Anna Normale: per Mattino
e Repubblica una sconosciuta

L’ECOMOSTRO DI ALIMURI doveva andare giù entro il 31 ottobre, invece continua a segnare la rotta per i naviganti che da Castellammare superano punta Scutolo e si dirigono verso Sorrento.
“Qualche interrogazione parlamentare e alcune polemiche ne hanno impedito la demolizione”, ha dichiarato all’Ansa Gabriella Cundari, Verde di governo (è assessore all’Urbanistica della giunta Bassolino). E sembra il classico caso di un politico che, quando gli indicano la luna, si ferma a guardare il dito.
Il ‘responsabile’ del ritardo è il senatore di Rifondazione Tommaso Sodano, presidente della commissione Ambiente di palazzo Madama, che a fine luglio ha presentato un’interrogazione parlamentare, trasformata, per velocizzare la

risposta del governo, in un’interpellanza firmata da trentatrè senatori. Il destinatario delle richieste di Sodano era il ministro Francesco Rutelli, ma
il 4 ottobre a palazzo Madama si è presentato il sottosegretario Andrea Marcucci. “Il 19 luglio – ha spiegato in aula


Gabriella Cundari e Tommaso Sodano

Sodano - un accordo firmato dal ministro Rutelli, dalla Regione Campania, dalla Provincia di Napoli e dall'amministrazione comunale di Vico Equense con la società proprietaria dell'immobile (quindi di un manufatto illegale in località Alimuri a Vico Equense) dispone l'abbattimento della struttura di 18.000 metri cubi ed il ripristino del fronte a mare e del costone alle spalle del manufatto. Fermo restando che gli interpellanti sono d'accordo che, dopo quarant'anni, si ponga fine e si abbatta quel manufatto, tuttavia vi sono diverse clausole all'interno di quell'accordo che appaiono fortemente discutibili, perché eccessivamente vantaggiose per la società proprietaria dell'immobile. In primo luogo, la società, la SaAn, ha ottenuto che Stato e Regione finanzino per oltre la metà - 600.000 euro su un 1.100.000 euro complessivi - le spese di demolizione e consolidamento del costone; un'altra clausola include la possibilità che un qualsiasi aumento dei costi durante le operazioni di abbattimento vada a carico degli enti pubblici firmatari dell'accordo. È plausibile che lo Stato e la Regione si facciano carico di tali spese, tenuto conto che la lievitazione dei costi è molto probabile considerato che siamo in una zona ad altissimo rischio idrogeologico, la zona rossa della fascia costiera della Provincia di Napoli? In secondo luogo, in base a quell'accordo la società, una volta demolito quel manufatto, ha diritto a una permuta in cubatura, ossia le viene data la possibilità di costruire, negli ambiti 4 e 5 del piano regolatore del Comune di Vico Equense, un nuovo albergo con le


Antonio Bassolino e Francesco Rutelli

stesse cubature del manufatto illegale".
Dal sottosegretario Marcucci è arrivata una ricostruzione burocratica della vicenda, poco incisiva nei passaggi chiave che hanno portato all’accordo, e un impegno: “Assicuro l'onorevole senatore interrogante che

il Ministero ha comunque avviato ulteriori verifiche giuridico-amministrative per accertare se vi siano percorsi tecnico-procedurali che risultino più vantaggiosi per lo Stato e gli enti interessati e consentano di migliorare ulteriormente lo scenario che ho appena delineato. È uno scrupolo in più e daremo volentieri informazione al Parlamento in ordine a questi ulteriori approfondimenti che stiamo operando”.
Ma perché, dopo anni di silenzio, è tornata d’attualità la vicenda dell’ecomostro di Alimuri, edificato nella prima metà degli anni sessanta e acquistato dalla SaAn nel 1988? Il merito è del ministro dei Beni culturali Rutelli, del presidente della Regione Campania Bassolino, del presidente della Provincia di Napoli Di Palma, del comune di Vico Equense e dell’avvocato Gian Luca Lemmo, rappresentante legale della SaAn, che il 19 luglio a Roma hanno sottoscritto un accordo per l’abbattimento dell’edificio a condizioni di particolare favore per la società proprietaria dell’immobile.
Il merito di aver fatto conoscere all’opinione pubblica la singolare intesa è del Corriere del Mezzogiorno, in particolare del direttore Marco Demarco e del cronista Fabrizio Geremicca.
Il 24 luglio il Cormezz apre la prima pagina con un titolo forte: “Ecomostro, ombre sul patto”, con occhiello “Gli ambientalisti: ‘In cambio dell’abbattimento un’altra struttura a Seiano’ “ e catenaccio “Tra i proprietari

di Alimuri c’era la moglie dell’assessore Cozzolino”; a corredo una foto dello scheletro che deturpa gli scogli, a poche decine di metri dalla spiaggia di Meta.
Il Cormezz avvia una campagna martellante perché Demarco quando può mordere Bassolino


Marco Demarco e Fabrizio Geremicca

non si tira mai indietro (Cozzolino viene considerato l’assessore più vicino al capo ed è tra i favoriti per raccoglierne l’eredità) e Geremicca, con l’aiuto degli ambientalisti, sforna notizie, documenti e interventi puntuali.
Il terzo giorno, è il 26 luglio festa di Sant’Anna, in prima pagina sul Cormezz irrompe Anna Normale, moglie di Cozzolino e socia della SaAn. Il titolo che apre il giornale è “Alimuri, la proprietaria sono io”; l’occhiello: “Di Lello: ‘Perplesso per quell’accordo’. Sodano: ‘Inconcepibile l’offerta di un albergo in sostituzione’ “; il catenaccio: “La moglie dell’assessore Cozzolino: ma mio marito non c’entra “. Sotto un riquadro con una lunga lettera inviata da Anna Normale a Demarco, intitolata: “Sono soltanto un’imprenditrice che da anni lavora con passione”. È una difesa accorata della sua attività, della sua famiglia e del ruolo del marito, punteggiati da affermazioni che lasciano perplessi: “Probabilmente se non fossi la moglie di Andrea Cozzolino sarei in lizza per un premio”. E perché mai Anna Normale dovrebbe avere un premio, mentre Rutelli e Bassolino tacciono sul nocciolo delle domande poste da Sodano. Ricordiamole. La prima: “Per quali motivi le autorità pubbliche, e segnatamente il Ministro in indirizzo e la Regione Campania, abbiano deciso di


Andrea Cozzolino e Marco Di Lello

cofinanziare l'abbattimento del manufatto in questione, tenuto conto della sua natura abusiva e per quale motivo le stesse autorità provvederanno a compensare eventuali aumenti dei costi di abbattimento”. La seconda: “Quali considerazioni abbiano

spinto il Governo ad accettare di ristorare la società proprietaria del manufatto concedendole la possibilità di costruire un nuovo albergo, delle medesime dimensioni (18.000 metri cubi) del manufatto da abbattere, e una ulteriore struttura ricettiva, che andrebbe ad insistere sulla stessa area su cui sorge l'attuale immobile abusivo”.
Sull’ecomostro il Corriere del Mezzogiorno ha continuato a picchiare per una quindicina di giorni e nelle settimane successive ha dato spazio agli aggiornamenti della vicenda. Attenzione invece zero o vicina allo zero da parte degli altri quotidiani. Eppure la vicenda, per le sue caratteristiche e per la caratura dei personaggi istituzionali coinvolti, è stata certamente tra le più rilevanti dell’estate napoletana. Un silenzio difficile da spiegare. Quale ragionamento hanno fatto i responsabili degli altri giornali: Non corriamo dietro notizie della concorrenza? Dal momento che in questa storia ci sono dentro big della politica, meglio occuparsi d’altro?
I quotidiani di maggior peso e diffusione a Napoli, il Mattino e la Repubblica con l’edizione campana, avevano argomenti più importanti di cui occuparsi. Il 24 luglio il Mattino apre il dorso della cronaca con “Iervolino: ‘A Napoli il Forum delle culture’ “; Repubblica risponde con “Ancora un morto per il

caldo”. Il 26 luglio Repubblica sceglie “Turisti, un computer salverà dagli scippi”; a via Chiatamone optano per “Rifiuti, più vicino il processo”. Dell’ecomostro e dell’accordo romano c’è traccia il 26 luglio in un box in pagina interna. Il


Giustino Fabrizio e Mario Orfeo

Mattino titola: “Alimuri, costone in sicurezza poi l’abbattimento del mostro”; Repubblica: “Sodano sul patto di Alimuri ‘Un’offerta inconcepiblie’ “. Poche notizie, rigorosamente vietati i nomi dei protagonisti della vicenda, con un di più pompieristico di Repubblica che in venticinque righe ne riserva cinque, chissà perché, a una dichiarazione del presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi, della Margherita: “È intollerabile che in questo paese ci sia sempre chi mette veti e dice solo no alle cose migliori che è possibile fare in tema ambientale”.
Intanto, al di là delle dichiarazioni sulla completezza dell’informazione e sul diritto del lettore ad essere informato, chi in questi mesi si è abbeverato soltanto al quotidiano diretto da Mario Orfeo e alla cronaca locale di Repubblica, guidata da Giustino Fabrizio, non sa in pratica niente dell’ecomostro di Alimuri, dell’intesa romana tra due big del centro sinistra come il vice presidente del consiglio e il presidente della Regione Campania e Anna Normale è il nome di una sconosciuta. Poco male, si dirà. Forse.
E voltiamo pagina. In attesa che arrivino risposte concrete e nette a Sodano,


Aldo De Chiara e Giuseppe Maddalena

ai senatori interpellanti, alle associazioni ambientaliste, ai cittadini, si stanno occupando  dell’ecomostro di Alimuri due procure: la procura di Torre  Annunziata, guidata da Diego Marmo; la procura di Napoli, il cui capo, Giovandomenico Lepore, ha affidato il

fascicolo a un sostituto della sezione reati contro la pubblica amministrazione, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Maddalena.
Infine una curiosità sul tema di ecomostri al centro di vicende penali. Gli automobilisti che utilizzano l’uscita della tangenziale dell’Arenella hanno negli occhi un altro ecomostro che incombe appena si superano il casello e il tunnel. Sta lì da una ventina d’anni e venne costruito abusivamente su un’area che ospitava un pollaio. La denuncia degli abitanti della zona mise in azione la magistratura e bloccò la speculazione.
In primo grado si occupò della denuncia il pretore antiabusivismo Aldo De Chiara, oggi procuratore aggiunto a Napoli, che dispose il sequestro dell’immobile e avviò indagini serrate. Il 13 febbraio 1990 De Chiara firmò una sentenza di venti pagine con la quale condannava quattro degli imputati, respingeva l’istanza di dissequestro e ordinava ai quattro di effettuare a proprie spese “la demolizione del manufatto”. Tra i quattro condannati c’era Antonio Normale, padre di Anna, che morirà qualche anno dopo.
Nell’aprile del 1992 la quinta sezione della corte d’appello di Napoli ribaltò la sentenza di primo grado, assolvendo tutti i condannati “per non aver commesso il fatto” e “perché il fatto non costituisce reato”. Unica eccezione il

factotum della società di Normale contro il quale la corte dichiarò di “non doversi procedere in ordine ai reati ascrittigli perchè estinti per morte del reo”.
Il collegio era formato dal presidente Gaetano Celentano e dai giudici a latere Giuseppe De


Giovandomenico Lepore e Diego Marmo

Falco Giannone e Antonio Greco, mentre l’accusa era affidata al sostituto procuratore generale Ciro Demma (poi coinvolto in indagini sui rapporti tra magistratura e camorra, tra l’altro relative alla corruzione per il processo per la strage di Torre Annunziata, per le quali venne arrestato e rinviato a giudizio, ma morì prima che il processo giungesse a sentenza).