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Mattino, per l'art. 28
si decide il 16 ottobre
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TIRA UNA BRUTTA aria nelle aule dei tribunali per Francesco Gaetano Caltagirone e i suoi uomini del Mattino. L’imprenditore siculo-romano viene descritto nei verbali di interrogatori di Stefano Ricucci, riportati da Giuseppe D’Avanzo su Repubblica, che racconta di trame, di intrighi e di interventi della massoneria, come uno dei registi delle principali operazioni |
economiche e finanziarie degli ultimi anni. Un ruolo che gli viene riconosciuto dal procuratore Giovanni Ferrara e dai sostituti
Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli della procura di Roma che a giugno lo hanno iscritto nel registro degli indagati insieme all’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio.
Non è messo bene neanche il
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Antonio Fazio e Massimo Garzilli |
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direttore generale del Mattino Massimo Garzilli, che il 21 giugno è stato rinviato a giudizio dal gip Rosa Anna Saraceno con l’accusa di concorso in bancarotta preferenziale, nonostante avesse rafforzato la difesa affiancando a Marinella De Nigris l’avvocato Massimo Krogh e depositato la consulenza di uno dei maggiori civilisti italiani, il professore Pietro Rescigno. La prima udienza del processo è fissata per l’otto novembre davanti ai giudici del collegio b della sesta sezione penale.
Prima però, nella veste di rappresentante legale del Mattino, Garzilli ha un altro appuntamento a palazzo di giustizia. Il 16 ottobre il giudice del lavoro Linda D’Ancona si pronuncerà sulla denuncia per attività antisindacale nei confronti dei dirigenti del Mattino spa presentata nello scorso novembre dall’Associazione napoletana della stampa, allora presieduta da Gianni
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Marcello De Luca Tamajo, Marinella De Nigris, Massimo Krogh
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Ambrosino, che con Enzo Ciaccio e Francesco Romanetti fa parte del cdr.
L’Assostampa ha già incassato un successo notevole. Il 6 febbraio, con un’ordinanza di dodici pagine, il giudice Fabrizio Amendola ha accolto il ricorso
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d’urgenza presentato per la Napoletana dall’avvocato Lucio Giacomardo. Una decisione importante perché sancisce che il riposo settimanale previsto dal contratto giornalistico non dipende dai giorni lavorati nell’arco della settimana, in linea con l’interpretazione più volte ribadita dalla Federazione della stampa attraverso i pareri firmati dal direttore Giancarlo Tartaglia.
Intanto il 10 luglio il giudice D’Ancona ha respinto la richiesta di mezzi istruttori avanzata dall’avvocato del Mattino Marcello De Luca Tamajo all’udienza del 5 giugno. La richiesta di prove testimoniali si sarebbe infatti risolta in un’inutile passerella di testi, dal momento che le posizioni della Fnsi e della Federazione editori sono già agli atti grazie alle memorie e ai documenti presentati dalle parti.
La sentenza in arrivo sulla condotta antisindacale non lascia del tutto tranquilli i dirigenti del Mattino che dopo l’ordinanza di Amendola avevano provato a inasprire i rapporti sindacali, salvo poi correggere la rotta, probabilmente su
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consiglio dei legali preoccupati dell’impatto negativo sui giudici di altre iniziative di attacco. I vertici del giornale hanno però continuato a ripetere in sedi non ufficiali che il |

Gianni Ambrosino, Enzo Ciaccio e Francesco Romanetti |
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comitato di redazione vuole lo scontro e che questa scelta potrebbe avere conseguenze molto negative per il giornale.
In realtà su una linea di scontro si attestano i dirigenti del giornale rispondendo niet a tutte le richieste della redazione, tanto da costringere il cdr a varare un pacchetto di cinque giorni di sciopero e a convocare un’assemblea per l’undici giugno. La scelta di una difesa forte delle prerogative dei giornalisti viene portata il 13 giugno all’attenzione dei lettori con la pubblicazione di un lungo documento seguito dalla risposta aspra dell’azienda. A questo punto scende in campo una minoranza della redazione, che presentandosi come una sorta di soggetto terzo tra azienda e sindacato, chiede la ripresa del dialogo, con lo stop immediato agli scioperi già proclamati. Una iniziativa anomala che, nonostante il grande successo conquistato dal sindacato in sede giudiziaria, è nei fatti molto vicina alle posizioni dell’azienda e indebolisce il cdr alla vigilia
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Massimo Baldari, Armando Borriello e Claudio Scamardella
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della stretta decisiva sulla denuncia per attività antisindacale nei confronti dei dirigenti del giornale. In calce all’appello una quarantina di firme con molti graduati: tra gli altri, Maria Chiara Aulisio, Massimo Baldari, Armando Borriello, Francesco De Core, |
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Vittorio Del Tufo, il capo della cronaca Giampaolo Longo, Generoso Picone, il redattore capo vicario Sergio Troise, i responsabili delle redazioni di Roma (Gino Cavallo), Benevento (Enrico Marra) e Salerno (Mariano Ragusa) e Claudio Scamardella. Napoletano di Bacoli, quarantotto anni a dicembre, da quindici professionista, Scamardella è il responsabile del secondo dorso del giornale, la cronaca, e si sente maturo per un incarico di maggior prestigio: la vice direzione o, in caso di partenza di Orfeo, anche la direzione del Mattino.
L’iniziativa dei critici del sindacato si rivela però un flop, sgonfiato subito da una durissima replica del cdr. “Il comitato di redazione – scrivono nella replica Ambrosino, Ciaccio e Romanetti - sente il dovere di interrogarsi su quanto avvenuto e di ribadire regole e princìpi elementari dai quali non ha alcuna intenzione di derogare. Il cdr rappresenta la redazione nei confronti di direttore ed azienda. Nessuno all'interno della redazione, a maggior ragione in presenza di una vertenza, ha titolo per tentare di recitare la parte di ‘soggetto terzo’ tra rappresentanza sindacale e suoi interlocutori. Da questo punto di
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vista l'iniziativa messa in atto, oltre che irrituale, risulta di grave pregiudizio per l'esercizio dell'attività sindacale. A tale proposito il cdr ha deciso di informare dell'accaduto il collegio dei probiviri dell'Associazione napoletana della stampa”.
Il 22 giugno, a due |

Maria Chiara Aulisio, Giampaolo Longo e Generoso Picone |
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settimane dall’udienza davanti al giudice D’Ancona, c’è un nuovo tentativo di rilanciare l’iniziativa, con la richiesta di un’assemblea sottoscritta da poco più di trenta redattori. All’assemblea del 4 luglio però i presenti sono davvero pochi, ci sono soltanto sei interventi e, soprattutto, sono assenti gli ‘alti ufficiali’ che avevano firmato l’appello per fermare le iniziative del comitato di redazione. |
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