Stampa e camorra: Saviano
scatena silenzi e contorsioni

IL 30 OTTOBRE hanno ricevuto sepoltura definitiva le accuse puntuali che Roberto Saviano aveva indirizzato cinquanta giorni prima da Mantova contro testate e giornalisti casertani giudicati troppo vicini alla camorra.

Il 30 ottobre la Federazione della stampa, “su proposta dell’Assostampa partenopea”, ha convocato a Caserta la giunta federale e la consulta dei presidenti delle associazioni regionali per “un’iniziativa di denuncia e di sostegno a tutti i colleghi che si espongono nel fare informazione con coraggio e responsabilità in realtà di frontiera; soprattutto a


Domenico Palmiero e Pino De Martino
chi, da Rosaria Capacchione allo scrittore Roberto Saviano, è costretto a vivere sotto scorta e a subire continuamente minacce e attentati, per non rinunciare alla sua missione professionale e civile”.
Gli assenti

La giornata è stata divisa in due appuntamenti: alle 10,30 al teatro comunale di Caserta incontro con “i giornalisti campani”; a fine mattinata trasferimento in pullman a Casal di Principe.
In teatro i "giornalisti campani" in sostanza non c’erano, c’erano rappresentanti degli organismi regionali, c’erano i dirigenti di Fnsi, Ordine nazionale e Inpgi venuti da Roma o da altre regioni, c’erano le autorità locali: il sindaco di Caserta Nicodemo Petteruti, il presidente della Provincia Alessandro De Franciscis, il prefetto Ezio Monaco e il questore Carmelo Casamassa.
Mancavano tutti i direttori delle testate più importanti della Campania: mancava il direttore del Mattino Mario Orfeo, mancava il responsabile delle pagine regionali del quotidiano di Ezio Mauro, mancava il numero uno del Corriere del Mezzogiorno Marco Demarco, mancava il responsabile del Roma Antonio Sasso. Era invece presente il tandem formato dal direttore responsabile, Domenico Palmiero, e dal direttore editoriale, Pino De Martino, che guida i quotidiani Cronache di Napoli e Corriere di Caserta,


Franco Siddi, Enzo Iacopino e Andrea Camporese

quest’ultimo oggetto delle denunce di Saviano.
Sul palco del teatro c’erano il presidente e il segretario della Fnsi, Roberto Natale e Franco Siddi, il

segretario dell’Ordine nazionale Enzo Iacopino, il presidente dell’Inpgi Andrea Camporese, il leader dell'Unione nazionale cronisti Guido Columba e i numeri uno dell’Assostampa partenopea, Enzo Colimoro, e dell’Ordine campano Ottavio Lucarelli, e Michele De Simone, presidente dell’Assostampa casertana, che dettava la scaletta degli interventi.
Una successione di dichiarazioni rituali e di slogan più o meno riusciti: Siddi: “In galera i camorristi, mai le notizie”; Natale, rivolto a Berlusconi: Giornalisti “né ansiogeni, né ansiolitici”; Iacopino: “Se ci sono dei giornalisti collusi con la camorra è di tutta evidenza che noi stiamo dall’altra parte”.
Telegomorra

A interrompere il tran tran ci ha pensato Angelo Pompameo, ex direttore del tg delle emittenti controllate da Lucio Varriale passato l’estate scorsa alla tv di Giuseppe Giordano, l’imprenditore arrestato due settimane fa con i suoi familiari per truffa e altri reati nell’ambito dell’operazione ‘Onde rotte’. Un agitatissimo Pompameo ha fatto irruzione nella sala del teatro chiedendo ad alta voce che venissero immediatamente sospesi i lavori perché all’ingresso c’erano decine di copie del mensile La Voce della Campania, con all’interno buste con la sua faccia e la scritta “Il corvo di Telegomorra”. Sorpresi, perplessi e soprattutto confusi i dirigenti nazionali che dalle parole di Pompameo capivano soltanto che la sua denuncia era in linea con il tema del convegno visto che parlava di Telegomorra; sorpresi anche i rappresentanti

campani. Di fronte alle insistenze di Pompameo si sono mossi il vice presidente dell’Ordine campano Domenico Falco e il presidente Lucarelli, che lo hanno accompagnato fuori dalla sala. E, su


Alessandro De Franciscis, Rita Pennarola e Angelo Pompameo

richiesta di Pompameo, hanno fatto sequestrare le copie del mensile e le buste anonime dall’ispettore capo Antonio Bencivenga, della Digos di Caserta, che ha redatto un verbale di quanto era accaduto.
Poco dopo è andata al microfono Rita Pennarola, condirettore della Voce della Campania, per spiegare che lei e il direttore Andrea Cinquegrani erano all’oscuro delle buste anonime inserite nelle copie del mensile.
A fine mattinata c’è stata la trasferta a Casal di Principe per un incontro pubblico in una villa confiscata a Gaetano Darione, uno dei capi dei Casalesi, destinata a sede dell’Università della legalità. Pochi interventi asciutti; tra questi, il sindaco di Casal di Principe Cipriano Cristiano e Imma
Fedele
, il vice prefetto incaricato di seguire la gestione dei beni confiscati alla camorra. Infine, a chiudere la giornata di riflessione sulla legalità, un buffet ricco e saporito preparato dalla Nco, sigla che non ha niente a che vedere con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, ma sta per Nuova cucina organizzata, una cooperativa di giovani di San Cipriano di Aversa (altro storico centro dei clan casertani), che hanno stordito i giornalisti con 'palle' di riso, pizza di scarola e mozzarella dell'Agro aversano.

L'istruttoria
Torniamo al 7 settembre quando Saviano chiude a Mantova il Festival della letteratura accusando alcuni giornali campani di essere manovrati dai boss della camorra e mostra su un grande schermo i titoli e gli articoli del Corriere di Caserta e di Cronache di Napoli, i due quotidiani controllati da Maurizio Clemente, attualmente sotto processo per estorsione a mezzo stampa. L’autore di Gomorra apre la sequenza dei titoli “con quello che definisce ‘il


Rosaria Capacchione, Maurizio Clemente e Gianluigi Guarino

più doloroso’, 'Don Peppe Diana era un camorrista', che ha distrutto la figura di chi aveva scritto un documento che dava fastidio”.
Il giorno successivo le agenzie lanciano le reazioni, tante, alle denunce di Saviano.

Il primo a intervenire è Giuseppe Giulietti, deputato dell’Italia dei Valori:  “Non è la prima volta che, in modo molto circostanziato, Roberto Saviano parla di presunti legami tra la camorra e alcuni giornali locali”. E continua: “Non si tratta di affermazioni generiche ma trovano riscontri in titoli, avvertimenti e campagne mirate contro don Beppe (alla veneta, in realtà è Peppe, ndr) Diana, contro i preti non rassegnati, contro i giovani dei movimenti anticamorra. Gli aspetti giudiziari di queste vicende sono di competenza dei giudici. Ma queste denunce non possono essere confinate nel silenzio. Per questo siamo certi, conoscendo la sensibilità, della Federazione della stampa e dell’Ordine nazionale dei giornalisti e delle associazioni regionali, che vorranno aprire un’istruttoria”.
Non sappiamo quanto a fondo Giulietti, che pure ha alle spalle una lunghissima esperienza sindacale, conosca la “sensibilità” di Fnsi e Ordine nazionale; sappiamo che dimostra di non conoscere abbastanza la “sensibilità” degli organismi campani. Forse perché riceve informazioni da giornalisti progressisti a Roma e gattopardeschi a Napoli.

La difesa
Prima di vedere le reazioni istituzionali alla accuse dello scrittore che ormai da due anni vive sotto scorta, registriamo le repliche che arrivano dal Corriere di Caserta di ieri e di oggi. Citiamo l’Ansa del 9 settembre, ore 17,50. “A

Saviano va la riconoscenza degli uomini di buona volontà e, dato che io lo sono, anche la mia. Ma Saviano ha copiato il compito. Lo ha copiato da


Cristiano Cipriano, Roberto Natale e Imma Fedele

giornalisti validissimi. Alcuni di loro, in cambio di stipendi di fame, incrociano quotidianamente, nelle aule dei tribunali lo sguardo minaccioso dei ‘cortesissimi’ congiunti di camorristi di ogni risma”. Lo scrive per il quotidiano on line www.casertace.it che ora dirige, Gianluigi Guarino, dal 13 dicembre 2002 al 31 marzo 2007 direttore del Corriere di Caserta”. 
Singolare la dichiarazione di Guarino perché, alle denunce sui rapporti con i clan, replica accusando l’autore di Gomorra di plagio. Verrebbe da dire: che c’azzecca? Non a caso lo stesso lancio Ansa riporta di Guarino un passaggio veloce e autoassolutorio sui titoli terribili citati da Saviano: “Si può discutere su alcune carenze, sull’opportunità di certi titoli, di cui mi assumo per intero la responsabilità per quanto riguarda il periodo della mia direzione. Ma lasciate stare i giornalisti”.
Da Pino De Martino, direttore editoriale del Corriere di Caserta e di Cronache di Napoli, arriva invece un invito a evitare semplificazioni e generalizzazioni. A Iustitia dichiara: “Non ci sentiamo in alcun modo in contrasto con quanto rappresenta oggi Roberto Saviano, simbolo indiscusso della lotta al malaffare. Egli ha il grosso merito di essere riuscito in quello che da anni i nostri giornali cercano di fare: attrarre l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sull’emergenza criminalità in Campania, con particolare riferimento al clan del casertano. Ma non possiamo condividere le generalizzazioni gratuite che infangano l’onorabilità di tanti colleghi e servono


Enzo Colimoro e Ottavio Lucarelli

solo ad alimentare nebbie e confusioni che costituiscono l’habitat ideale per il proliferare della camorra. In molti hanno utilizzato strumentalmente le dichiarazioni dello scrittore, gettando discredito su giornalisti onesti e professionali. Abbiamo già avviato le procedure per difendere, nei modi e nelle sedi opportune, quella onorabilità

violata. I nostri cronisti sono da sempre in trincea nel combattere il malaffare. E questo è dimostrato dagli innumerevoli episodi che hanno visto, anche di recente, giornalisti del ‘Corriere di Caserta’ e di ‘Cronache di Napoli’ subire atti intimidatori e minacce di ogni tipo. Fatti e non chiacchiere, i cui riferimenti oggettivi sono nelle mani degli inquirenti”.

Fnsi e Ordine

È il momento delle reazioni degli organismi di categoria. Con una sola voce, i vertici della Federazione della stampa e dell’Ordine scendono in campo l’otto settembre per esprimere solidarietà allo scrittore napoletano: “Le parole di Saviano prendono di mira stavolta anche le aree di contiguità e di compromissione con gli interessi della malavita presenti all’interno del giornalismo italiano. La nostra solidarietà suonerebbe vuota o ipocrita se fingessimo di non averle lette: è del tutto evidente  che chi è compromesso o anche solo distratto nei confronti della grande criminalità non ha diritto di cittadinanza nel mondo dell’informazione, che si propone invece obiettivi di tutt’altro segno, quelli della trasparenza e della denuncia”.    
Per la verità non si capisce bene perché i vertici di Fnsi e Ordine si limitino a esprimere solidarietà a Saviano, invece di occuparsi di ciò che dice: se ha detto cose false o inesatte va segnalato con chiarezza; se ha detto cose vere bisogna procedere nei confronti di chi usa i giornali per operazioni filocamorra.
Insufficiente la linea nazionale, decisamente peggio quella regionale. Il presidente dell’Assostampa Colimoro, prudente, se la cava aderendo al comunicato nazionale.
Il presidente dell’Ordine regionale Lucarelli invece non ha dubbi e con un comunicato esprime “la piena e convinta solidarietà a tutti i colleghi delle

redazione di Corriere e Cronache di Napoli che da anni sono impegnati quotidianamente in un territorio difficile come quello di due province infestate da criminalità e malavita organizzata”. Una solidarietà neppure sfiorata dalle parole di Saviano, una solidarietà, direbbe Totò, a prescindere.
Sulla stessa lunghezza d’onda il


Renato Rocco e Totò (*)

presidente dei cronisti campani Renato Rocco, che, con una scrittura contorta, afferma: “Il lavoro dei giornalisti è di riportare i fatti, anche se ciò significa scrivere di boss e camorra, di ciò che sostengono. Ma, questo non vuol dire che i cronisti, la stampa subisce il controllo da parte della malavita organizzata. In particolare, quella locale, casertana, come sostiene lo scrittore Roberto Saviano”.
Allora, allarme rientrato; lo garantiscono Lucarelli e Rocco. Ma che fine ha fatto l’istruttoria chiesta da Giulietti? Anche perché l’Ordine giustifica la sua esistenza soltanto con lo svolgimento di due compiti: giudice deontologico della categoria e responsabile della tenuta degli albi.
E che dicono Ordine nazionale e Fnsi dell’istruttoria che a settimane di distanza dalla accuse di Mantova non parte? Iacopino ha a disposizione un facile rinvio in angolo e lo utilizza: “Siamo giudici di secondo grado; non possiamo muoverci se Napoli non adotta iniziative”.
Siddi invece fa sapere che subito dopo i primi lanci delle agenzie chiese notizie a Colimoro e il presidente dell’Assostampa lo rassicurò, dicendo che avrebbe parlato con Lucarelli. Ma Lucarelli spiegò che la questione non poteva essere affrontata perché era in corso una campagna elettorale. L’impegnativo appuntamento fissato per il 5 ottobre serviva a eleggere due pubblicisti, uno all’Ordine regionale e uno all’Assostampa. E ora?

(*) Da www.antoniodecurtis.it