Il Sannio va in edicola con
una nuova coop e senza firme

A 79 ANNI compiuti Luca Colasanto non vuole ritirarsi nella sua villa a Fiumicino a occuparsi dei nipotini. Non lo hanno abbattuto i rovesci incassati nelle ultime settimane: gli imbarazzanti 879 voti raccolti alle Regionali dopo dieci anni da consigliere; il modo ruvido con il quale il responsabile campano di Forza Italia Domenico De Siano gli ha tolto l'incarico di coordinatore beneventano del partito di Berlusconi, per poi reinserirlo in un direttorio provinciale a sei: la crisi inarrestabile del Sannio, il quotidiano che ha fondato

nel 1996 e che da allora edita e dirige.
E la sua riscossa riparte proprio dal Sannio che doveva chiudere il 30 giugno e invece il primo luglio era regolarmente in edicola con una copertina più chiara di un editoriale: un guerriero sannita, con scudo, lance e gladio, piazzato davanti all’arco di Traiano e al centro, con carattere grande, la scritta ‘c’è’, con l’apostrofo sostituito da un corno scansaiella.
Per la riscossa Colasanto ha disegnato un

Luca Colasanto

percorso in tre tappe. La prima c’è stata il 29 maggio quando negli uffici dell’Ormel, l’osservatorio del mercato del lavoro e dell’occupazione della Regione Campania che si trova al centro direzionale di Napoli, è stato firmato dalla dirigente Ormel Adriana Di Lullo, dai rappresentanti di Cgil, Cisl e Sindacato unitario giornalisti campani e dai delegati della cooperativa Pagine Sannite che fino al 30 giugno confezionava il quotidiano (il redattore capo responsabile del Sannio Marco Tiso e il consulente del lavoro Lorenzo La Duca) l’intesa per la concessione della cassa integrazione ai tredici dipendenti del Sannio, sette giornalisti e sei tra poligrafici e amministrativi.
La seconda tappa il 15 giugno a Benevento. Nello studio del notaio Ambrogio Romano si svolge la riunione della cooperativa Pagine Sannite, costituita il 22 novembre del 1996, pochi mesi dopo la fondazione del Sannio. Dei dodici soci sono presenti in dieci, compreso Luca Colasanto; mancano all’appello il redattore capo Marco Tiso e il grafico Alfredo Pietronigro.
La presidenza viene affidata all’amministrativo Antonio Ferraro il quale chiarisce i motivi che rendono necessario sciogliere la cooperativa che da diversi anni presenta bilanci in perdita: la crisi congiunturale del Paese, l’aumento dei costi di produzione, il calo delle vendite, la forte riduzione dei

Domenico De Siano

fondi destinati all’editoria dalla presidenza del consiglio. La proposta è accettata all’unanimità e viene nominato liquidatore Andrea Spinelli con studio a via della Magliana Nuova a Roma.
Il terzo appuntamento è per un battesimo fissato per il 22 giugno: nasce la cooperativa ‘Il Guerriero’, un nome, un programma che verrà esplicitato nella copertina del Sannio del primo luglio. Nello studio del notaio Romano i

presenti, con piccole variazioni, sono gli stessi di una settimana prima e presidente, anche questa volta, viene nominato Antonio Ferraro; e così i soci che hanno seppellito Pagine Sannite danno vita al Guerriero. Le quote sono popolari, 25 euro, il capitale iniziale è di 600 euro, meno della metà dei 1400 euro necessari per pagare l’atto costitutivo.
Nel piano messo a punto da Colasanto c’è però qualcosa che non quadra perché le tre formazioni che schiera sono sostanzialmente uguali e addirittura dieci elementi sono sempre presenti: Antonio Ferraro, Alfredo Iannazzone, Teresa Lombardo, Andrea Mazzulla, Enza (Vincenza) Nunziato, Alfredo Pietronigro, Giuseppe Porcaro, Andrea Porrazzo, Angela Tretola, Antonio Tretola. Quindi i fedelissimi del patron del Sannio fanno e disfano cooperative e si mettono in fila per incassare la cassa integrazione straordinaria. Ma allora chi fa il giornale? E perché il quotidiano dal primo luglio sta uscendo con articoli non firmati?