Tgr, budget speso male

Cara Iustitia, sono un giornalista Rai ormai in pensione, conoscevo e conosco il problema delle risorse a supporto del lavoro dei giornalisti.
È vero, negli anni la Rai, ma non solo la Rai, ha esternalizzato diversi ruoli, prima i programmisti, poi gli autori di programmi, quindi operatori e montatori. Senza addentrarci troppo in analisi di carattere generale, veniamo al budget. In base ai miei ricordi quello annuale della tgr Campania è poco più di 600mila euro annui, che divisi per il costo di una troupe di 4 ore con montaggio, che costa 400 euro, significa 1500 troupe all’anno, quattro ogni giorno. Da questo conto, come erroneamente affermato nel comunicato dell’assemblea dei redattori pubblicato da Iustitia, vanno esclusi i servizi dedicati ai tg  nazionali che quando chiedono una prestazione alla sede regionale pagano col loro budget la prestazione in oggetto, onere del quale si avvantaggia, ovviamente, la stessa tgr Campania che manda in onda un servizio a costo zero. E da questo conto vanno escluse le immagini ‘regalate’ dagli organizzatori di eventi o manifestazioni, come si usa dire, che provvedono in proprio, appunto, a realizzare riprese e talvolta interviste, che la tgr della Campania regolarmente manda in onda da anni, come altre testate Rai.
Sottraiamo dai costi anche le immagini realizzate con i telefonini e, in ultimo, leviamo dal conteggio i servizi realizzati con immagini di repertorio, almeno un paio per ogni edizione, anche su notizie di attualità e cronaca nera o bianca.
Analizzato secondo questa nuova prospettiva, non lamentosa e populistica come il comunicato assembleare, il problema non è il quanto, ma il come si utilizza il budget. E qui, da spettatore, ormai, come voi, rimando i vostri lettori alla valutazione di quello che va in onda. Tutta cronaca e stretta attualità? Più servizi sul fatto del giorno? Approfondimenti e inchieste? Non vedo il tg tutti i giorni, ma quando lo vedo la cronaca, le inchieste e gli approfondimenti non ci sono (vedi la morte di Rosetta Cutolo, una persona che come spalla del fratello Raffaele ha insanguinato la Campania per molti anni liquidata come una notiziola) e se ci sono pezzetti di cronaca, redatti con stile grigio e uniforme, non sono quantitativamente inferiori a interviste a medici “bravissimi”, premi di ogni genere, mostre, cantanti, poeti e scrittori della domenica.
Al redattore che proponeva un servizio improbabile Giuseppe Blasi, capo di via Marconi dal 1989 al 2003, chiedeva: “è un cazzariello dei tuoi?”; noi in gergo le chiamavamo marchette. Una maniera non soltanto per compiacere il destinatario di turno del servizio, ma anche per compiacere e tacitare il redattore di turno che la richiede. Un fenomeno sempre esistito, ma in maniera residuale e fisiologica. Se, con l’avvento del precedente capo redattore centrale Antonello Perillo il fenomeno aveva assunto vesti di quasi quotidiana prassi, con l’attuale responsabile Oreste Lo Pomo il quasi è stato abolito a favore della massima evangelica “dacci oggi la nostra marchetta quotidiana”.
Un’ultima e più importante precisazione: il capo redattore responsabile è l’unico a disporre del potere di utilizzare le troupe per i servizi e, quindi, è il responsabile unico del budget che gli è stato assegnato. Prima di sollecitare altre risorse, i giornalisti di via Marconi farebbero bene a chiedere con forza al loro capo come abbia utilizzato i soldi pubblici. Ma sono certo che non lo faranno.
Se il motto di un capo redattore discutibile, ma con le palle, come Massimo Milone era “divide et impera”, chi è venuto dopo, Lo Pomo in particolare, ha modificato il motto in “accontenta tutti e impera”. Da applicare in presenza, in quei pochi giorni che siede al suo posto a Napoli e non a Potenza, oppure da applicare per telefono o per interposta persona.

Giuseppe Giordano

 
Rosetta Cutolo
Raffaele Cutolo
Giuseppe Blasi
Antonello Perillo
Oreste Lo Pomo
Massimo Milone