Uragano al Mattino: 37
esuberi e chiude Roma

LE PREVISIONI QUESTA volta erano esatte: l’uragano si è abbattuto su via Chiatamone alle 18 del 18 marzo quando il comitato di redazione, in carica da meno di ventiquattro ore, ha ricevuto dalle mani di Massimo Garzilli il ‘piano di riorganizzazione in presenza dello stato di crisi’.


“Eccedenze redazionali”

Il dato secco sulle “eccedenze redazionali” è piazzato nell’ultima delle otto pagine del piano: sono “eccedenze” 25 redattori a tempo pieno; cinque contratti a termine (Gerardo Ausiello, cronaca; Antonio Pisani, Caserta;

Marco Piscitelli e Pino Taormina, on line; Marco Toriello, economia); cinque articoli 2 (collaboratori fissi); due articoli 12 (corrispondenti).
Nelle prime due pagine e mezzo del piano vengono snocciolate riflessioni libere sulla “crisi che


Enzo Ciaccio, Gianni Colucci e Daniela De Crescenzo

attraversa Continenti, Stati e Regioni” e sulla crescita di “non lettori della generazione dei video games anni 80”. Segue l’elenco delle “iniziative intraprese” dall’azienda, a cominciare dall’acquisto della testata ‘Il Mattino’ e dalla costruzione, poco meno di dieci anni fa, della tipografia di Caivano-Pascarola. Si passa ai dati di bilancio, nel 2008 chiuso con una perdita di 380mila euro, dopo un biennio di oscillazioni forti e non ben chiare: il 2007 presenta un attivo di un milione e 600mila euro, il 2006 ha un rosso di un milione e 530mila. Per il 2009 l’azienda prevede un passivo di tre o quattro milioni di euro, trend negativo che dovrebbe essere confermato nel 2010. Le vendite vanno male con un calo del 9,4 per cento, dalle 85mila copie quotidiane del 2004 alle 77mila del 2008, ma è la pubblicità che sta franando con un -35 per cento a gennaio 2009 sull’anno precedente e un -33 per cento a febbraio. Il nodo del capitolo ‘interventi necessari’ è in parole vaghe e


Raffaele Del Noce e Massimo Garzilli

minacciose: “la nuova organizzazione del lavoro dovrà essere impostata su criteri di massima efficienza, flessibilità e fungibilità”. Seguono due annunci: la foliazione sarà ridotta del 10 per cento con la media pagine portata a 44; vengono soppressi la redazione romana (da Garzilli definita, chissà perché, ufficio di corrispondenza) e i terminali di

Milano e di Messina-Reggio Calabria. Evanescente la pagina riservata agli ‘investimenti’: “il nucleo iniziale di internet sarà ampliato progressivamente e avrà contenuti sempre più caratterizzanti”; è prevista una “revisione grafica” che consentirà “un giornale più moderno”; ci sarà un “aumento di pagine di cronaca dell’edizione del lunedì”. Dettagliato invece l’elenco dei tagli da operare sull’organico giornalistico.


L’assemblea

All’incontro del 18 marzo erano presenti per l’azienda il direttore amministrativo Massimo Garzilli, ufficialmente in pensione da quindici mesi, e il capo del personale Raffaele del Noce e per i giornalisti il cdr al completo (Daniela De Crescenzo, Marco Esposito, Pietro Treccagnoli, Antonio Troise per la sede di Roma, Nico Battista per le redazioni distaccate, Gianni Colucci per Salerno), con l’eccezione del rappresentante dei collaboratori la cui elezione è slittata di qualche giorno.
Quattro ore hanno impiegato i vertici del Mattino spa per illustrare il piano di

riorganizzazione; quattro ore è durata il giorno dopo l’assemblea, preceduta dalla distribuzione del piano e dalla circolazione di un elenco preparato dal cdr con i nomi dei redattori che potrebbero essere prepensionati, costruito sulla base dei dati di


Gerardo Ausiello, Marco Piscitelli e Pino Taormina

anagrafe e di iscrizione all’albo, ma incompleto perché privo di informazioni attendibili sui versamenti contributivi. L’assemblea è stata particolarmente animata perché un gruppo di giornalisti spingeva per dare all’azienda una risposta forte con la proclamazione di uno sciopero immediato. Tra i sostenitori della linea dura l’inviato Enzo Ciaccio, per molti anni componente del cdr, che ha persino parlato di una mozione di sfiducia nei confronti del comitato di redazione appena eletto. Ha poi prevalso una linea di maggiore prudenza, affidando ai rappresentanti sindacali la stesura di un documento, che è stato pubblicato sul Mattino del 21 marzo, seguito da una replica striminzita e generica dell’azienda.
Il centro del ragionamento del cdr è che la chiusura della redazione romana segna il definitivo ridimensionamento del Mattino, da giornale con presenza e


Franco Buononato, Lorenzo Calò e Antonio Menna

terminali nazionali a foglio locale, più robusto ma non diverso dagli altri quotidiani della Campania. Una scelta che affiderebbe la presenza nelle sedi decisionali e istituzionali del Paese e la lettura delle vicende nazionali all’occhio da un punto di vista professionale

ineccepibile dei giornalisti del Messaggero, l’ammiraglia del Guppo Caltagirone, ma privo della sensibilità e dell’attenzione agli interessi di Napoli e del Mezzogiorno garantite dai cronisti di via Chiatamone.
Del piano i dirigenti del Mattino e il sindacato aziendale cominceranno a discutere nell’incontro fissato per le ore 12 del 26 marzo, mentre il giorno successivo il cdr andrà a Roma per una riunione con il dipartimento sindacale della Federazione della stampa.


La mozione

Ora un breve passo indietro per raccontare l’improvviso affondamento del comitato di redazione (Franco Buononato, Giuseppe Crimaldi, Salvo Sapio, Antonio Troise, Lorenzo Calò, Gregorio Di Micco, Antonio Menna), eletto quattro mesi fa.
Il 9 marzo l’azienda dà appuntamento al cdr per il 16 marzo, annunciando la presentazione del piano di riorganizzazione; il 10 marzo il comitato indice l’assemblea durante la quale viene presentata e approvata una mozione che chiede “il voto di fiducia sul cdr e la formazione immediata della commissione

elettorale”. Si vota il 12 e 13 marzo e il cdr viene bocciato con 58 voti contrari e 48 a favore.
“Più che dalla redazione – sostiene uno dei sindacalisti ‘bocciati’ – siamo stati sfiduciati in due mosse dai vertici del giornale: ha cominciato il direttore Mario Orfeo che il 2 marzo, a pochi giorni dalla presentazione del piano, consegna ai capi settore un


Giuseppe Crimaldi e Carla Di Napoli

ordine di servizio su straordinari e turni domenicali in palese contrasto, a mio giudizio, con il dettato del contratto di lavoro; ha continuato il direttore amministrativo che convoca un incontro sindacale e anticipa l’oggetto della discussione, creando il panico in redazione”. Preso atto della bocciatura, il 16 marzo Buononato, Crimaldi e Sapio chiedono al direttore amministrativo il rinvio dell’incontro fissato per il pomeriggio, ottenendo da Garzilli lo slittamento di quarantotto ore.
Nello scorso ottobre, dopo la decadenza del cdr (Bruno Buonanno, Enzo Ciaccio, Francesco Romanetti), la commissione elettorale presieduta da Enzo Pagliaro impiegò alcune settimane per arrivare al voto; questa volta la commissione, rinnovata e affidata a un team tutto femminile (Carla Di Napoli, presidente, Paola Di Pace, Marisa La Penna, Rosa Palomba), ha fissato tempi serratissimi per la scadenza delle candidature (15 marzo) e l’apertura delle urne (16 e 17 marzo). Il 15 marzo i tre candidati al cdr (De Crescenzo,


Marisa La Penna e Salvo Sapio

Esposito e Treccagnoli) hanno spedito a tutti i redattori una mail con il loro programma, intitolato ‘Il Mattino siamo noi’. La cartellina è aperta da un paragrafo singolare; sulla carta un ringraziamento al cdr uscente, che suona però come una lezioncina tipo ‘quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo’: “il nostro pensiero va a Franco, Giuseppe e

Salvo”, che “hanno portato una ventata di novità”; ma “gli eventi stanno precipitando e non c’è stato tempo di far crescere la loro esperienza”.


Il lavorista

E torniamo al ‘piano di riorganizzazione in presenza dello stato di crisi’, il cui impianto ricalca in più punti il piano presentato al cdr del Gazzettino di Venezia il 26 febbraio scorso. Sulle otto pagine stilate dai tecnici del Gruppo Caltagirone, Iustitia ha chiesto una prima lettura  a un avvocato del lavoro, Giuseppe Marziale, che fa due premesse. “Una più appropriata valutazione sulle iniziative dell’editore – dichiara Marziale - sarà possibile all’esito delle consultazioni sindacali che, del tutto presumibilmente, avranno luogo da qui a breve. E in ogni caso tralascio ogni considerazione sulla paventata imminente ‘morte’ della stampa quotidiana e su altre affermazioni del genere. Se concentriamo l’attenzione sui provvedimenti annunciati dall’editore in relazione ai dichiarati esuberi di personale, individuati in 25 giornalisti a tempo pieno, 5 collaboratori fissi, 2 corrispondenti oltre alla manifestata volontà di non prorogare ovvero convertire in rapporti a tempo indeterminato contratti di

lavoro a termine attualmente in corso, va innanzitutto osservato che sia pure adottando un  linguaggio criptico, tipico di chi vuol fare intendere senza dichiarare apertamente (perché probabilmente consapevole della enorme illegittimità di quanto afferma), pare di capire che Il Mattino intenda collocare “automaticamente in esubero e


Bruno Buonanno e Francesco Romanetti

gestiti come eccedenze strutturali” le figure professionali che dovessero essere “incrementi di organico” per “decisioni esterne”. Il riferimento è ben probabilmente, non essendo ravvisabile nessuna altra ipotesi, ai vincitori di vertenze giudiziarie per il riconoscimento di rapporto di lavoro subordinato giornalistico con Il Mattino. Laddove le “decisioni esterne” sono individuabili nelle sentenze della Magistratura del lavoro. L’illegittimità di una tale, ipotetica, condotta è di tutta evidenza. Quanto dichiarato dall’editore sarebbe in insanabile violazione di ogni principio di non discriminazione e palesemente affetto da nullità per illiceità della causa e/o dei motivi determinanti”.
Marziale esamina poi i passaggi relativi allo ‘stato di crisi’: “Il richiamo agli articoli 35, 36 e 37 della legge n° 416 del 5 agosto 1981 e successive modifiche ed integrazioni, fa intendere innanzitutto il ricorso a : sospensioni in cassa integrazione guadagni; trattamento esteso dalla legge citata anche ai giornalisti. Sospensione in cigs che comunque è sottoposta ai limiti ed adempimenti, procedurali e  sostanziali, delle leggi in materia (segnatamente


Giuseppe Marziale e Mario Orfeo

articolo 1 legge n° 223 del 1991); incentivazioni all’esodo volontario con i trattamenti economici (in realtà di scarsa entità) previsti dalla legge 416; prepensionamenti con requisiti ridotti, previsti dall’articolo 36 della legge 416 e successive modifiche. Va chiarito, ove mai necessitasse, che il ricorso ai trattamenti di incentivo all’esodo e di prepensionamento, è attuabile

solo a richiesta del giornalista. Così come è solo facoltà e non un obbligo, del giornalista accedere al pensionamento di anzianità. Il “piano” conclude invocando la responsabilità delle organizzazioni sindacali nell’assecondare la manovra di riduzione del personale “al fine di evitare il ricorso ad altri strumenti di legge”, cioè l’avvio di procedura di licenziamento collettivo”.