Ordine, Lucarelli presidente,
ma Corsi è ancora consigliere

RESISTE. CON LE forze residue, dopo i colpi incassati negli ultimi anni, Ermanno Corsi è riuscito nel ballottaggio a strappare fino al 2010 il seggio di consigliere dell’Ordine dei giornalisti della Campania: conquista sette preferenze più di Generoso Picone e agguanta l’ultimo posto in consiglio.
Nelle elezioni all’Associazione della stampa, dove si assegnava la sesta e, sulla

carta, decisiva seggiola per i giornalisti professionisti, Cristiano Tarsia è stato battuto da Carmen Fimiani, con sette voti di scarto.
I due sconfitti, Picone e Tarsia, schierati il primo nella lista Lucarelli e il secondo con Corsi Ambrosino, sono


Generoso Picone e Cristiano Tarsia

redattori del Mattino: è la conferma che in Campania, con una platea di professionisti che ha superato le millecento unità, non esiste più una centralità di via Chiatamone. Anzi nel voto per Picone, schierato nella squadra vincente e sul terreno, l’Ordine, dove erano stati concentrati tutti gli sforzi dei contendenti, si coglie un’ostilità nei confronti del candidato targato Mattino, che pure è il più anziano, per l’anagrafe e per l’albo professionale, e ha il curriculum di maggior peso: al Mattino ex responsabile del politico e ora capo della cultura, con un passato da vice sindaco di Avellino. Tra gli elettori lucarelliani c’è stato infatti lo scivolamento di una ventina di preferenze da Picone a Marcello Curzio, che non hanno aiutato Curzio, ma hanno portato Picone fuori dal consiglio.
Breve digressione dalle vicende del piccolo mondo del giornalismo napoletano. Nella tornata elettorale di fine maggio Corsi ha tentato anche la


Marcello Curzio e Carmen Fimiani

carta della politica candidandosi a sindaco di Acerno, comune di tremila anime tra i Monti Picentini, a una cinquantina di chilometri da Salerno: aria buona, paesaggio dominato dal verde, cibi genuini: il classico buen ritiro. Ma anche dalle urne di Acerno Corsi è uscito

con una sconfitta netta: 1200 elettori, il 60 per cento dei votanti, hanno confermato il sindaco uscente, Massimiliano Cuozzo.
E torniamo alle elezioni dei giornalisti, che si sono tenute nella sede dell’Ordine dei medici. Nella guerra, redazione per redazione, elettore per elettore, sono volate centinaia di lettere e di mail, alcune utilizzate come prova per dimostrare la scarsa affidabilità degli alleati, e non sono mancate le scintille. Due episodi.
Nella notte di domenica 20 maggio lo spoglio per l’Ordine è andato avanti fino alle tre. Dopo l’una cresceva la stanchezza e lievitava la tensione e dal clan Lucarelli ci sono state varie punzecchiature nei confronti di uno dei commissari, Sergio Califano. E quando Califano, nell’annunciare il dato progressivo su una preferenza data a Corsi, ha detto “265” invece di “263”, Lucarelli lo ha bacchettato: “Non perdi occasione per raddoppiare i voti di Corsi”.
Califano ha replicato con durezza, chiedendo innanzitutto al presidente della commissione Angela Matassa di essere sollevato dall’incarico, dal momento

che si metteva in dubbio la sua correttezza, per poi rivolgersi a Lucarelli: “Non ho mai chiesto niente a nessuno; non ho motivo di sostenere la causa di Corsi, perché non gli ho mai chiesto niente e non ho mai avuto niente. E non ho mai chiesto niente neanche a te, mentre tu mi


Gianni Ambrosino e Antonio Sasso

hai martellato con decine di telefonate e di incontri” (Califano si riferiva alla primavera del 2005 quando era nella commissione esaminatrice degli aspiranti professionisti, ndr)”. Lucarelli ha abbassato gli occhi ed è rimasto in silenzio. Alla conclusione dello spoglio si è avvicinato a Califano e gli ha chiesto scusa.
L’altra vicenda è più complessa. Alla vigilia del ballottaggio è circolata la voce che gli uomini di Lucarelli, con un candidato al nazionale (Carlo Verna) e due preferenze da esprimere, avevano deciso di appoggiare Antonio Sasso.
La notizia ha scombussolato Ambrosino, che già al primo turno aveva raccolto 47 preferenze meno di Sasso. Il giorno prima del voto ha cercato di tamponare la falla inviando a quattrocento giornalisti una mail per denunciare la scarsa coerenza e la poca correttezza di Sasso che si buttava con i vincitori, abbandonando gli amici. Ha incassato una replica puntuta dai giornalisti del Roma e al secondo turno la distanza da Sasso è salita a 74 voti. Del resto la


Franco Abruzzo e Sergio Califano

protesta di Ambrosino è apparsa poco fondata. Vediamo la questione da due angoli. Per Lucarelli e i suoi era inevitabile scaricare i voti liberi sul candidato che sentivano più vicino; se la scelta fosse stata tra Ambrosino e Zaccaria, probabilmente avrebbero puntato su

Ambrosino. Passiamo all’angolo Sasso: Ambrosino ha accusato il direttore del Roma di avere barattato “un’amicizia di trent’anni per un posto in consiglio nazionale”. Ma perché Sasso avrebbe dovuto farsi da parte dal momento che l’orientamento degli elettori è apparso netto già dal primo turno?
La risposta data da Ambrosino a Iustitia è secca: “Sasso e io siamo andati alle urne nella stessa lista. Il venerdì prima del secondo turno Sasso mi ha comunicato di avere chiuso un accordo con Verna. Gli ho contestato il cambio di squadra, non i voti. Ne ha avuti più di me al primo turno; anche senza l’accordo con gli avversari, forse ne avrebbe avuti più di me al secondo turno”. Una versione che il direttore del Roma corregge: “Venerdì 25 maggio ho soltanto confermato ad Ambrosino che avrei ricevuto voti dal gruppo Lucarelli – Verna, notizia già anticipata da Zaccaria nella riunione di corrente tenuta il martedì precedente con Corsi e Ferrara”.
Dopo Corsi, Ambrosino è il grande sconfitto di queste elezioni: aveva puntato

fiches su più tavoli e deciso di mollare il sindacato con la certezza di andare a Roma da consigliere nazionale, con prospettive di incarichi di rilievo in caso di vittoria dei gruppi che si oppongono all’attuale maggioranza nazionale. Si ritrova invece con l’inutile


Maria Chiara Aulisio e Carlo Verna

seggio di minoranza nel direttivo dell’Assostampa. L’errore di valutazione di Ambrosino è stato condiviso da moltissimi degli ‘anziani’ della categoria che non hanno colto la marea montante di centinaia di giovani professionisti determinati a mandare a casa un’intera generazione. L’unico collante è stata la voglia di spezzare un blocco da venti anni impermeabile e inamovibile; a essere pignoli, gli anni sono anche di più, se si pensa che Corsi nel ’79 era presidente dell’Assostampa, di cui Ambrosino diventa segretario nel 1983.
Va detto che la marea non ha inondato soltanto Napoli. A Milano, in un contesto del tutto diverso, con Ordine e presidente assolutamente non paragonabili alla Campania e a Corsi per il lavoro prodotto e per i risultati ottenuti, c’è stato l’identico risultato. Franco Abruzzo, consigliere dell’Ordine lombardo dal 1986 e presidente dal 15 maggio ’89, si trova nel nuovo consiglio da solo contro i cinque professionisti e i tre pubblicisti eletti dalle liste di opposizione. Anche nella sconfitta però Milano marca l’abisso che la


Domenico Ferrara e Umberto Nardacchione

separa da Napoli: alle tre e dodici minuti del 29 maggio (in Lombardia le operazioni di voto si sono concluse alle 21 del 28 maggio) Abruzzo ha dato notizia dei risultati sul sito dell’Ordine e si è complimentato con Letizia Gonzales, il leader della nuova

maggioranza e prossimo presidente dell’Ordine lombardo, garantendo la massima collaborazione e aggiungendo: “Non mi sento un prigioniero di guerra della maggioranza”.
Travolto Corsi, travolto Abruzzo, veniamo ai meriti di chi in Campania ha unito e organizzato la marea che chiedeva facce nuove: Ottavio Lucarelli, il trionfatore del voto del 20 e 27 maggio. Il cronista di Repubblica Napoli ha intuito e cavalcato la spinta a cambiare e già nella costruzione della squadra ha posto come priorità il dato anagrafico. Il risultato: i candidati schierati da Corsi all’Ordine regionale (con l’ormai ex presidente, Cristiana Barone, Marcello Curzio, Domenico Ferrara, Umberto Nardacchione e Luciano Pignataro) hanno un’età media di 54 anni e mezzo, che supera largamente i 58, se si esclude la cronista di TeleCapri Cristiana Barone; gli ex oppositori (con Lucarelli, Adriano Albano, Gianfranco Coppola, Giorgio Gradogna, Generoso Picone e Rossana Russo), sono tutti under cinquanta, con un’età

media inferiore ai 44 anni.
Dal voto emerge anche che la corrente andrà per l’ennesima volta rinominata e porterà soltanto il nome di Lucarelli perché Verna, il ‘prete’ come lo hanno affettuosamente battezzato gli avversari, anche in questa occasione ha


Mimmo Pinto e Alfredo Vito

dimostrato di non avere grande presa elettorale, promosso al ballottaggio grazie al traino della squadra, al momento in grado di far eleggere anche un cavallo. Per Verna quindi ruolo di vice, affiancato da Maria Chiara Aulisio, capo servizio del Mattino, titolare di Girocittà, due pagine di notiziole e appuntamenti, che con il largo passaggio al primo turno, con 419 preferenze, ha dimostrato di essere una efficacissima acchiappavoti.
Ma non manca chi ha delle perplessità sul successo travolgente della squadra messa in campo dal cronista di Repubblica. “Parlando di Lucarelli, – è il commento di Marcello Curzio, terzo dei non eletti all’Ordine regionale – c’è chi ha citato Alfredo Vito. Il voto ha confermato che si tratta di un paragone azzeccato. Io, però, avrei preferito un Lucarelli un po’ meno Vito e più Mimmo Pinto prima maniera. In campagna elettorale nessuno ha parlato dei professionisti precari e dei disoccupati, che rappresentano oltre la metà degli iscritti. Questa dovrà essere ora la priorità assoluta del sindacato e dell’Ordine, mettendo in campo le poche risorse disponibili, ma anche idee e


Pino De Martino e Gianluigi Guarino

strumenti per tutelare i diritti dei senza contratto e sostenere i giornalisti che cercano di organizzarsi in gruppi o cooperative”.
Diverso l’allarme che arriva da un altro degli sconfitti. “Mi preoccupano – dice - le alleanze stipulate dal gruppo vincente, alleanze a volte

spregiudicate, che avranno dei costi. Ma pare che la loro filosofia sia ‘suffragium non olet’. Faccio tre esempi. All’Ordine è stato candidato ed eletto Giorgio Gradogna, giornalista tenace, ma anche direttore e coeditore di Napolipiù, oltre che esponente di rilievo della Uoc, il gruppo che associa editori di piccoli giornali e emittenti televisive, non tutti in regola con i contratti lavoro. Ricordiamo che il presidente della Uoc è Alfonso Ruffo, direttore e editore del Denaro, quotidiano che percepisce milioni di euro all’anno dallo Stato e non ha un comitato di redazione”. E continua con gli altri due esempi: “Per coprire il Casertano Lucarelli ha blindato un’alleanza con il Corriere di Caserta, che ha come editore di fatto Maurizio Clemente, attualmente sotto processo davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere con l’accusa di estorsione a mezzo stampa. Nelle liste vincenti sono stati schierati Pino De Martino, Simone Di Meo e Pietro Parente. De Martino, primo eletto tra i revisori dei conti dell’Ordine regionale, è oggi il giornalista di riferimento di Clemente, dopo l’eclissi e le dimissioni di Gianluigi Guarino. Simone Di

Meo, ex Cronache di Napoli, è stato il primo eletto tra i sindaci dell’Assostampa, mentre, sempre per i sindaci, non ce l’ha fatta Pietro Parente del Corriere di Caserta. Per anni direttore editoriale di Cronache di Napoli è stato Giovanni Lucianelli, oggi addetto


Giovanni Lucianelli e Sergio De Gregorio

stampa del senatore Sergio De Gregorio. Lucianelli, spesso al centro di vicende controverse (una per tutte: il lungo processo che lo ha visto imputato per tentata truffa ai danni della regione Campania, fermato soltanto dalla prescrizione), è stato uno dei protagonisti del voto perché tra i più dinamici delle commissioni elettorali. Chiuse le urne, già si parla di una sua candidatura nella squadra di Lucarelli a febbraio 2008 all’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti italiani”.
Sul programma, meglio sull’assenza di un programma insistono in tanti. “Parole come trasparenza e legalità – osserva un ex alleato di Verna e Lucarelli – sono scomparse dal dizionario dei vincitori. Mi preoccupa il vuoto che vedo dietro lo slogan dei vincitori: “a casa i vecchi”. Per ora sulle loro bandiere non c’è la falce e non c’è lo scudo crociato, non c’è Che Guevara e non c’è Madre Teresa, non c’è Mandela e non c’è Padre Pio, c’è soltanto la pizza Margherita. E il vuoto non promette niente di buono. C’è il rischio che al clan mandato in pensione si sostituisca una nuova microcasta? Oggi, non si può dire. Lucarelli è da nove anni consigliere dell’Ordine


Gianfranco Coppola e Rossana Russo

campano, ma all’esterno non se ne è vista traccia. A giudicare dal risultato elettorale se ne sono invece accorti molti dei nuovi professionisti. E su tante questioni importanti e gravi il suo è stato un silenzio imbarazzante, se non addirittura complice. Come non ricordare che,

sul discusso praticantato dell’assessore doppiolavorista Francesco Borrelli, Lucarelli citava, a sproposito, i casi dei praticantati di D’Alema e di Veltroni. Ma, a volte, il ruolo cambia la persona e, a inizio mandato, una apertura di credito è doverosa”.
Delle perplessità, delle critiche e degli allarmi Lucarelli si occuperà dopo l’insediamento (la prima riunione verrà convocata dal consigliere anziano, Ermanno Corsi) e l’elezione dei vertici del consiglio. Intanto sembra stia prendendo consapevolezza del suo nuovo ruolo. Si mostra più felpato, misura le parole, mostra grande attenzione per alleati e avversari. A Iustitia dichiara: “Sono tre i dati che emergono dal voto: una grande partecipazione, testimoniata dall’affluenza al primo e al secondo turno, una partecipazione che negli ultimi mesi abbiamo sentito montare con l’avvicinarsi dello show down del voto; un risultato che va oltre le previsioni, perché sapevamo che per la

prima volta la partita era aperta, ma nessuno ipotizzava una vittoria schiacciante; il successo delle donne: accanto alla Aulisio, Rossana Russo


Massimo D'Alema, Francesco Borrelli e Valter Veltroni

all’Ordine e, all’Assostampa, Lucia Licciardi e, soprattutto, Carmen Fimiani che, nell’uno contro uno, ha battuto un nome storico del Mattino come Tarsia. All’Ordine il quadro è delineato: io sarò il presidente, Castellano il vice, Coppola il segretario, per il tesoriere decideremo insieme ai tre in corsa: Albano, Gradogna e la Russo. Al sindacato invece la situazione è più complessa: faremo una riunione di componente e subito dopo incontreremo i nostri alleati pubblicisti, che peraltro sono decisivi per la formazione della maggioranza”.
E veniamo ai pubblicisti campani, guidati dai consoli Domenico Castellano e Domenico Falco, che escono dalle urne con una buona e una cattiva notizia. La buona è il successo straripante, con tutti i candidati eletti senza ricorso al ballottaggio e la dimostrazione di una disciplina militare difficilmente eguagliabile: alle elezioni dei consiglieri nazionali tra il primo eletto, Domenico Falco, e l’ultimo, Elia Fiorillo, ci sono stati soltanto ventiquattro voti di


Domenico Falco e Domenico Castellano

scarto: 672 preferenze il primo, 648 il secondo. Eppure Corsi e soprattutto Zaccaria, che scherzosamente Castellano e Falco chiamano “il Napoleone… di tutte le Waterloo”, si erano spesi per allestire una squadra in grado di conquistare almeno

qualche seggio. La cattiva notizia è che all’Ordine della Campania non sono più l’ago della bilancia; Lucarelli, con cinque consiglieri su nove, ha una maggioranza autonoma, anche se la carica di vice presidente per Castellano è fuori discussione perché la legge ordinistica la riserva ai pubblicisti. E rischiano di non essere più determinanti anche al consiglio nazionale, di cui Falco è vice presidente uscente.
All’Assostampa la situazione appare ancora confusa: i componenti del direttivo sono undici e Lucarelli ha la maggioranza, con quattro professionisti (Lucia Licciardi, Pasquale De Simone, Gianni Colucci, Carmen Fimiani) e i due pubblicisti alleati, Castellano e Mauro Fellico, entrambi presenti anche all’Ordine regionale, il primo come vice presidente uscente e entrante, il secondo come revisore dei conti.
All’opposizione ci sono quattro professionisti (Enzo Colimoro, Gianni Ambrosino, Maurizio Cerino, Filiberto Passananti) e il consigliere

pensionato, Domenico Ferrara.
Due i papabili della maggioranza: De Simone, cinquantuno anni, da dodici professionista, impiegato all’ufficio stampa della Regione Campania, già scelto da Lucarelli nell’autunno 2004 prima come


Gianni Colucci e Lino Zaccaria

delegato al congresso Fnsi di Saint Vincent e poi come consigliere nazionale, che a Roma in due anni e mezzo di attività non ha lasciato tracce significative; Lucia Licciardi, quarantaquattro anni, da sette professionista, da dieci mesi assunta all’Agenzia Italia, dove ha lavorato per anni da abusiva, terza eletta al voto per l’Assostampa e prima dei lucarelliani. Improbabile una soluzione Mattino con Colucci, componente del comitato di redazione di via Chiatamone.
L’associazione napoletana della stampa è però in acque davvero agitate con una disastrosa situazione sindacale e un quadro economico ai limiti della bancarotta; basti ricordare gli oltre tre milioni di euro di debito con il Comune di Napoli per i canoni non versati per la Casina del boschetto in villa comunale; gli oltre centomila euro dovuti all’Ordine campano; l’esposizione con la Fnsi, che si trascina dal secolo scorso. Due mesi fa il sindacalista


Giorgio Gradogna e Filiberto Passananti

Verna, in una riunione alla Fnsi, disse che non avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico di accollarsi la ‘rogna' dell’Assostampa.
Di fronte a questo quadro potrebbe farsi strada l’idea di un accordo tra le parti, anche perché al sindacato non c’è il

macigno della contrapposizione frontale Lucarelli – Corsi. Se passa la linea del dialogo gli oppositori sono in grado di schierare addirittura tre presidenti in pectore: Ambrosino, Colimoro, Ferrara.
Ferrara: “Vedo tre scenari: un governo di salute pubblica, al quale sono disponibile a dare una mano, anche da presidente; un governo della maggioranza; se la maggioranza è troppo debole, mie dimissioni per rafforzarla con l’ingresso di Pasquale Esposito nel direttivo”.
Ambrosino: “C’è una maggioranza, risicata, ma c’è; e ora è chiamata al difficile compito di gestire. Se la maggioranza vuole dialogare, sono, come sempre, disponibile e darò il contributo che mi verrà chiesto”.
Colimoro: “C’è una squadra che ha vinto e una che ha perso. Questo è il dato. Ora prendiamoci una pausa per riflettere, poi ci incontreremo”.
Tra i tre il più abbottonato è Colimoro, perché scottato dall’essere entrato in

cabina da presidente e uscito come numero uno della minoranza, ma anche fiducioso che giochi a suo favore il plebiscito, solitario e non di lista, che ha raccolto alle urne, ottenuto grazie al contributo massiccio degli elettori della lista avversaria: all’Ordine


Enzo Colimoro e Pasquale De Simone
regionale Lucarelli ha ottenuto 470 preferenze su 761 votanti, con una percentuale del 61,76; all’Assostampa Colimoro ne ha raccolto 441 su 606 votanti, ottenendo il 72,77 per cento. E, come prevede lo statuto, toccherà proprio a Colimoro, in quanto consigliere più votato, convocare la prima riunione del direttivo.