LE FRODI SPORTIVE

Natura giuridica del reato e sue conseguenze sui temi di prova.
A questo punto devono esaminarsi i singoli delitti di frode sportiva  in vista dei quali, secondo l’Accusa fu costituita l’associazione per delinquere.
Prima di analizzare ed interpretare gli elementi di fatto posti a fondamento di questo thema probandum è necessario affrontare le delicate e molto complesse questioni giuridiche che sono state proposte e sviscerate dalle parti e che caratterizzano questo tipo di reato.
Deve premettersi che la norma in esame – art 1 legge 401/89 - prevede al comma primo, due tipi di condotte illecite, la prima è quella di  chiunque offre o promette denaro od altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal CONI…o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni  ad essi aderenti , al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo è punito…; il comma 2 della norma prevede l’applicazione delle stesse pene  al partecipante alla competizione che accetta denaro o altra utilità o vantaggio  o ne accoglie la promessa; il comma 3 della disposizione prevede un aggravamento di pena nel caso in cui il risultato della competizione, come nei reati per cui è processo, sia influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati.
Nel caso in esame la contestazione riguarda il compimento di altri atti fraudolenti diretti a raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, con l’aggravante di cui al comma terzo.
Si tratta di un tipo di formulazione nota nella legislazione penale, generalmente definita clausola di chiusura, che tende a reprimere il compimento di illeciti non precisamente descritti nell’incriminazione ma la cui dimensione penalmente rilevante è data nella fattispecie dal rimando al compimento di  altri atti fraudolenti.
  Secondo un’impostazione largamente condivisa, la natura giuridica di questo reato è di un reato di pericolo presunto, in cui il pericolo non è considerato elemento costitutivo della fattispecie ma come pericolo astratto per la collettività, con presunzione iuris et de iure che non ammette prova contraria; con l’ulteriore conseguenza che, come di regola avviene in questa categoria di delitti,  è considerato reato perfetto il compimento di atti diretti ad offendere un bene ritenuto meritevole di protezione anticipata, poiché di rango elevato; assumono, cioè, rilievo per l’integrazione della fattispecie criminosa anche condotte che non riescono a conseguire il risultato vietato dalla legge e, dunque, atti idonei e diretti a ledere il corretto svolgimento delle competizioni sportive indipendentemente dal fatto che detta lesione si verifichi.
Si tratta, ancora, di un reato con condotta a forma libera, nella quale la nozione di altri atti fraudolenti non appare sovrapponibile a quelle classiche di artifizi e raggiri impiegate nel delitto di truffa, concetti, questi ultimi, forniti senza dubbio di maggiore capacità individuante di comportamenti illeciti. D’altra parte le due norme – quella in questione e l’art 640 cp - hanno oggetto giuridico diverso, la prima il leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive ed in ultima analisi anche l’affidamento che il pubblico fa in esso, mentre la seconda è posta a tutela dell’integrità patrimoniale. In proposito è utile aggiungere quanto condivisibilmente precisato dal PM – anche mediante una bella citazione di uno dei massimi penalisti italiani, Nuvolone, riferita proprio alle partite di calcio – che la norma incriminatrice di cui all’art 1 legge 401/89 è nata proprio per le consistenti difficoltà applicative delll’art 640 cp alle competizioni sportive.
Si può, altresì, osservare che l’introduzione di questa figura di illecito penale speciale e, dunque la sua ratio legis, risponde  alla duplice esigenza di semplificare l’accertamento probatorio della tipologia di reati e di estendere l’area dei comportamenti punibili oltre i confini classici della truffa.
 Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato la giurisprudenza ha chiarito che deve verificarsi il dolo specifico, poiché l’alterazione del risultato non è un evento naturalistico che deve necessariamente verificarsi nella realtà, coerentemente con la natura di reato di pericolo, ma un semplice scopo che deve essere senz’altro presente nella mente dell’agente.
In sintesi la frode sportiva può definirsi un delitto di comportamento, la cui antigiridicità deriva dalla pericolosità della condotta attuata dagli agenti.
Come si è accennato i suindicati principi sono largamente condivisi dagli addetti ai lavori ed in proposito deve segnalarsi che essi sono nella quasi totalità ripresi anche nelle memorie difensive.
 In questa breve ma necessaria digressione giuridica non può prescindersi dalla fondamentale sentenza resa dalla SC in una fattispecie concreta diversa, riguardante la somministrazione di doping  a calciatori, ma nella quale fu coinvolta la stessa società juventina con il suo amministratore delegato Giraudo, il medico sociale ed altri.
In detta pronuncia, che appare specialmente chiara, per cui alcuni dei suoi passi sono riportati di seguito, sono ricavabili principii interpretativi di gran lunga utili ad orientarsi nella risoluzione delle questioni poste dal processo.  
Invero, la sentenza nr 21324 del 29.3.07 di Cass Sez 2, dopo aver ribadito che la norma in questione è stata emanata per sopperire ad una sostanziale carenza di strumenti sanzionatori nel settore, evidenziando i già illustrati limiti di applicabilità dell’art 640 cp,  ha ritenuto utile riportare i contenuti della Relazione illustrativa nella quale si legge che “la normativa mira alla salvaguardia nel campo dello sport di quel valore fondamentale che è la correttezza nello svolgimento delle competizioni sportive”; finalità, del resto, che secondo la SC risulta agevolmente dallo stesso testo della norma, che individua un dolo specifico costituito dal fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione.
Dopo aver chiarito che la disposizione in esame ha una latitudine assai ampia ma in ogni caso determinata e che la natura fraudolenta dell’atto, richiesta dall’incriminazione, esclude ogni violazione del principio di determinatezza e di tipicità, la decisione che qui si accoglie prosegue con passaggi invero ancora utili per il caso oggetto di giudizio.
Infatti, i Supremi Giudici si intrattengono proficuamente sui concetti di correttezza e lealtà che sostanziano la norma, precisando che è corretto il risultato ottenuto rispettando le regole del gioco ed è leale quello ottenuto ponendo in contrapposizione sul campo i soli valori agonistici : ne consegue che la legge presenta una precisa oggettività giuridica volta a vietare condotte che ledono il dovere di correttezza è [e di lealtà nde] ed è tesa a tutelare il genuino risultato della competizione, a rispettare l’alea connaturata ad ogni competizione sportiva che non deve essere fraudolentemente alterata.
Nel proseguire il ragionamento la decisione individua ed isola un’ ulteriore nozione, applicabile alla fattispecie concreta in esame, stabilendo che la condotta rilevante ai fini dell’integrazione della norma deve consistere in un espediente occulto, in un artifizio capace di alterare il genuino svolgimento della competizione, con palese violazione dei principi di lealtà e correttezza
Tra i destinatari della norma in parola vi sono sicuramente gli arbitri che, secondo il DPR 157/ 86 - art 36 – partecipano, nella qualifica loro attribuita, allo svolgimento delle manifestazioni sportive per assicurarne la regolarità e principi analoghi sono contenuti nella specifica normativa interna; invero, secondo l’art 38 co 1 del Regolamento AIA agli arbitri è affidata la regolarità tecnica e sportiva delle gare, nella osservanza delle regole del gioco del calcio e delle regole disciplinari vigenti ed il successivo art 40 stabilisce che  gli arbitri sono tenuti a svolgere le proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza di giudizio, nonché a comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva con trasparenza, correttezza e probità.
Dunque dalla legislazione statuale e di settore è ricavabile uno stringente dovere per i direttori di gara di esercitare le proprie funzioni  con obbligo di imparzialità, per assicurare la regolarità tecnica e sportiva delle gare, nonché un impegno costante di correttezza e probità con riguardo alla sfera dell’attività sportiva.
  Applicando i condivisibili principi enunciati dalla SC riguardo all’interpretazione della disposizione incriminatrice in parola, e le normative innanzi citate alle fattispecie concrete, se ne ricava che ai fini dell’applicazione della norma penale vengono in rilievo tutte le regole che sono finalizzate a garantire un risultato corretto e giusto intendendo per tale quello prodotto del  rispetto delle suddette regole; tra esse quella – ricavabile dal citato art 36 DPR 157/ 86 ed in ogni caso insita nel sistema - che prevede che la gara deve essere giudicata da un arbitro imparziale, figura che, secondo le disposizioni citate, deve assicurare la regolarità della partita; infatti, la presenza di un arbitro imparziale garantisce che la gara sia svolta secondo le regole del giuoco e disciplinari, che siano in contrapposizione sul campo i soli valori agonistici e, quindi, che la gara stessa sia leale, conseguendone, altresì, il rispetto dell’alea connaturale ad ogni competizione sportiva.
Al contrario la sola presenza di un arbitro di parte viola ognuna delle prescrizioni che governano lo svolgimento affidabile delle sorti della gara, sbilancia a favore di una squadra l’alea dell’incontro e, vulnerando l’oggetto giuridico che la norma intende tutelare - il risultato genuino secondo la chiara espressione della SC - integra una condotta che lede il dovere di correttezza e di lealtà, ciò a prescindere dai comportamenti concreti dei direttori di gara nella sua conduzione.
In definitiva, e per tornare ai fatti oggetto di processo, se la presenza come direttore di gara di un arbitro di parte fu prodotta da un espediente occulto ad opera di taluno degli imputati, il delitto fu perfezionato, considerata la sua natura di reato di pericolo presunto,essendosi adottato dagli imputati stessi un comportamento idoneo, teso ad alterare il genuino risultato della gara, senza che vi sia bisogno dell’accertamento di una decisione di favore concretamente adottata nel corso della partita; il contributo che l’arbitro e/o l’assistente non imparziale conferisce al perfezionarsi del reato consiste nell’essere a disposizione delle mire illecite degli altri e quindi nel prestarsi ad  arbitrare a favore di una delle squadre, ledendo in radice il bene-interesse della regolarità della gara, la cui tutela è per legge a lui affidata.
In proposito vale la pena aggiungere, senza per questo accettare l’opinione di qualche difensore, secondo cui sarebbe necessario verificare in concreto la condotta di gara dei direttori, che un ingiusto sviluppo della partita può essere determinato ad esempio anche da atteggiamenti assunti in campo, tendenti ad es ad enfatizzare la propria autorità, da costanti segnalazioni di fuorigioco adottate ai danni di una sola squadra, da sanzioni inflitte prevalentemente nei confronti di calciatori di una delle due contendenti, dall’uso di pesi e misure diversi per pari comportamenti di gioco degli atleti; si tratta di modi di agire che, senza essere di volta in volta decisivi, trasmettono il chiaro senso di parzialità del direttore di gara, influendo, così, sullo svolgimento corretto della partita.
 Il tema probandum, perciò, non è sulle singole valutazioni tecniche dell’arbitro ma sulla sua imparzialità e indipendenza di giudizio, intese, quindi,  come assenza di vincoli con gli uni o gli altri dei partecipi alla competizione, che ne condizionino la complessiva direzione di gara, incidendo sul suo giusto risultato, nel senso più volte precisato.

ELEMENTI PERTINENTI ALLE  FRODI SPORTIVE

Prima di passare all’esame dei dati probatori inerenti le singole frodi pare opportuno richiamare per cenni alcune considerazioni già svolte sui  designatori e gli arbitri che furono, ovviamente, tra i protagonisti di queste vicende.
In particolare deve ricordarsi il fortissimo interesse economico, oltre che di prestigio nel settore, che i primi avevano verso la loro riconferma, nonché quello altrettanto serio che i singoli arbitri avevano nel fare carriera e ad arbitrare il maggior numero di incontri, poiché ogni incontro era retribuito con gettone, e gli arbitri internazionali avevano diritto ad un gettone più cospicuo; la logica  conseguenza era che una  punizione dai designatori - di regola l’ allontanamento dalle gare - costituiva una forte penalizzazione economica oltre che una battuta d’arresto per la carriera; questa condizione di fatto favoriva, per logica ed esperienza comune delle cose, un atteggiamento di conformismo ai desiderata dei vertici.
Ai fini della migliore comprensione dei fatti e per chiarezza di esposizione è utile premettere che secondo l’impostazione di accusa, dagli atti emergono tre diversi modi di realizzazione delle frodi.
Il primo fu quello delle cosiddette ammonizioni mirate, riguardanti cioè, calciatori di squadre prossime avversarie della Juventus che, essendo già sanzionati per precedenti comportamenti, sarebbero stati squalificati a seguito di nuova ammonizione; secondo il PM  in alcuni casi dette ammonizioni sarebbero state preordinate allo scopo di indebolire i prossimi avversari della società bianconera.
In proposito alcune conversazioni intercettate sono esplicative della proposizione accusatoria.
Tra queste va riproposta quella di Settembre 04 tra Giraudo e Moggi a proposito dell’arbitraggio di Dattilo in Udinese Brescia che, se fosse stato più bravo avrebbe dimezzato ( così Giraudo) la prima, in vista della partita con la Juve; la portata di detta conversazione sarà soppesata in seguito, ma fin d’ora se ne deve evidenziare il valore indiziante circa l’uso di tale sistema di alterazione del corretto risultato soprtivo da parte degli imputati
Inoltre, va segnalato il discorso del 3 Dicembre 04  in cui Moggi parlava con tale Garufi col telefono sotto controllo e ricevette una telefonata sulla sua utenza riservata da un’altra utenza svizzera, attribuita all’arbitro Racalbuto; risultò, così, palese in questa occasione il contenuto del colloquio e nello stesso tempo si riscontrò un possibile uso delle utenze riservate;   Moggi commentò la partita difficile che era toccata all’altro e poi gli disse: perché qua a me mi serve  per la…eh ..ok  .. Dondarini  .. [ arbitro di Juve- Lazio del prossimo turno nde] . A me quello che mi serve è.. Fiorentina Bologna … in modo particolare quello mi serve in particolare.. il Milan, di avanzare nelle ammonizioni per fare le diffide.. tanto comunque ne parliamo stasera… La sera del 5 Dicembre, dopo le partite, il  giornalista Damascelli si riferì proprio alla partita in precedenza menzionata da Moggi e parlando con quest’ultimo, così commentò l’arbitraggio di De Santis … DE Santis ha fatto il delitto perfetto c’abbiamo i tre difensori del Bologna fuori, ..squalificati tutti e tre.. e,alla domanda di Moggi su chi fossero  i diffidati, rispose indicando i nomi dei giocatori ammoniti nel match, cioè i difensori titolari del Bologna, che, quindi, sarebbero stati squalificati per la successiva  partita con la Juve; per completezza va osservato che in una conversazione di mesi succesivi la medesima direzione di gara di De Santis in Fiorentina Bologna, fu oggetto di un commento di severità spropositata da parte del dirigente milanista Meani, che ne parlò con Bergamo, accostando le ammonizioni inflitte ai bolognesi alla loro condizione di diffidati ed alla successiva squalifica per la partita con la Juve; la risposta del designatore non smentì l’ipotesi maliziosa dell’altro ma in una certa misura la confermò..
Le due conversazioni di cui sopra furono contestate all’indagato Moggi nel  corso dell’interogatorio ed egli così rispose “…ma io dico è auspicabile… ma io queste cose qui non le ho mai fatte …” ed a seguito di ulteriori osservazioni del PM, continuò “….quello che in pratica viene fatto per curare gli interessi della società di calcio è osservare tutto quello che avviene ed io potrei aver detto ad una persona sarei contento… sarebbe bello se si verificassero cose di questo genere ma … non ho chiesto favori … di questo tipo… non credo di aver detto mi serve…”. Il valore difensivo di tali affermazioni è pressocchè nullo, poiché si limitano a negare il testuale dato letterale, proponendone un’interpretazione edulcorata e, nel quadro complessivo dei dati probatori acquisiti, la considerazione della versione difensiva non fornisce alcun contributo idoneo a spiegare la prova in senso alternativo a quello proposto dall’Accusa.
 Il 20 Marzo 2005 ancora Meani fu chiamato pochi minuti dopo la gara Fiorentina Inter da uno degli assistenti, Contini, che l’aveva condotta insieme all’arbitro Bertini; costui gli segnalò l’ammonizione da parte di Bertini di Viali, giocatore della squadra viola, che la domenica succesiva doveva incontrare la Juve….guardati l’amonizione di Viali… è diffidato; quello stesso giorno, con un altro assistente, Meani riprese l’argomento avvicinando di nuovo l’ammonizione e la conseguente squalifica con la prossima partita della Juventus e definendo tutto un giochino sporco .
Le valutazioni di Meani devono essere pesate con speciale rigore poiché provenienti da un diretto concorrente della Juve esse però, furono ripetute in contesti diversi e con diversi interlocutori, tra cui Bergamo, che non vi rispose in modo da sgombrare il campo dalle illazioni dell’altro ; in ogni caso va, invece, posto in rilievo il peso indiziario della segnalazione dell’assistente di gara Contini, poiché provienente da chi era sul campo insieme all’arbitro ed aveva le competenze tecniche necessarie per valutare la fondatezza o meno dell’ammonizione, intendendosi chiaramente nel contesto discorsivo, che l’uomo la riteneva ingiustificata e dunque frutto di volontà precostituita.
Alla luce delle considerazioni precedenti e per quelle che in seguito saranno svolte con riguardo ai capi di imputazone, e nel compendio di prove complessivo, deve ritenersi provato che i risultati di diverse gare di calcio furono artificiosamente determinati da simili espedienti posti in essere da arbitri legati agli altri imputati, recependo loro sollecitazioni.
In proposito è necessario rispondere ad alcune osservazioni dei difensori che hanno inteso sminuire l’incidenza dell’assenza di un calciatore da una gara in ragione delle sue qualità tecniche, ed hanno evidenziato che quasi sempre i soggetti squalificati nelle partite con la Juve non erano di caratura tale da essere determinanti per il risultato sportivo.
Devono ribadirsi le considerazioni gia fatte sul perfezionamento del reato che non richiede il verificarsi dell’evento e per completezza,  sul piano del mero apprezzamento di fatto, considerarsi che in questione non è il valore tecnico individuale del giocatore ma il suo ruolo all’interno della squadra, essendo il calcio uno sport collettivo, la mancanza di un tassello dell’organizzazione, incide negativamente sui meccanismi  di funzionamento della squadra nel suo insieme, dovendo solo aggiungersi che qualsiasi calciatore schierato titolare è un elemento  importante per il migliore rendimento della sua squadra e, quindi, la sua assenza la indebolisce a prescindere dalla sua cifra tecnica personale.
 Il secondo metodo di perpetrare le frodi riguarda la formazione delle griglie.
In proposito deve solo farsi cenno alla telefonata notturna del 9 Febbraio 05 tra tra Bergamo e Moggi circa la composizione delle fasce arbitrali e l’inserimento di singoli nominativi o l’esclusione di altri, già riportata, commentata e valutata, all’ammissione da parte dei due diretti interessati di aver sostanzialmente seguito una prassi in tal senso, nonché agli altri dati già rassegnati, come le conversazioni del 3 Dicembre 2004 e del 10 Gennaio 05, in cui Moggi anticipò alla segretaria Alessia i nomi degli arbitri e addirittura quelli degli assistenti che non erano ancora stati resi pubblici ed ai numerosi discorsi intrattenuti lungo tutto l’arco del campionato in cui appuntamenti telefonici ed uso di telefoni speciali erano collegati al “sorteggio” degli arbitri .
 A tale ultimo riguardo ed a solo titolo di esempio devono essere rammentate:  la conversazione di Settembre 04 tra Moggi e Pairetto in cui, dopo aver acquisito la certezza che quello stesso giorno si sarebbero svolti i sorteggi arbitrali per le prossime partite, il primo si sentì dire dal secondo … Si, si, per mercoledì, solo che non ho la… è a casa ….. comunque abbiamo  impostato adesso  bene… E’ tutto ok…  e gli stessi si diedero un appuntamento telefonico per le successive 21,30; quella del del 24 Novembre, due giorni prima del sorteggio, in cui Moggi chiamò Bergamo, che lo tranquillizzò riguardo a qualcosa di cui non parlarono esplicitamente ed i due si dettero appuntamento verso le 23 ma non furono registrate telefonate sui telefoni “ordinari”; quella del 5 Gennaio 2005 , durante la quale Moggi mentre parlava  su un’utenza ordinaria ricevè una telefonata  su altra utenza riservata da qualcuno che a sua volta  parlava da utenza segreta e riferì di un precedente colloquio “ Morganti si deve sta a casa dopo il casino che ha combinato  si mette a casa .. Morganti non ha capito come funziona …ed ancora se davo retta a lui MOrganti andava in prima griglia .. non la deve fare.. ora vediamo le partite di domani e poi decidiamo;  la PG accertò che in seguito per due turni Morganti non arbitrò;quella del 27 Maggio, di sera, quando Moggi chiamò Bergamo ma, non trovandolo, parlò con sua moglie ed il giorno seguente conversando con la donna Bergamo  assicurò… lo chiamerò domani mattina prima che siano pronte le griglie… .
La valutazione combinata di queste prove e delle altre di cui via via si è dato conto, induce a considerare accertato – per i motivi ampiamente innanzi esposti - che la cogestione delle scelte degli arbitri fosse un metodo costantemente attuato dagli imputati nel corso di quel campionato.
Il terzo sistema di perpetrazione delle frodi consisteva nei sorteggi  truccati.
Su questo aspetto rese informazioni Manfredi Martino,uomo da tempo inserito nella CAN e poi segretario della  FIGC che, con la cautela tipica dell’ambiente e con qualche intuibile sforzo riferì, in plurimi ed abbondanti verbali, solo pochi dati utili. Tra questi sono degni di nota i seguenti: le palline usate per i sorteggi erano usurate e con abrasioni della vernice, in specie quelle gialle con i bigliettini indicanti gli arbitri; la prassi corretta avrebbe previsto che Pairetto estraesse le palline con la partita e leggesse ad alta voce la partita stessa; solo dopo di ciò, un altro addetto al sorteggio doveva, a sua volta, estrarre il bussolotto giallo col nome dell’arbitro; questo prevedeva la procedura, del resto analoga a procedure simili in tema di estrazione; tuttavia, secondo Martino, le cose si svolgevano in un clima amicale e rilassato, non temperato dalla presenza di un austero ( in teoria ) notaio, e vi era modo che Pairetto indugiasse disinvoltamente per aver tempo di individuare la pallina gialla – riconoscibile per segni di usura - che il giornalista stava per prendere e solo allora estraeva la sua pallina e leggeva la gara; tanto, secondo Martino, avvenne certamente per l’incontro Juve Milan che, data l’importanza  si volle far arbitrare al miglior arbitro, cioè Collina.
 Deve rilevarsi che le notizie fornite da Martino ebbero riscontro da positivi accertamenti di PG; invero, i solerti CC per due volte si recarono – è da credere sotto mentite spoglie – a metà ed alla fine del campionato, presso le sedi dove si svolgevano i sorteggi e verificarono in entrambi i casi che le importantissime sfere contenenti i nomi degli arbitri e delle gare da abbinare tramite sorteggio erano riempite ed  imbustate prima in luogo e modo riservato e poi portate all’estrazione in buste sigillate, come in effetti riferito anche da Martino.
  La valutazione degli elementi probatori sul punto induce a ritenere provato, nel compendio complessivamente emerso, che il “sorteggio” in realtà non era tale e, cioè, affidato alla dea bendata ma che, al contrario, era ampiamente pilotato – espressione del resto più volte adoperata dai designatori su argomenti attinenti alle scelte degli arbitri; invero, possono considerarsi certi gli elementi della riconoscibilità delle sfere e della rilassatezza dell’ambiente, anche perché rispondenti a criteri di verosimiglianza e comune esperienza delle cose; queste acquisizioni, valutate insieme alle riservate modalità di inserimento dei bigliettini ed imbustamento dei bussolotti, inducono a ritenere che il modo di svolgimento del  cosiddetto sorteggio non era ostativo a possibili manovre fraudolente, originate e provenienti dagli accordi tra gli imputati, di cui vi è piena prova in atti, essendo, invece, compatibile con  la loro pratica.

Schede riservate e loro attribuzione agli imputati.

Poiché nella disamina degli elementi di prova sulle frodi sportive assume una parte importante la questione dell’esistenza delle schede riservate e del loro uso sembra utile rammentare quanto già in precedenza scritto su questo tema, trattandosi di un dato certo in atti.
In particolare per cenni sono qui richiamati: i positivi accertamenti di PG circa la vendita di utenze svizzere a persona incaricata da Moggi ; l’occasione che fece venire in luce tale strumento e cioè la conversazione notturna del 9 Febbraio 2005 in cui Bergamo chiamò una utenza svizzera intestata ad un settantenne e rispose  Moggi,  che alla fine diede a Bergamo i codici per ricaricare le schede, aspettando la sua telefonata per l’indomani mattina in un ristretto arco di tempo, con ciò implicitamente  ricordandogli di usare sempre la scheda riservata per trattare determinati argomenti attinenti gli arbitri; nonché la frase finale di  Moggi : avevo pensato di cambiare… che ebbe come conseguenza la cessazione del traffico telefonico su quella scheda nello stesso mese; l’interrogatorio di Bergamo  in cui ammise di aver ricevuto da Moggi un apparecchio cellulare con schede non italiana e con il quale comunicava con Moggi stesso e con Pairetto; l’informazione proveniente dallo stesso Bergamo che anche il designatore Pairetto si era dotato di un tale canale di comunicazione riservato; le dichiarazioni di Gianluca Paparesta 7.6.2007 e di suo padre, nelle quali, come ampiamente innanzi resocontato, si legge con chiarezza che Romeo Paparesta ebbe a disposizione per un lungo periodo  - da Settembre 2004 a Giugno 2006 - più schede riservate per contattare Moggi ed il sua alter ego Fabiani, all’epoca dirigente della società Messina calcio.
Deve in questo passaggio aggiungersi che nelle dichiarazioni del fornitore di schede De Cillis rese ai CC il 27 Maggio 06, si legge che egli iniziò a venderle a Bertolini, esponente della Juventus che agì per sua ammissione per conto di Moggi, nel Giugno 2004 e che in seguito gli acquisti si ripeterono per 10 o 11 volte ed ogni volte riguardavano più schede, tre - quattro; dunque il dato numerico complessivo ricavabile da questa positiva acquisizione è coincidente col numero di schede, cui la PG risalì partendo dalle prime nove.
Per completezza devono porsi in rilievo le conversazioni su utenze sotto controllo in cui da parte degli interlocutori fu fatto chiaro riferimento alla necessità di comunicare ulteriormente con altri mezzi, dandosi allo scopo precisi appuntamenti per colloquiare, non riscontrandosi, peraltro il relativo dialogo.
Questa prassi è illustrata da più conversazioni, alcune già citate, ma che in questo passaggio sono proposte di nuovo.
Il 15 Settembre 2004 Pairetto chiamò Moggi e gli chiese di accendere poiché aveva qualcosa di urgente da riferirgli, ricevendone rassicurazione; analogo il contenuto dell’interlocuzione tra i medesimi soggetti del 18 Settembre, in cui il designatore fece presente a Moggi di aver provato a sentirlo ma che non era raggiungibile e l’altro rispose : tra dieci minuti; sempre i due di cui sopra nello scambio di battute del 20 Settembre, in cui Moggi chiese …Ma che fate oggi i sorteggi? Per Mercoledì, per tutto… e Pairetto rispose ..si, si, per Mercoledì, solo che non lo ha è a casa. Devono ancora essere ricordate le conversazioni in cui Moggi parlò contemporaneamente con un utenza sotto controllo ed un’altra, invece, ignota alla PG ricevendo in entrambi i casi telefonate da altre utenze straniere, come ad es quella di gennaio 2005 in cui se la prese con l’arbitro Morganti.
Tutti gli accertamenti riguardanti l’uso di dette schede sono condensati nelle informative di PG del 28 Marzo, 13 Luglio e 1 Dicembre 2007, che danno conto della sistematicità del lavoro della PG che, partendo dalle prime nove schede , i cui estremi furono forniti dal loro venditore De Cillis, pervenne ad individuare altri due gruppi di schede di analoghe caratteristiche, evidenziandosi anche l’uso di schede di gestore sloveno e del Lichtenstein.
Questi dati non sono tutti utili alla presente decisione proprio in ragione della loro analiticità ma vale la pena  segnalare che il metodo usato per l’attribuzione di esse ai singoli imputati - usuari è corretto e ne è dato trasparentemente conto.
 Invero, deve sottolinearsi che la PG pervenne all’individuazione dei soggetti che usufruivano delle utenze riservate, partendo dalle prime nove, delle quali il venditore fornì gli estremi, tramite l’analisi delle celle telefoniche agganciate durante le conversazioni, associando in seguito tali dati, che esprimono per forza di cose i luoghi più frequentati dalle persone sotto indagine, con le persone stesse  attraverso altri criteri. Ad es. nel caso del principale conversatore sotto copertura, cioè Moggi, fu riscontrato che le utenze riservate da lui usate agganciavano con consistente ripetizione celle telefoniche ubicate in Torino, sua città di residenza, Napoli, luogo di dimora per congrui periodi - per di più in zona ricomprendente la sua abitazione - e Monticiano (SI), suo paese di origine; nelle stesse occasioni utenze cellulari in uso a Moggi ma non straniere, quindi sotto controllo, frequentemente agganciarono le medesime celle, costituendo questo dato un riscontro positivo alle logiche deduzioni di cui sopra ; inoltre le celle agganciate talvolta ed estemporaneamente si trovavano in città di regola non frequentate da Moggi come ad es in Palermo il 5 Gennaio o in Cagliari il 16 Gennaio 2005 ma in quelle date si disputarono  gli incontri di calcio della  Juventus con le formazioni locali e, dunque, l’apparente eccentricità di tali informazioni rispetto alle altre si risolse in una conferma della bontà del metodo seguito; per altri imputati, come Bergamo, oltre agli stessi criteri, individuandosi le celle in Firenze,Livorno, Collesalvetti, luoghi ove il designatore lavorava e viveva, furono acquisiti dati positivamente inequivoci come i contatti con il cellulare della moglie e della propria abitazione; analogamente avvenne per Paparesta Gianluca, per cui l’utenza in analisi agganciò prevalentemente  celle poste in Bari , sua città di residenza e lavoro ma anche quella funzionante in Coverciano, in occasione di uno degli incontri tra gli arbitri, quando peraltro anche altre utenze di arbitri si collegarono a detta cella, nonché ebbe contatti con telefono fisso di certo in disponibilità della madre.
L’efficacia del sistema di accertamento usato dalla PG nei casi in esame è denotata anche da alcuni incroci con utenze certamente riferibili agli interessati, come ad es nel caso di Dattilo, la cui utenza straniera, già assegnata con i soliti criteri, contattò anche utenze intestate a se stesso ed alla moglie, confermando con sicurezza la bontà del metodo investigativo usato dagli inquirenti.
Ad abundantiam ed a comprova di quanto appena concluso, vanno ricordate anche le ammissioni fatte da alcuni degli interessati, come Bergamo e Paparesta, di aver usato schede di gestori stranieri, potendo in particolare averne la disponibilità indiretta Paparesta Gianluca di quella data al padre da Moggi.
Se ne deve trarre un giudizio di validità generale circa la congruità del metodo investigativo usato dagli inquirenti riguardo allo scopo di individuare gli usuari delle schede segrete.
Sul punto è molto utile ricordare che alcune difese in sostanza non hanno contestato la disponibilità e l’uso di schede prospettandone uno scopo alternativo; invero, secondo qualcuno, dovevano servire a difendere le trattative di “mercato” nelle quali Moggi era notoriamente maestro, da tentativi di spionaggio industriale provenienti dalla società di Massimo Moratti; per supportare questo argomento si è fatto cenno a vicende, emerse in seguito in altro procedimento penale, nelle quali sembra esservi traccia di attività di raccolta di informazioni da parte di un dipendente di Moratti, ex dipendente Telecom, che avrebbe sfuttato allo scopo questo precedente ruolo.
Va, in contrario, osservato che questa tesi non regge alla prova dei fatti poiché, pur non potendo in astratto escludersi che Moggi avesse previsto l’uso di canali di comunicazione segreti allo scopo difensivo suddetto – come peraltro da lui stesso non dichiarato in interrogatorio – e salva la verifica della compatibilità temporale delle due situazioni, non spiega come nel caso oggetto di giudizio tali schede furono destinate ed usate in massima parte dall’ambiente arbitrale, ivi compresi i vertici, che di certo nulla aveva a che fare con gli intrecci riguardanti la “compravendita” di calciatori tra società.
 In sostanza dagli atti emerge che per conto di Moggi furono acquistate presso De Cillis schede svizzere e di Slovenia Mobile in numero di 39 e che il lavoro degli investigatori riuscì ad attribuirne 29, di cui 8 a Moggi, 3 a Fabiani, 2 a  Bergamo, 3 a  Racalbuto, due a Pairetto, due a Paparesta, - che peraltro  ammise l’uso di un numero maggiore di schede - 2 ad Ambrosino, 2 a Pieri, 1 per ciascuno a Cassarà, Dattilo,De Santis, Gabriele. Vale la pena aggiungere che anche la dichiarata parzialità dell’accertamento è indice rivelatore della correttezza complessiva degli investigatori, che dettero trasparentemente atto dei limiti del loro lavoro.
Per quanto riguarda gli imputati del presente giudizio, l’uso di schede riservate costituisce prova a carico di Pieri, Cassarà e Gabriele, pertanto, se ne tratterà ora in maniera approfondita riservando al seguito l’illustrazione e valutazione degli altri elementi probatori pertinenti alle loro posizioni.
 A Pieri la PG attribuisce l’uso di due utenze svizzere, la prima dal  26 Ottobre 04 al 24 Marzo 05 e la seconda  dal 26 Dicembre 04 al 29  Marzo 05, risultando così coperto quasi l’intero arco del campionato di calcio e dunque delle partite che egli poteva arbitrare; il collegamento con dette utenze avvenne, come detto, in base alle celle agganciate nel corso del loro uso ed in proposito deve evidenziarsi che la prima utenza prevalentemente si collegò con celle site nel Comune di Capannori (LU), luogo di dimora e residenza di questo imputato e, tra Gennaio e Febbraio 2005, anche con impianti installati in località Coverciano, in corrispondenza temporale con i raduni  arbitrali tecnico atletici,cui egli partecipò, per di più in dette occasioni furono riscontrati anche agganci di altre utenze di arbitri già sotto controllo; nei primi tre mesi dell’anno e simmetricamente a partite cui Pieri partecipò come ufficiale di gara, l’utenza  in questione si riferì alle celle di città ove per l’appunto si svolgevano le medesime partite, come ad es Reggio Calabria, Roma, Vicenza, Salerno; secondo il resoconto degli investigatori con detto telefono l’usuario contattò un’ utenza di  Moggi per  266 volte  in uscita e 151 in entrata,  
Analoghi accertamenti furono condotti con riguardo all’altra scheda straniera attribuita a Pieri – 958 finale - per la quale occorre evidenziare che essa apparteneva al primo gruppo di nove, di cui il rivenditore De Cillis dette gli estremi alla PG, e dalle quali partirono i successivi sviluppi investigativi, essendo, pertanto, certo per prova diretta che proveniva da Moggi; secondo il resoconto degli investigatori con detto telefono l’usuario contattò due utenze di  Moggi per  65 volte  in uscita e 29 in entrata, nonché quella del coimputato Fabiani 19 volte in uscita e 27 in entrata e quella del collega Cassarà per alcune volte.
  Per Cassarà deve annotarsi che la scheda a lui attribuita è una di quelle acquistate da Bertolini per conto di Moggi ed intestata a De Cillis, trattandosi anche in questo caso di un dato certo poiché proveniente dal medesimo venditore e fu in uso all’arbitro nel periodo dal 17 Novembre 04 al 15 Maggio 05, cioè per buona parte dello svolgersi del campionato di calcio; con detta utenza l’imputato contattò Moggi su due cellulari 13 volte in uscita e tre in entrata e Fabiani 14 in uscita e 23 in entrata, nonché il collega e coimputato Pieri. Il sistema di attribuzione della scheda fu il solito, dovendo mettersi in luce che essa agganciò prevalentemente celle site in Palermo, città di residenza e dimora dell’arbitro, nonché quella di Coverciano in occasione di uno dei raduni cui l’imputato partecipò e quelle poste a Verona, in coincidenza con due partite di calcio colà svoltesi a Febbraio e Marzo 05 e dirette dall’imputato.
 Per quanto riguarda l’imputato Marco Gabriele valgono gli stessi criteri di accertamento operati per i coimputati, in particolare evidenziandosi che le celle in prevalenza agganciate erano in Frosinone, sua città di residenza e dimora, che vi furono collegamenti con la cella di Coverciano in corrispondenza con uno dei raduni in cui egli fu presente; il periodo di uso  fu dal 30.12.04 al 15.2.05 e l’utenza fu individuata in base al traffico telefonico delle prime nove; detta utenza nel periodo di riferimento contattò quella del coimputato Moggi 61 volte in uscita e 90 in entrata, oltre che quella del coimputato Fabiani.
Devono ora prendersi in considerazione alcune osservazioni dei difensori, che hanno inteso mettere in discussione dedotti punti di debolezza del metodo di attribuzione delle schede di cui si è finora scritto.
In proposito non può condividersi la notazione secondo cui la stessa  PG non avrebbe dato certezza circa i risultati degli accertamenti, riferendone in termini di probabilità e non di sicurezza; in contrario è facile replicare che dette espressioni sono dovute ad opportuna e giusta cautela, ispirata  dal rispetto del ruolo ricoperto dalla PG nei confronti dell’AG e che di certo dalle apprezzabili parole usate non può discendere un vincolo di giudizio né per il PM, che ha autonomamente elaborato i risultati delle indagini,né per il Giudice che  adotta criteri diversi nella valutazione complessiva dei fatti da provare.
Né possono accettarsi le critiche esplicate dalla difesa di Pieri, secondo la quale le celle di Capannori, agganciate dalle sue utenze si troverebbero sulla direttrice autostradale e quella ferroviaria Firenze - Livorno, e quindi potrebbero essere collegate ad un’utenza di un soggetto tra i molti abitualmente in transito in quella zona; in contrario deve notarsi che detta spiegazione non tiene conto degli agganci della medesima utenza con il Centro di Coverciano, quando Pieri vi fu presente e con le città ove arbitrò.
Né può concordarsi con l’opinione secondo cui l’incrocio tra le  telefonate di Pieri e Moggi non sarebbe concludente sul piano probatorio, essendo entrambi i dati incerti; sul punto deve rilevarsi che questo argomento dimentica che Moggi, come pure altri coimputati, non contestò l’uso di telefoni riservati e che è positivamente accertato che per suo conto furono comprate moltissime schede, di cui una buona quota fu direttamente da lui usata, essendo quindi certo per prova diretta che Moggi aveva in disponibilità schede analoghe a quella che Pieri contattò, come pure è certo che utenze in chiaro di Moggi e sue utenze riservate si collegarono alle medesime celle nel medesimo contesto spazio-temporale.
     Neppure hanno pregio le considerazioni proposte dalla difesa di Cassarà circa l’impossibilità di raggiungere da Palermo le sedi ove questi arbitrò, dal che si dedurrebbe che non fu lui ad usare la scheda segreta nei due giorni degli incontri, poiché si fondano su una affermazione  indimostrata e che non ha in conto i possibili itinerari alternativi. Deve ancora rilevarsi per quanto attiene la memoria difensiva prodotta da Gabriele che essa fa riferimento ad un periodo d’uso ( Luglio – Dicembre 04) che non è quello che emerge dagli atti e che il PM ha citato nella sua requisitoria.
Infine, va evidenziato che gli apparenti errori circa il numero di contatti tra i medesimi soggetti in occasione di partite di calcio, che inducono la difesa di Pieri a valutare erroneo l’intero sistema di attribuzione delle utenze, in realtà non provano lo scopo dedotto poiché essi riguardano solo la quantità dei contatti e non l’attribuzione delle schede, su cui la prima non ha influenza; d’altra parte anche in questo caso è trascurato che i soggetti citati dal difensore, Moggi e Bergamo, sono tra quelli che hanno ammesso o non hanno contestato il possesso di schede riservate  e, dunque, eventuali sbagli della PG su dettagli del loro uso per nulla incidono sul risultato complessivo dell’attività di attribuzione delle schede, invece confermato dagli stessi interessati.
Per completezza deve precisarsi che neppure nelle dichiarazioni difensive di Pieri si trovano concreti elementi utili ad inficiare la congruità degli elementi di carico suindicati, poiché egli si limitò a dire di non aver mai parlato al telefono con Moggi e Fabiani, ridadendo in udienza di non aver posseduto schede riservate.
In conclusione ed in sintesi ed alla luce delle considerazioni precedenti deve ritenersi che i tre imputati Pieri, Cassarà e Gabriele ebbero effettivamente la disponibilità delle schede straniere attribuite loro dagli inquirenti.

Analogamente ad es  l’art 422 cp che prevede il delitto di strage.

Cfr ad es  memoria difensiva per Dondarini

Intitolato nuove norme di attuazione della legge 426/42 sulla costituzione del CONI

Cfr info cit pag 62-64

Cfr trascrizione integrale dell’interrogatorio di Moggi del 15 Maggio 2006 pagg 35 e ss.

oggetto di imputazione nel decreto di guidizio

Da info 2 NOv 05 pagg 26 e ss

Per quest’ultima cfr pag 82 INfo Nov05

Cfr amplius info CC rono Roma pag 68

cfr info 2 Nov 05 pag 78

info 2 NOv pag 10 e ss,

Cfr in info 28.3.07n pagg4-5.

Cfr info 28 Marzo 07 pag 16

Cfr info 28 Marzo 07 pagg16-18

Cfr info 1.12.077 pagg 17-21

Cfr info Dicembre 07 pag 46

Cfr info 1 Dic 2007 tabella riassuntiva pag 47

Tutti i dati riguardanti questa utenza sono contenuti in info 1 Dic 2007 pag 21-24

Cfr info 1.12.07 pag 37-39.

Cfr info 28.3.07 pag 3-7 e pagg 45-48 dove sono illustrati gli accertamenti per l’attribuzione.

Cfr info 28.3.07 pagg 4-7

I dati relativi sono in info 28.3.07 pagg 49-51

Cfr info 28.3.07 pagg 4-7

Cfr  pag 3 memoria Settembre 2009.