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Procura, Arma e Gdf,
notizie col contagocce
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SEGUO SEMPRE CON interesse il dibattito di Iustitia sui rapporti tra giornalisti e fonti investigative. L'ultimo intervento mi è utile per ribadire un concetto (sulle questioni generali mi sono già espresso qualche mese fa, pertanto eviterò di ripetermi): fare il cronista di nera e di giudiziaria a Napoli diventa ogni giorno che passa sempre più difficile.
Pur non essendo del tutto d'accordo su alcuni passaggi dell’ultima riflessione (sarebbe giusto, per esempio, riconoscere che dopo un incontro informale tra i cronisti dei principali quotidiani e agenzie con il procuratore Melillo qualcosa è cambiato nella reciproca interlocuzione ), trovo sacrosanto un punto: non tocca alla magistratura inquirente, e tanto |
meno ai vertici delle forze dell'ordine, stabilire ciò che è notizia e ciò che non lo è.
Giuseppe Fava ripeteva che bisogna condividere
un concetto ‘etico’ del giornalismo: in una società |
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Giuseppe D'Avanzo e Leonardo Sciascia |
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democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo deve essere la forza essenziale della società stessa, "tenendo continuamente in allerta le forze dell'ordine, sollecitando la costante attenzione della giustizia, imponendo ai politici il buon governo".
Mi piace anche ricordare quel che sosteneva il compianto Giuseppe D'Avanzo: "Un'inchiesta giornalistica è la paziente fatica di portare alla luce i fatti, di mostrarli nella loro forza incoercibile e nella loro durezza. Il buon giornalismo sa che i fatti non sono mai al sicuro nelle mani del potere e se ne fa custode nell'interesse dell'opinione pubblica".
In trent'anni di iscrizione all'Ordine non ho mai visto accadere ciò che succede adesso: notizie distillate col contagocce, talvolta omesse, spesso monche dei loro elementi essenziali (nomi di indagati o arrestati; mancanza di riferimenti concreti utili a ricostruire ed illustrare la personalità dei soggetti coinvolti; in certi casi perfino il riferimento spazio-temporale degli accadimenti oggetto delle indagini). E che dire, poi, delle conferenze stampa a Napoli, scomparse dall'agenda quotidiana di procura, questura (Alessandro Giuliano, ndr), comandi provinciali di Arma (Enrico Scandone, ndr) e Fiamme Gialle (Gabriele Failla, ndr)? Non si convocano più nemmeno in occasione di fatti di conclamata gravità. Guai a incontrare la stampa: quegli irritanti giornalisti fanno sempre troppe domande. Meglio evitare.
Chi scrive ha conosciuto da vicino uno dei periodi più difficili nei rapporti tra stampa e magistratura inquirente a Napoli: a partire dalla metà degli anni '90, quando si arrivò addirittura a perquisire alle cinque del mattino l'abitazione di Roberto Ormanni o a disporre per settimane il pedinamento di Gigi Di Fiore, con i metodi spicci generalmente riservati a galeotti e ceffi di camorra. Tempi decisamente bui.
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Giuseppe Crimaldi e Giuseppe Fava |
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Per questo va dato atto all'ex procuratore di Napoli Melillo, per l'intero periodo in cui ha retto il suo ufficio, di non aver mai fatto ricorso a simili metodologie sbirresche, anzi dimostrando in più |
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occasioni grande rispetto per il ruolo di chi fa informazione.
Basta esaminare il brogliaccio dei pm alla voce: indagini sui giornalisti e relative richieste di rinvio a giudizio. Anche questo non va dimenticato.
Ma ciò non esaurisce il problema. Perché oggi, di fatto, al "rubinetto delle notizie" è stato effettivamente messo un filtro inaccettabile. Riposa in pace il giornalismo d'inchiesta, a Napoli come nelle altre sedi giudiziarie del suo distretto. Quest'opera di neutralizzazione si può interrompere? Si può tornare, non dico ai tempi nei quali la gloriosa sala Cronisti della Questura di Napoli - nel rispetto dei rapporti con le fonti, anche quelle più riservate - sfornava notizie di primissimo livello? Non so dirlo. Quel che so è che sarebbe giusto tornare a un sano equilibrio nei rapporti con le fonti istituzionali. Un giornalista resta un giornalista: egli racconta i fatti, come un pm fa il suo mestiere, cercando la verità e applicando la legge.
A ciascuno il suo, diceva Leonardo Sciascia. |
Giuseppe Crimaldi |
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