che nessuno di voi qui si annoiasse, che trovasse ripetitivo il nostro lavoro, vorrei ci fosse sempre uno stimolo, una curiosità, uno scatto verso una proposta nuova, un’idea.
I tempi attuali richiedono ancora di più un ragionamento, approfondimenti, anche in studio – come dicevo - con ospiti autorevoli per capire meglio fenomeni, tendenze, problematiche. Ma vorrei lavorare assieme a voi anche a interviste più meditate, con protagonisti della vita pubblica, che magari diano al Tg2 per primi “la” notizia. Vorrei lavorare per avere titoli che siano più possibile soltanto nostri. Come farlo? Attraverso storie che gli inviati ci proporranno, attraverso appunto le notizie che le loro interviste ci porteranno. Attraverso le inchieste. Perché credo su questo sia importante lavorare, a 360 gradi, nel telegiornale e non solo.
Nella mia esperienza di cronista prima giudiziario e poi politico, ho avuto la fortuna di lavorare a diverse inchieste. Negli anni Settanta nacque un giornalismo di inchiesta fatto di passione, determinazione, approfondimento, pazienza, studio. In quel periodo, dedicato prevalentemente a capire e raccontare ciò che ruotava e accadeva intorno alla violenza politica, al terrorismo e allo stragismo. Un modo di fare inchieste che venne denominato, dai suoi detrattori, con il termine di “giornalismo pistarolo”. Perché, effettivamente, in alcuni casi, certi servizi e certe inchieste erano complottistici e ideologici. Ecco, io credo che recuperare l’aspetto positivo di quella esperienza, cioè la ricerca della verità, l’accertamento dei fatti, la ricostruzione di retroscena, senza verità precostituite, bensì con un approccio laico e anglosassone, costituisca un ottimo propulsore per questo mestiere. Ancora oggi.
Mi approprio di una frase di Giuseppe Fava sulla nostra professione. “Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, e le violenze che non è stato mai capace di combattere”.