Napoli come Bolzano
nascondendo i crimini

‘NAPOLI VIOLENTA’ è un film poliziottesco della metà degli anni settanta dove un grande Maurizio Merli veste i panni del commissario Betti e nel guazzabuglio di camorristi da copione spiccano "o generale" delle estorsioni e un bravo Elio Zamuto che interpreta il furbo e spietato rapinatore Franco Casagrande.
Una criminalità un po' da operetta quella cinematografica, mentre nella realtà il tabloid inglese The Sun, non più di qualche anno fa, stilando una classifica delle città più pericolose al mondo appaia Napoli alla capitale siriana dello stato islamico Raqqa.
Com'è come non è, Napoli negli ultimi anni è una grande metropoli dove purtroppo i fatti di cronaca sono all'ordine del giorno e dove la criminalità ha rialzato la testa; lo confermano studi scientifici come il

terzo rapporto su "Criminalità e sicurezza a Napoli" di Giacomo Di Gennaro e Riccardo Marselli
In un paese dove la Costituzione custodisce la libertà di stampa si è

Alessandro Giuliano e Maurizio Merli

sempre raccontato ciò che avviene giorno per giorno, di bello e di brutto. A spiegare per mestiere le bruttezze del vivere, che in un paese democratico non devono essere sottaciute perché contribuiscono a creare la giusta indignazione e quindi la reazione da parte della società civile, ci pensano i cronisti che per un delicato e complesso equilibrio di attribuzioni e facoltà ricevono le informazioni su ciò che accade dalle forze dell'ordine e dalla magistratura. 
Dovunque è così e dovunque sono i giornalisti a decidere che cosa è di interesse pubblico e che cosa non lo è, secondo la propria sensibilità e professionalità. E soprattutto senza filtri a monte da parte di soggetti istituzionali coinvolti nella formazione e quindi nel rubinetto delle notizie. È la garanzia che nel pluralismo della diffusione delle informazioni vengano scongiurate censure o interessi di parte. 
Ma Napoli, si sa, è una città unica nel suo genere e quindi queste notizie, che come si dice in gergo devono essere cucinate dai mass media a beneficio dei cittadini, non vengono più fornite con puntualità e regolarità dalle fonti così come si converrebbe per garantire la libera conoscenza. Quello che veniva definito nel linguaggio della cronaca ‘il mattinale" di polizia, cioè il resoconto da parte degli investigatori di tutto ciò che è avvenuto il giorno e la notte precedente, cosi come i tempestivi

Nunzio Fragliasso e Enrico Scandone

ed esaustivi comunicati stampa delle forze dell'ordine sono diventati dei cahiers di omissis: fatti criminali nascosti, notizie non date o posticipate di giorni rispetto all'accadimento,

grandi e piccole omertà sul fronte della diffusione delle informazioni che riguardano la delinquenza cittadina. 
Gli ultimi due episodi, che comunque i giornalisti sono riusciti a disvelare e ricostruire, anche in mancanza di qualsiasi informazione che sarebbe dovuta provenire dalle fonti istituzionali, sono l'accoltellamento allo "scoglione" di Marechiaro dei due ragazzini da parte di un coetaneo e l'investimento tra i tavoli della fidanzata del titolare di un ristorante in via dei Tribunali, dopo la carambola di uno scooter lanciato a tutta velocità per dimostrare con una scorribanda il predominio a Forcella. 
Il primo fatto è stato raccontato dal Mattino con i cronisti Giuseppe Crimaldi ed Ettore Mautone, il secondo dal tg campano della Rai con l’inviato Vincenzo Perone; e nei due casi i giornalisti hanno utilizzato fonti confidenziali facendo diventare la notizia di dominio pubblico. 
Libertà di stampa garantita per un soffio, per bravura, per circostanze fortunose e favorevoli, per tigna e per impegno. Ma con la mordacchia alle notizie voluta dalle autorità statali è pacifico che altri fatti di indubbio interesse per la pubblica opinione siano stati e potenzialmente potranno venire nascosti ai giornalisti e quindi ai cittadini, arrecando un grave vulnus al diritto a essere compiutamente informati.
Questa situazione disastrosa per la circolazione delle notizie ha un protagonista, Giovanni Mellillo, dal 2 agosto 2017 capo della procura

di Napoli che il 4 maggio scorso è stato scelto dal Consiglio superiore della magistratura come capo della Direzione nazionale antimafia preferendolo a Nicola Gratteri. In poco meno di

Gabriele Failla e Nicola Gratteri

cinque anni Melillo ha imposto un controllo strettissimo sui fatti di nera e giudiziaria. Ubbidienti alla linea del silenzio i responsabili delle forze dell’ordine a cominciare dal questore di Napoli Alessandro Giuliano, seguito dai comandanti provinciali dei carabinieri e della guardia di finanza Enrico Scandone e Gabriele Failla, fino ad arrivare ad aprire i loro comunicati con la frase, vagamente grottesca “su delega del Procuratore della Repubblica di Napoli”. Stessa sudditanza per le altre procure del distretto, da Torre Annunziata (con Nunzio Fragliasso) a Santa Maria Capua Vetere (con il reggente Alessandro Milita), da Avellino (con Domenico Airoma) a Napoli Nord (con Maria Antonietta Troncone). E Melillo alle osservazioni documentate dei cronisti, nei rari momenti di incontro, ha replicato sempre cordiale e irremovibile. E non ha replicato alle critiche anche aspre espresse negli anni da chi segue per i principali media i fatti di nera e di giudiziaria.
In ogni caso c’è una situazione che è progressivamente peggiorata negli ultimi anni, diventando gravissima. Siamo oramai di fronte a uno sfregio alla democrazia che il parlamento e il presidente della Repubblica dovrebbero valutare con preoccupata attenzione. Diversamente, con questo andazzo, la città di Napoli rispetto alle classifiche sulla pericolosità della criminalità redatte dai giornali stranieri potrà trarne un non disprezzabile giovamento.Infatti, se si continuano a nascondere le notizie, nella prossima top 100 supereremo di volata anche la paradisiaca e ipersicura Bolzano. 

Citizen Kane