Siani, solo il Roma
scrive fuori dal coro

IL TRENTESIMO anniversario dell’omicidio di Giancarlo Siani ha avuto grande spazio sui media locali, Mattino in testa, e conquistato l’attenzione di alcuni media nazionali. Per l'occasione sono state organizzate manifestazioni di ogni tipo: proiezioni di film, spettacoli teatrali, programmi televisivi, visite nelle scuole, mostre, convegni, dibattiti e persino una partita di pallavolo.
Sono meritorie le iniziative per fare conoscere Siani ai giovani e per ricordare

il lavoro straordinario, l’impegno civile e la determinazione professionale del cronista precario ucciso sul lavoro, ma nel nome di Siani si è creata una cappa con un gruppo di ‘sacerdoti’ detentori di verità intangibili che guarda soltanto al passato ed è ben attento a non toccare gli intrecci di oggi, con una criminalità organizzata che è molto diversa dal 1985, ma non meno radicata e invasiva. Non a caso nell’occasione del trentennale che avrebbe richiesto

Roberto Paolo

un’operazione di scavo profondo su tutto il territorio nazionale per far emergere giovani che stanno lavorando nelle università, istituti di ricerca o associazioni sui temi della legalità e della criminalità, non è stato neanche pubblicato il bando del Premio Siani. La giuria, formata da rappresentanti del Mattino, dell’Ordine dei giornalisti, dell’Associazione Siani e del Suor Orsola Benincasa, ha deciso di premiare gli articoli sulla camorra scritti da Giancarlo Siani dal 1982 al settembre del 1985, raccolti in un volume intitolato ‘Fatti di camorra’, pubblicato dalle Edizioni Iod di Pasquale Testa, con prefazione di Roberto Saviano. Gli stessi articoli erano stati inseriti nella raccolta completa degli scritti giornalistici di Siani curata da Raffaele Giglio, con prefazione di Francesco Barbagallo, pubblicati nel 2007 sempre da Pasquale Testa nel volume ‘Le parole di una vita’.
Tra i tanti articoli sul trentennale, quasi tutti connotati da conformismo e retorica, una delle pochissime voci fuori dal coro è stata quella del vice

Roberto Saviano

direttore del Roma Roberto Paolo, radici sannite, cinquantuno anni a dicembre, da diciassette professionista, che il 25 settembre ha firmato una pagina intitolata Giancarlo Siani e la memoria tradita / Il trentennale un’occasione sprecata”.
Per evitare dietrologie è utile una precisazione preliminare. Paolo ha pubblicato nel novembre 2014 con la casa editrice Castelvecchi un libro intitolato “Il caso non è chiuso / La verità

sull’omicidio Siani”, con il quale, confortato da atti processuali e altri documenti, disegna per l’omicidio Siani uno scenario completamente diverso da quello emerso dalle sentenze emesse in tre gradi di giudizio. Se fosse stato bandito il premio Siani, il libro sarebbe entrato di sicuro nella rosa dei favoriti. E forse questo elemento potrebbe essere uno dei motivi che ha spinto la giuria a non bandire il premio perché le ipotesi avanzate, discutibili ma documentate, sollevano forti dubbi sulle verità acquisite. E veniamo all’articolo del Roma.
Roberto Paolo comincia osservando che il 23 settembre sul luogo dove i killer avevano assassinato Siani non c’era neanche un fiore, mentre “il circo mediatico” si era dato appuntamento a qualche centinaio di metri di distanza, alle rampe a lui intitolate dal comune. Mette poi in evidenza che il Mattino, che “ogni anno commemora” Giancarlo “con premi, cerimonie e discorsi

aveva pubblicato la foto del sindaco Luigi De Magistris che depone una corona di fiori con “l’incredibile didascalia: rampe Siani. La cerimonia sul luogo dove venne ucciso Siani”. E aggiunge: “Persino loro ignorano il vero luogo della morte dell’ex giornalista abusivo”.
Segnala poi un’attenzione intermittente del Mattino sui cronisti nel mirino della camorra perché soltanto qualche settimana fa ha completamente ignorato le minacce e

Francesco Barbagallo
i danni ad auto e scooter subiti dal cronista giudiziario del Roma Fabio Postiglione, tacendo persino sui comunicati di Ordine e sindacato giornalisti.
Affronta infine il nodo del contesto in cui è maturata la decisione dei clan di uccidere Siani. E scrive che persino Armando D’Alterio, il pm che nel ’93 ha ripreso a indagare sull’omicidio ed è riuscito ad arrivare a sentenze che hanno dato nomi e cognomi a killer e mandanti, ammette che quell’assassinio “a trent’anni di distanza ha ancora zone di penombra”. Il 24 settembre, intervistato da Giuliana Covella per il quotidiano Metropolis, D’Alterio dichiara: “se volete davvero conoscere la verità storica dovete andare a rileggere le centinaia di pagine degli atti giudiziari sul caso proprio come faceva Siani con le sue inchieste”. E il pm si domanda: “si è accertato tutto? Sicuramente no, per la complessità di quella verità”.
Ma come si fa a seguire la strada indicata da D’Alterio, cioè la rilettura degli
Armando Caputo

atti, se questi sono di difficile reperibilità?
A questo punto Roberto Paolo dà la notizia più importante: la Fondazione Trame festival di Lamezia Terme, presieduta da Armando Caputo, su input del giornalista del Roma, ha creato e reso operativo dal 23 settembre sul sito www.tramefestival.it un archivio digitale disponibile per tutti con gli atti giudiziari relativi alla vicenda Siani che potrà essere eventualmente arricchito con nuovi

documenti. Ad esempio il pm D’Alterio potrebbe far avere al Trame festival la corposa richiesta di rinvio a giudizio da lui firmata venti anni fa. E va detto che l’iniziativa di Trame festival è particolarmente importante perché copre un vuoto di conoscenza diffusa di cui inspiegabilmente non si sono mai occupati il Mattino, l’Associazione Siani e la Fondazione Polis.