Lesa "la dignità
umana del Siani"

L'IMMAGINE PUBBLICATA nel libro ‘Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo’, firmato dal giornalista Bruno De Stefano e edito da Giulio Perrone, “lede la dignità umana del Siani il cui corpo viene inutilmente esibito come res e non come persona, senza nulla aggiungere alla drammaticità dell’atto conclusivo della sua vita”.
Il 30 maggio un magistrato del tribunale di Roma, Francesco Patrone, ha scritto parole definitive sulla foto “raccapricciante” che chiude il

volume di De Stefano. Nel settembre del 2012 la giuria del premio Siani, in quell’anno presieduta dal procuratore di Campobasso Armando D’Alterio con figura di punta Paolo Siani, fratello di Giancarlo, aveva addirittura assegnato al libro il premio per la legalità. E sette mesi più tardi, dopo l’approvazione all’unanimità da parte dei giurati di un documento contraddittorio (le foto sono raccapriccianti, ma nonostante ciò abbiamo deciso di assegnare il premio

Giulio Perrone

a De Stefano), consegnano al giornalista l’assegno di 1250 euro.
Se si esclude Iustitia, l’unico a segnalare l'anomalia di foto “raccapriccianti” sulle quali nessuno prendeva posizioni nette e dure, senza contare il paradosso della targa e dell’assegno consegnati nel nome di Giancarlo, è stato il giornalista Mario Simeone, che il 13 novembre 2013, con l’assistenza del penalista napoletano Cesare Amodio, ha presentato un esposto alla procura di Roma competente perché il libro è stato stampato nella capitale.
Simeone nella denuncia ricorda di essere stato nell’aprile del 2002 il “primo firmatario della mozione approvata all’unanimità dall’assemblea dei giornalisti campani, per l’istituzione di un premio per la legalità intitolato a Giancarlo Siani, con i fondi dell’Ordine regionale dei giornalisti” e scrive che “a 27 anni dalla ‘esecuzione’ di Siani non c’è nessuna esigenza di cronaca che possa giustificarle (le foto ndr). In una, in particolare, si può osservare la testa del giornalista evidentemente sollevata da un agente per consentire al fotografo della Scientifica di

Cesare Amodio e Armando D'Alterio

inquadrarla meglio con la maglietta e il volto tumefatto rigati di sangue e gli occhi fuori dalle orbite”.
L’otto aprile scorso il giudice per l’udienza preliminare Francesco Patrone ha ascoltato l’avvocato Amodio, il legale dell’editore Giulio Perrone e il

firmatario dell’esposto. Simeone ha ricordato che alla fine degli anni Settanta, quando era capo ufficio stampa del consiglio regionale, un suo collega, il dirigente del settore Cultura e istruzione Mario Siani, gli aveva a lungo parlato del figlio non ancora ventenne, Giancarlo, determinato a fare il giornalista e gli aveva chiesto di dargli una mano. E ha aggiunto che Siani ha scritto i primi articoli per il periodico Scuola informazione frequentandone la redazione, una stanza con bagno, alla Riviera di Chiaia, ed era il più assiduo insieme a un altro ragazzo, Antonio Franchini (che dopo un quarto di secolo ha dedicato a Siani un libro, L’abusivo, ndr).
Nell’ordinanza il gip cita il pubblico ministero della procura di Roma Elisabetta Ceniccola secondo la quale “l’ultima fotografia” pubblicata nel libro “si poneva quasi al confine oltre il quale l’attività di informazione travalica la tutela della dignità della persona”. Un’opinione che il gip evidentemente non condivide perché, a suo giudizio, la foto “che riproduce il volto di Siani sorretto da uno degli operanti in postura innaturale appare gratuitamente raccapricciante, provocando impressione senza aggiungere all’immagine un contenuto informativo”. Afferma che la foto “lede la dignità umana del Siani

esibito come ‘res’ e non come persona” e integra quindi la fattispecie di reato prevista dalla legge sulla stampa del 1948, che però è stata depenalizzata

Bruno De Stefano e Paolo Siani

dal decreto legislativo numero 8 del 15 gennaio 2016 che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria (dai 10mila ai 50mila euro) e decreta quindi la trasmissione degli atti “alla autorità amministrativa per quanto di competenza”.
La palla passa ora al prefetto di Roma Paola Basilone che dovrà decidere la sanzione da notificare a Bruno De Stefano e Giulio Perrone. Va però detto che, tra tutti i protagonisti di questa brutta storia (autore del libro, editore, e i componenti della giuria del premio Siani del 2012), l’unico che ha compiuto un gesto concreto per rimediare almeno in parte al ‘reato’ è l’editore Giulio Perrone che nell’autunno del 2015 ha mandato nelle librerie una nuova edizione del libro su Siani senza le foto incriminate.
È sempre difficile ammettere di avere sbagliato, -dichiara a Iustitia Mario Simeone – ma, dopo l’ordinanza del gip Patrone il quale ha ritenuto che fino al gennaio 2016 la pubblicazione della foto fosse un reato, la giuria del premio Siani 2012, e soprattutto Armando D’Alterio e Paolo Siani, dovrebbero ora ritirare il premio assegnato a Bruno De Stefano. Lo devono a Giancarlo Siani”.