Mattino, ennesimo
rinvio per Di Micco

LA SENTENZA PER la causa promossa dal giornalista Gregorio Di Micco contro il Mattino era attesa per il 13 settembre, ma il giudice del tribunale di Salerno Diego Cavaliero, dopo cinque anni di udienze, ha lasciato il settore civile ed è tornato al penale. Il testimone è passato ora al magistrato del lavoro Anna Maria Lionetti che ha fissato per il 9 marzo la

prossima udienza.
Due le questioni al centro del ricorso presentato dall’avvocato Marco Siviero, che assiste il giornalista per il quale chiede il ‘ripristino’ nel posto di lavoro: dopo il primo stato di crisi del giugno 2009 la lettera di dimissioni di Di Micco sarebbe stata forzata perché, in caso di mancata firma, veniva ipotizzato il licenziamento e addirittura il rischio di perdere la pensione, come ha confermato in aula il testimone

Marco Siviero

Enzo Ciaccio parlando delle pressioni esercitate dal direttore amministrativo Massimo Garzilli e dall’allora capo del personale Raffaele Del Noce; la seconda illegittimità riguarda il fatto che non ci sarebbe stato un decreto del ministero del Lavoro per autorizzare la cassa integrazione per stato di crisi, ma soltanto per riorganizzazione aziendale. La materia, come si vede, è complessa e potrebbe avere anche risvolti penali, ma la serie dei rinvii sta diventando davvero preoccupante.
Cavaliero si è occupato a fondo della questione e ha ascoltato molti testi: per Di Micco Luigi Ronsisvalle, allora segretario aggiunto della Federazione della stampa, Fabio Morabito, già presidente di Stampa romana; l’ex presidente dell’Assostampa partenopea Enzo Colimoro, l’inviato del Mattino Enzo Ciaccio, in pensione dal settembre 2009; per l’azienda, difesa dall’avvocato Marcello De Luca Tamajo, sono stati ascoltati i redattori Nicola Battista, Mariano Ragusa, Pietro Treccagnoli e Giovanni

Marcello De Luca Tamajo

Santorelli, allora responsabile dell’ufficio legale, oggi capo del personale. Quindi viene finalmente fissata la data per l’ultima udienza, con la lettura del dispositivo: è l’undici novembre del 2013; ma c’è uno slittamento, si va al 3 giugno 2014; non è ancora il giorno giusto, si passa al 16 luglio; è di nuovo un buco nell’acqua, il traguardo scivola al 12 dicembre; quindi al 30 novembre 2015; la sentenza però non è ancora matura e per il parto viene indicato

il 12 luglio 2016, per arrivare al 13 settembre e ora al 9 marzo.
Tutti conosciamo i tempi della giustizia, ma per un cittadino suonano anomale otto date per la lettura del dispositivo distribuite nell’arco di tre anni e mezzo. Che ne pensa il presidente del tribunale di Salerno Giovanni Pentagallo