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Voto sul direttore e
2 giorni di sciopero |
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PER SPINGERE ALLO sciopero il comitato di redazione del Mattino è stata necessaria una provocazione, non si sa se gratuita o pianificata, di Massimo Garzilli, il pensionato che continua a guidare l’azienda Mattino.
Il 18 marzo Garzilli aveva consegnato al cdr (Daniela De Crescenzo, |
Marco Esposito, Pietro Treccagnoli) appena insediato il piano di ‘lacrime e sangue’, che tra l’altro prevede un taglio dell’organico di trentasette unità, piano che è stato respinto dalla Federazione della stampa e dalla redazione del Mattino perché largamente incompleto. Tra i vari buchi c’era la parte riservata al direttore responsabile e l’otto
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Massimo Garzilli e Mario Orfeo |
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aprile Mario Orfeo ha provveduto a riempirlo fornendo al cdr sedici pagine di riflessioni sul futuro del giornale.
Il giorno successivo è stata convocata un’assemblea che è durata poco perché mentre Treccagnoli stava illustrando il piano ha dato notizia di una lettera di Garzilli; il direttore amministrativo comunicava che non c’era più spazio per altri appuntamenti sindacali perché erano stati già esauriti i permessi a disposizione. A questo punto hanno preso la parola soltanto due o tre redattori: il primo intervento è stato di Federico Vacalebre che ha chiesto di sospendere subito l’assemblea per dare all’azienda un segnale inequivocabile, proclamando lo sciopero; qualche altro ha invitato il cdr a conservare la lettera perché rappresentava un nuovo caso di comportamento antisindacale particolarmente grave per dirigenti che su questo fronte diciotto mesi fa hanno incassato una seconda condanna della magistratura. Il cdr, che non era intenzionato a promuovere iniziative dure, ha deciso, contro il piano di Orfeo e le provocazioni di Garzilli, di proclamare tre giorni di sciopero, da giovedì 9 a |

Maurizio Cerino e Federico Vacalebre
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sabato 11 aprile, poi ridotti a due per lavorare nel giorno dei funerali delle vittime del terremoto in Abruzzo. Contestualmente è stato nominato il presidente della commissione elettorale, Maurizio Cerino che si era autocandidato, per votare la fiducia a Orfeo; seggi aperti il 15 e il 16 e risultati dopo le ore venti del 16 aprile.
L’intervento di Garzilli ha fatto |
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rinviare il nodo straordinari che è venuto al pettine il giorno successivo, il 10 aprile, alla consegna delle buste paga. Il 2 marzo, con un ordine di servizio firmato da Orfeo, si chiedeva ai capi settore di indicare all’inizio della settimana al vice direttore Virman Cusenza le ore di straordinario che avrebbero fatto i giornalisti dei vari settori, una disposizione con tutta evidenza illogica perché è difficile prevedere il lunedì ciò che accadrà nei giorni successivi. Eppure molti capi servizio non si sono sottratti, cominciando a tagliare anche dove è oggettivamente difficile tagliare. Un esempio per tutti: la cronaca. Se il redattore non comincia a lavorare la mattina e va avanti fino alla chiusura è molto difficile che possa seguire bene i fatti di cui deve occuparsi e quindi il tetto delle ventidue ore di straordinario, salvo casi eccezionali, viene largamente superato da tutti. Il capo cronista Vittorio Del Tufo ha invece girato alla direzione dei dati per cui c’è chi ha trovato in busta paga venti ore, chi ventuno, chi diciannove. E per chi trascorre l’intera giornata a via |
Chiatamone non è stata una scoperta piacevole. La protesta diffusa ha innescato un balletto sgradevole con i capi settore che scaricavano sulla direzione i tagli e la direzione che li rilanciava sui capi settore. Senza contare che la stretta sugli straordinari rischia di rivelarsi un boomerang perché, se le ore di straordinario non vengono riconosciute, i cronisti potrebbero
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Virman Cusenza e Vittorio Del Tufo |
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attenersi all’orario di lavoro, con conseguenze facili da immaginare sulla copertura delle notizie.
Per chiudere due osservazioni sul piano sul quale non compare la firma di Orfeo. Nella seconda pagina si parla della “libertà che ci ha concesso l’Editore” (con la E maiuscola). L’italiano è una lingua chiara e precisa e chi scrive che la libertà gli “è stata concessa” ha un’idea singolare dell’autonomia del giornalista. Perciò è forse utile per il direttore e per qualche altro capo del Mattino rileggere un passaggio del discorso tenuto da Ferruccio de Bortoli quando il 7 aprile si è ripresentato alla redazione di via Solferino: “Il Corriere giudica sui fatti. Senza pregiudizi. La sua indipendenza è un bene assoluto. Nei confronti del governo, nei confronti dell’opposizione. E anche degli stessi azionisti che partecipano al capitale della casa editrice. Il Corriere esisteva, ed era protagonista della vita politica e culturale italiana, prima che venissero fondate tutte le aziende che fanno parte della sua più recente proprietà. Eccetto una (il riferimento è alla Assicurazioni Generali, società fondata a |

Ferruccio de Bortoli
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Trieste nel 1831, mentre il Corriere della sera vede la luce nel 1876, ndr), nella quale lavorò per pochi mesi Kafka. Il Corriere l’avrebbe tenuto un po’ più a lungo”.
La seconda osservazione è la prospettiva che il direttore indica alla redazione: andare a rosicchiare copie non alle edizioni campane del Corriere della sera e di Repubblica, ma ai giornali gratuiti e ai piccoli quotidiani provinciali e, per essere ancora più chiaro, li elenca: “Otto Pagine, Buongiorno Irpinia, Corriere dell’Irpinia, Corriere di Caserta,
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Gazzetta di Caserta, Buongiorno Campania, La Città, il Sannio, il Salernitano”. Se questa è la mission, va detto che è una mission impossible, ma soprattutto è una mission imbarazzante. |
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