Valutazioni conclusive sul delitto di associazione per delinquere.
A questo punto deve affrontarsi il delicato tema della sussistenza del delitto associativo e deve rispondersi doverosamente ad alcune critiche difensive circa la configurabilità stessa di un reato previsto da una norma incriminatrice molto seria riguardo a fattispecie concrete, evidentemente giudicate non idonee ad incidere sui temi della sicurezza e della tranquillità sociale.
In proposito devono richiamarsi le ampie considerazioni sviluppate in premessa circa la notevole importanza del calcio inteso come fenomeno sociale e soprattutto della sua dimensione economico-finanziaria, che di certo lo inserisce tra i settori produttivi di primo rilievo nell’economia del Paese, e che negli ultimi anni ne costituisce il vero motore; ciò è tanto vero che le società di calcio, per gestire al meglio le proprie attività, si sono date ormai da anni la forma della società per azioni ed alcune di esse da qualche tempo sono quotate in borsa.
Né deve dimenticarsi che le frodi sportive addebitate agli imputati, cui era finalizzata la dedotta associazione per delinquere,hanno natura giuridica di reato finanziario e che sono connotate dall’aggravante di cui al comma terzo della norma in parola, poiché il risultato delle competizioni alterate era sempre influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici, come il Totocalcio o simili giochi autorizzati.
Ne deriva una valutazione di primaria importanza degli interessi che detta norma intende tutelare, essendo norma finanziaria, cioè, finalizzata alla protezione dei modi attraverso i quali lo Stato si procura i mezzi per assicurare alla collettività i servizi pubblici che, pertanto tutela, un bene-interesse rientrante, in senso ampio, nell’ambito degli interessi generali e dei principi fondamentali dello Stato.
Se un’associazione di persone, quindi, si costituì ed agì allo scopo di compiere reati in violazione di tale norma, con ragione deve sussumersi nella fattispecie incriminatrice in parola, poiché idonea a mettere in pericolo l’ordine pubblico, inteso in senso lato come insieme delle regole che tutelano tali beni-interessi e principi.
Per completezza si osserva che il concetto di ordine pubblico che, invece, sembra ispirare la posizione difensiva cui si replica, appare coincidere con l’insieme delle leggi che garantiscono la sicurezza pubblica, e che da tempo tale nozione è superata dalle elaborazioni giurisprudenziali.
Deve, quindi, ribadirsi in astratto la piena configurabilità della fattispecie incriminatrice ex art 416 cp ai fatti oggetto del processo.
Fatta questa osservazione preliminare, vale la pena operare una brevissima rassegna dei principi della giurisprudenza della SC su alcuni degli aspetti essenziali del delitto ex art 416 cp.
In proposito si richiamano alcuni criteri specialmente chiari, e proposti anche da molti difensori, sugli elementi costitutivi del delitto di associazione per delinquere.
Orbene, secondo l’interpretazione tradizionale e condivisa, per integrare il delitto in parola sono necessari la formazione e la permanenza di un vincolo associativo continuativo tra tre o più persone allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti, con la predisposizione comune dei mezzi occorrenti per la realizzazione del programma delinquenziale e con la permanente consapevolezza di ciascun associato di far parte del sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per l’attuazione del programma. Secondo una larghissima opinione giurisprudenziale, che si ritiene di condividere, l’elemento maggiormente tipizzante del reato associativo è costituito dal binomio vincolo associativo – consapevolezza di appartenere al sodalizio, tradizionalmente ed efficacemente definito come affectio societatis scelerum, che sul piano probatorio, può essere desunto anche da fatti concludenti, quali la continuità, la frequenza e l’intensità dei rapporti tra i soggetti, l’interdipendenza delle loro condotte, la predisposizione dei mezzi e la stessa efficienza dell’organizzazione, nonché, ovviamente, dal compimento di attività delittuose conformi al piano associativo, quando dai modi di esecuzione e da altri dati possa risalirsi all’esistenza del vincolo stesso.
Per quanto riguarda la differenza tra delitto associativo e concorso di persone nel reato va richiamato il principio pacifico e consolidato secondo cui l’elemento che discrimina le due fattispecie …è costituito dalla natura dell’accordo criminoso, poichè nel concorso di persone nel reato l’accordo avviene in via occasionale e accidentale per il compimento di uno o più reati determinati, con la realizzazione dei quali l’accordo si esaurisce; nei delitti associativi, invece, l’accordo criminoso è diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, che precede e contiene gli accordi concernenti la realizzazione dei singoli crimini e che permane dopo la realizzazione di essi ( cfr ex multis Cass SEz 6 sent 5649 del 97).
Fatta questa rapida e necessaria premessa deve ora affrontarsi il problema dell’eventuale aderenza degli elementi probatori già rassegnati allo schema della norma incriminatrice ed alla sua interpretazione di giurisprudenza.
Come sempre accade in questa materia va osservato che in mancanza di prove dirette circa la costituzione dell’associazione, anche in questo caso, la prova dell’esistenza del sodalizio va desunta dagli indici rivelatori, prima ricordati.
In proposito è necessario richiamare tutto quanto scritto nella prima parte della sentenza, in cui si è dato conto dell’esistenza dei rapporti diuturnamente mantenuti tra gli imputati, con assidua frequenza tra loro ed intensità dei contatti in modi diversi, sostanzialmente quotidiani, e sempre finalizzati alla preparazione ed organizzazione delle condizioni più adeguate alla perpetrazione dei delitti fine, nonché alla realizzazione degli stessi.
Di seguito se ne sintetizzano solo i dati ritenuti più emblematici, avvertendo, peraltro, che al fine della migliore comprensione del tema di prova sono valide tutte le osservazioni e valutazioni in precedenza sviluppate, che, per quanto utile, integrano anche la presente parte di motivazione ed alle quali espressamente si rimanda.
A tale proposito assumono importante peso probatorio le plurime riunioni avvenute periodicamente tra gli imputati Moggi, Giraudo, Bergamo, Pairetto, Lanese e Mazzini, non essendo necessariamente tutti costoro sempre presenti ma in ogni caso messi a parte degli esiti e coinvolti, o prima o dopo, nelle eventuali determinazioni; importante rilievo assume ai fini in esame anche, per i motivi già esplicati, l’incontro - avvenuto a Maggio 2005 - tra Bergamo, il Vice Presidente Figc Mazzini ed i Della Valle, poiché l’avvicinamento degli esponenti della società di Firenze a Begamo, avvenne a seguito del placet dato da Giraudo e con il contributo di Moggi che, subito, ne divenne paladino.
Come si è illustrato e valutato in precedenza, anche trattando delle singole frodi sportive, in molte di tali riunioni, oltre a rinsaldarsi i legami tra chi vi partecipava, secondo quanto in precedenza osservato, furono concordate le fasce degli arbitri, all’interno delle quali operare il sorteggio, nonché, talvolta, anche la diretta assegnazione di partite ad arbitri e/o l’esclusione di determinati direttori di gara dall’intero sorteggio; tanto avvenne ad esempio nell’incontro del 21 Settembre 2004 ed in quello dell’8 Febbraio 2005 e nella successiva conversazione tra Moggi e Bergamo, riguardante specificamente questo oggetto e l’esclusione degli arbitri Collina e Bertini, i cui dati sono stati più volte esaminati e che per evitare inutili appesantimenti del testo non sono ora riproposti.
Tra le riunioni va segnalata in specie quella del 21 Dicembre in Torino tra Pairetto, Moggi, Giraudo e Lanese, riguardo alla quale vale la pena sottolineare che il giorno successivo al telefono Lanese e Pairetto commentarono l’incontro della sera precedente con le seguenti espressioni : Pairetto : tutto molto bene penso si possa lavorare bene… Lanese siamo rimasti che ci rivediamo a gennaio e facciamo un check.. ricevendo il consenso di Pairetto sulla necessità di incontrarsi periodicamente;nel corso della stessa giornata l’incontro fu di nuovo oggetto di uno scambio di idee tra Lanese e Moggi : stai tranquillo… c’è il massimo della collaborazione disse il primo al secondo.
In proposito deve con ragione ritenersi che nell’incontro si esplicitò una comune volontà di pianificare ulteriori futuri appuntamenti a cadenza regolare, che in realtà vi furono; deve, altresì, osservarsi che la valutazione dell’intero materiale di prova, ed in particolare dei due discorsi di Lanese, induce a ritenere che il Presidente AIA ed i designatori assicuravano il massimo della collaborazione verso aspettative e progetti di cui Moggi e la sua società erano portatori e, quindi, verso la programmazione delle ulteriori frodi, poi realizzate, sancendo così, quanto di fatto già stava accadendo, come si è scritto esponendo gli elementi probatori riguardanti il periodo precedente al 21 Dicembre.
Un altro incontro che pare opportuno ricordare fu quello del 17 Febbraio 2005 tra Pairetto,Mazzini, Moggi, Giraudo e Lanese, il cui oggetto fu - come già annotato - l’organizzazione interna della FIGC e su cui deve ribadirsi il giudizio di grave anomalia, già motivatamente espresso, e che, ai fini del delitto associativo, va interpretato come importante momento di rafforzamento dell’associazione, poichè ciascuno dei partecipi portò e rappresentò il suo interesse specifico, risolvendolo nel perseguimento del fine comune; invero, gli juventini erano in corsa per vincere il campionato, Pairetto, interessato alla riconferma a designatore ed in posizione di preminenza rispetto ai giudici di gara, illegittimamente era al loro fianco, spalleggiato da Lanese, che a sua volta, nella sua qualità, garantiva per l’intera categoria di cui era presidente, Mazzini assicurava il coinvolgimento della Federazione ed il suo personale.
La forte commistione e compromissione delle rispettive funzioni,così realizzata - di cui si è gia scritto - costituisce elemento seriamente indiziante di un vincolo molto stretto esistente tra gli imputati, dotato di specifica autonomia, in ossequio ed adempimento del quale, ciascuno abdicava a parte delle sue legittime prerogative per portare avanti un comune programma di iniziative illegittime ed illecite, riguardanti l’andamento del campionato di calcio, tramite la commissione delle frodi di più risultati sportivi e l’organizzazione del settore, realizzando il quale ognuno avrebbe trovato anche il suo tornaconto.
Quanto all’efficienza del sodalizio, altro sicuro indice rivelatore della sua esistenza, va sottolineato che esso raggiunse tutti gli scopi già programmati e quelli che, nel corso degli eventi, si propose di conseguire.
Sul punto è necessario e sufficiente rimarcare che, attraverso le diversificate attività illecite di cui si è dato conto, la compagine riuscì a determinare l’esito del campionato di calcio sia con riguardo all’assegnazione della vittoria finale alla Juventus - all’evidenza scopo principale del gruppo - sia con riguardo alla retrocessione in serie inferiore, cui illecitamente fu sottratta perlomeno la Fiorentina.
Per il perseguimento di tali scopi i sodali ebbero a disposizione più arbitri, tra cui, per quanto riguarda le evidenze probatorie di questo processo, gli attuali imputati Pieri e Dondarini, coautori di frodi sportive; la compagine, peraltro, esercitò uno stringente potere sulla categoria, influendo sulla progressione in carriera dei singoli, con la designazione a partite di prestigio o al contrario con la sospensione dall’attività o l’affidamento prevalente di incontri di poco rilievo, di cui pure si è innanzi scritto.
Un aspetto del collegamento tra la categoria arbitrale e la compagine in esame è dato dalla protezione dalle critiche manifestate nel corso delle trasmissioni televisive di commento sportivo - delle quali si è segnalata più volte l’importanza e la considerazione di cui godevano nel settore - assicurata a diversi arbitri dopo direzioni di gara di parte e quindi, da taluno criticate; protezione funzionale a non appannare l’autorevolezza del direttore di gara di riferimento e nel contempo a rinforzarne il legame col gruppo di controllo dal calcio. Devono in proposito ricordarsi le esplicite richieste di Moggi verso uno dei conduttori televisivi per quanto riguarda l’opera dell’arbitro Dattilo, oltre che in occasione del match con l’Udinese di cui al capo d), anche in un incontro in cui non era impegnata la Juve; quelle per coprire Pieri dopo il suo arbitraggio nella partita Bologna Juve di Dicembre 04, nonché le insistenze in favore dell’arbitro Racalbuto dopo Cagliari Juve, nella quale egli convalidò un gol della seconda viziato da un fuorigioco evidente di 50 cm, quando, ai deboli tentativi di resistenza dell’interlocutore, Moggi rispose perentorio bisogna che l’accorci… i 50 cm devono diventà 20 .
L’altra faccia di questa medaglia era costituito dal potere di interdizione espresso in più occasioni da Moggi, come ad es, nel citato caso dell’arbitro Morganti, responsabile, ai suoi occhi, di aver applicato la regola sulla sospensione per impraticabilità del campo in un incontro in cui la squadra del Messina – sotto l’ala protettrice di Moggi secondo l’imputazione - era in vantaggio; nel caso degli arbitri Collina e Rosetti, esclusi da un turno per concorde volontà punitiva di Moggi e Bergamo durante il dialogo notturno del 9 Febbraio; nel caso degli assistenti della partita Reggina Juventus del 6 Novembre 2004, che da quel giorno e per motivi largamente spiegati non parteciparono più a gare dei bianconeri; nel caso degli altri assistenti Babini e Coppola che non furono mai scelti per dirigere partite della Juventus.
L’esistenza dell’associazione e la sua penetrante efficacia risultano dimostrate con chiarezza anche dall’esercizio di questo potere di veto, espresso da Moggi, ma che coinvolgeva per logica l’intero gruppo che aveva grande potere sulla categoria degli ufficiali di gara, militandovi anche i designatori ed il massimo vertice dell’AIA, oltre che Giraudo.
Sul punto specifico del condizionamento degli arbitri, in particolare da parte della società torinese - oltre alla gran messe di dati che sono stati illustrati e valutati nel corso della precedente esposizione - deve ora darsi conto di quanto riferito, sia pure con molta cautela da una “voce di dentro”, cioè dall’assistente Babini; costui, riferendo al PM del vero motivo per cui egli non era scelto per collaborare alla conduzione di gare della Juventus disse :” tra noi si discuteva in ordine a questo pseudo sistema Juventus che cercava di controllare tutto e tutti e che quindi era diventato tra noi colleghi ed altri addetti al mondo del calcio un vero tormentone”
I componenti del gruppo che amministrava di comune accordo il campionato di calcio ebbero lo scopo comune di programmare e compiere una serie indeterminata di delitti, come si ricava dalla chiara acquisizione processuale secondo la quale essi organizzarono le frodi sportive non solo con riguardo ad incontri di calcio in cui era impegnata la società juventina, ma furono aperti ad ogni altra occasione illecita, come verificatosi duranta l’impresa di salvataggio della Fiorentina, cui parteciparono anche Giraudo e Moggi in modo determinante; detta iniziativa, in sé illecita, poiché realizzata con le attività fraudolente di cui si è scritto, a sua volta ebbe per voluta conseguenza l’aumento del prestigio e della forza del gruppo nei confronti dell’intero settore ed in specie degli esponenti di quella società che, come si è visto, in precedenza erano ad essa contrari.
Sotto il profilo del livello di organizzazione strutturale del delitto associativo - che occorre riscontrare in atti per inquadrare nella relativa incriminazione il gruppo di quelli che cogestivano il calcio - deve premettersi che la giurisprudenza di legittimità si è evoluta nel senso di ritenere sufficiente a configurarlo l’esistenza di una semplice e rudimentale predisposizione comune di attività e mezzi tra gli associati. In particolare secondo Cass Sez 6 sent 10725 del 98 “ Elemento essenziale del delitto è l’accordo associativo, che crea un vincolo permanente a causa della consapevolezza di ciascuno di far parte del sodalizio e di partecipare con contributo causale alla realizzazione del programma criminale. Tale essendo la caratteristica del delitto, ne discende a corollario la secondarietà degli elementi organizzativi, che si pongono a substrato del sodalizio, la cui sussistenza è richiesta nella misura in cui dimostrano che l’accordo è seriamente contratto… sotto un profilo ontologico è sufficiente un’organizzazine minima perchè il reato si perfezioni e la ricerca dei tratti organizzativi non è diretta a dimostare l’esistenza degli elementi costitutivi del reato ma a provare, tramite dati sintomatici, l’esistenza del’acccordo…”
Detti principi appaiono specialmente calibrati con riguardo ai fatti in esame ed in proposito è necessario e sufficiente dare il giusto valore ai dati - già rassegnati e ponderati - delle costanti e cadenzate riunioni tra i vari protagonisti dei fatti, in cui essi si organizzavano con riguardo agli obbiettivi illeciti da perseguire, che costituivano il modo principale di svolgimento della vita e delle attività del gruppo,dimostrando, nel contempo, per facta concludentia, l’esistenza del legame associativo tra coloro che vi prendevano parte.
Altra acquisizione da ponderare sul punto è costituita dall’uso di schede riservate da parte di più imputati.
Con riguardo a tale ultimo profilo va osservato, oltre quanto già scritto, che nel periodo in cui fu in vita l’associazione a delinquere, fu accertata la disponibilità e l’uso di 29 schede straniere da parte di alcuni dei coimputati, tra i quali - per quanto apprezzato nel processo - Moggi, Bergamo,Pieri, Gabriele, Cassarà, Racalbuto.
La possibilità di impiego di tali oggetti, dei quali ovviamente si riconosce il relativo valore patrimoniale, fu, invece, molto importante per raggiungere gli obbiettivi della compagine in questione, poiché, -come si è già più volte scritto - essi costituivano il mezzo necessario agli imputati per colloquiare in modo sicuro con riguardo, in special modo, alla formazione delle griglie arbitrali nonché, in prossimità delle partite di calcio, con gli arbitri che dovevano dirigerle, cui in precedenza erano state affidate.
D’altra parte il possesso ed il conseguente uso di schede segrete deve essere considerato, oltre che come predisposizione di un minimum di mezzi comuni, come sintomo, insieme ai precedenti, di appartenenza all’associazione e del vincolo associativo tra i possessori e gli usuari.
Esempi di tale possesso ed utilizzo sono stati fatti in abbondanza nel presente testo ed a quelli si rimanda.
La quantità di schede, la consistenza del loro uso e la essenziale strumentalità al raggiungimento degli scopi del sodalizio, sono dati che inducono a ritenere questo elemento di fatto, valido, in unione agli altri rappresentati, ai fini dell’integrazione del requisito della predisposizione comune di attività e mezzi del delitto associativo.
Va osservato che anche le accertate iniziative del gruppo tendenti ad ingerirsi negli ambiti riservati agli organismi isitituzionali, come la Figc e/o associativi, come la Lega, furono momenti di estrinsecazione della vita e dell’attività dell’associazione, dimostrandone altresì, la forza e furono utili a rinsaldare i legami al suo interno ed a rafforzarla, in vista del primario obbiettivo di condizionare gli esiti del campionato di calcio.
In proposito è necessario e sufficiente ricordare quanto già scritto a proposito delle insistenze di Giraudo per far estendere il deferimento di Zeman alle dichiarazioni sulla Juve e di quelle di Moggi in occasione della temuta apertura di un’inchiesta sull’arbitro Racalbuto; in entrambi i casi, i due si rivolsero al Segretario Figc Ghirelli, le cui risposte rassicuranti ed in qulche misura timorose sono indizio della contemplazione da parte sua delle pressioni attuate dagli interlocutori, che mal si accordano alla semplice qualità di esponenti di una società con pari dignità delle altre e, invece, concordano con l’attribuzione di un potere più esteso e penetrante nel settore, logicamente ascrivibile all’appartenenza ad un gruppo associato.
Sotto il profilo in esame va, altresì,rimarcato quanto osservato riguardo alla riunione del 17 Febbraio 2005 e quanto emerso per l’elezione del Presidente di Lega Galliani ed al coinvolgimento strumentale in esso di Lotito.
Da ultimo deve attribuirsi valore, ai fini in esame, anche alla effettiva perpetrazione dei delitti scopo, in vista dei quali la compagine agiva, che furono conformi al programmma associativo, la cui esecuzione, altresì, fu chiara manifestazione dall’esistenza del vincolo associativo stesso; si pensi su quest’ultimo aspetto, a solo titolo di esempio, alle espressioni usate da Mazzini dopo l’incontro di calcio vinto, come fortemente voluto dai coimputati, dalla Fiorentina sul Chievo.. quando ci si mette le mani noi…diglielo ai tuoi amici .. deve fare due telefonate a me ed a lui.. , in cui fu esplicito l’attribuzione di merito della vittoria ad un gruppo di persone, alcune delle quali - lui stesso e Bergamo – andavano ringraziate anche per riconoscimento del ruolo svolto.
Alla luce di tutte le considerazioni di cui sopra, nonché delle illustrazioni e valutazioni sviluppate in precedenza e, quindi, nel complessivo compendio probatorio accertato, deve dichiararsi che l’entità che più volte è stata finora definita come gruppo Moggi o di coloro che cogestivano le cose del calcio o con concetti simili, fu un’associazione per delinquere, così qualificabile ai sensi dell’art 416 cp.
Critiche ricavabili da memoria della difesa Giraudo, pag 9.
episodio citato sub capo d)
Cfr info Nov 05 pagg 87-88
|