Ordine: stavolta,
forse, si cambia

IL 20 E IL 27 maggio si vota per il rinnovo dell’Ordine nazionale, degli Ordini regionali e per l’Associazione napoletana della stampa.
In Campania tre le squadre in campo: il gruppo Ambrosino-Corsi, da venti anni detentore nella regione del controllo sugli organismi di categoria, che ha allestito anche squadre di pubblicisti per cercare di intaccare il monopolio del

tandem formato da Domenico Castellano e Domenico Falco; la componente dei professionisti guidati da Ottavio Lucarelli e Carlo Verna, alleati di Castellano e Falco.
Inutile fare riferimento ai nomi dati alle liste perché non esprimono più niente


Gianni Ambrosino e Ermanno Corsi

(salvo annotare la cattiva abitudine di Lucarelli e Verna di appropriarsi di nomi scelti per sintetizzare l’accordo tra due componenti, anche dopo aver rotto qualsiasi intesa); impossibile parlare di programmi e impegni, aboliti perché considerati più che inutili, dannosi: ti metti a parlare di legalità, rigore, trasparenza, qualcuno ci crede davvero e non ti vota; la filosofia imperante è ‘mbruoglio aiutame’.
Il punto di riferimento e di coordinamento dell’area conservatrice Ermanno Corsi arriva al voto stremato: ha perso la battaglia giudiziaria per rimanere in Rai e dall’agosto 2004 è un pensionato; per avere diffamato l’ex deputato Giuseppe Gambale ha incassato la terza condanna penale con il sigillo della Cassazione, condanne che stranamente non diventano procedimenti disciplinari, come previsto dall’articolo 39 della legge istitutiva, soltanto per la scarsa attenzione dell’Ordine nazionale; ha davanti procedimenti penali


Ottavio Lucarelli e Carlo Verna

semichiusi o ancora aperti; ha la Corte dei conti che ha avviato un’indagine sui bilanci dell’Ordine campano; per il caso Peluffo è stato sanzionato con la ‘censura’, inflittagli il 30 marzo scorso, dall’Ordine della Marche. Eppure Corsi, sessantotto anni da compiere il

prossimo agosto, ha rifiutato sdegnoso proposte di uscita onorevole (candidatura all’Ordine nazionale, con la ciliegina della presidenza della commissione Cultura) e rimane piantato nel suo bunker di via Cappella Vecchia deciso a vendere cara la pelle e a prolungare una presidenza iniziata nell’estate del 1989. Ma sta cercando anche una alternativa in caso di sconfitta: è in lizza con una lista civica per diventare sindaco di un piccolo centro in provincia di Salerno, Acerno.
Accanto a Corsi c’è, fedele e determinato, Lino Zaccaria, sessanta anni già compiuti, redattore capo del Mattino e consigliere d’amministrazione dell’Inpgi, che dalla tolda di via Chiatamone si è molto speso per costruire una squadra accettabile di pubblicisti. Zaccaria lascia il consiglio regionale e fa parte della terna che la lista presenta all’Ordine nazionale. Con Zaccaria ci sono il direttore del Roma Antonio Sasso e Gianni Ambrosino, presidente dell’Assostampa e membro del comitato di redazione del Mattino. Nato al

giornalismo con il gaviano Orazio Mazzoni, negli anni settanta direttore del Mattino, Ambrosino ha buoni rapporti con tutti, è disponibile a qualsiasi accordo, ha posizioni correntizie molto articolate: da presidente


Domenico Falco e Domenico Castellano

dell’Assostampa ha appoggiato a Roma la maggioranza che governa la Federazione della stampa (Autonomia e solidarietà, che esprime il segretario generale Paolo Serventi Longhi, e Giornalisti Uniti, guidata dal presidente Fnsi Franco Siddi); a Napoli è schierato con Corsi e Zaccaria, nemici giurati di Serventi, ma allo stesso tempo ha stretto un accordo tacito con Lucarelli e Verna per consegnare la seggiola di presidente del sindacato al suo delfino, Enzo Colimoro, attuale segretario dell’Assostampa. Ambrosino ha comunque preparato un paracadute nel caso il voto all’Ordine nazionale dovesse andare male; è in lista anche per l’Associazione della stampa e, se non dovesse esserci nessuna poltroncina disponibile, potrebbe riaccomodarsi su quella di presidente del sindacato.
E veniamo a Colimoro: è il candidato della lista Ambrosino-Corsi per la presidenza del sindacato, ma ha l’appoggio silenzioso di Lucarelli-Verna,


Pasquale Esposito, Franco Maresca e Alfonso Ruffo

che hanno concentrato tutte le bocche da fuoco all’Ordine, schierando all’Assostampa una lista di imbarazzante debolezza. Ma chi è Colimoro? Napoletano, trentasette anni, da dieci professionista, dalla prima metà degli anni novanta ha lavorato alla Vespina, il

service e l’agenzia di notizie di Giorgio Dell’Arti, fino alla chiusura della sede partenopea; dal febbraio 2005 è disoccupato, dalla fine del 2006 non percepisce più neanche l’indennità di disoccupazione. Ma può un disoccupato tutelare con forza i diritti di chi un contratto ce l’ha e guidare le centinaia di precari e disoccupati della Campania alla conquista di un contratto?
Certo sarà difficile fare meno di quanto realizzato nei tredici anni di presidenza Maresca-Ambrosino, che non sono riusciti a portare a casa neanche risultati facili facili come imporre a chi percepisce ogni anno milioni di contributi pubblici, come il Denaro di Alfonso Ruffo, il rispetto del contratto di lavoro, a cominciare dall’elezione del comitato di redazione.
Nelle liste per il sindacato c'è da registrare un'altra singolarità. Nel novembre del '99 i giornalisti della Campania sono stati sfrattati per finita locazione dalla Casina del boschetto in villa comunale. A otto anni di distanza, e con una sentenza della Corte d'appello di Napoliche ha riconosciuto al Comune di Napoli un credito di oltre tre milioni di euro nei confronti dell'Assostampa, Ambrosino e Corsi mettono in campo una lista per il circolo della stampa. Questi i nomi dei candidati: Vittorio Bufi, Giuliana Caso, Eugenio De Bellis, Arnaldo De Longis, Domenico Manzon, Gegè Maisto, Nora Puntillo e, per i pubblicisti, Bruno Michelutti.
Alla presidenza dell’Assostampa si era candidato Domenico Ferrara, pensionato, ex presidente della Casagit, attualmente coordinatore degli enti dei

giornalisti (Fnsi, Ordine, Fondo di previdenza integrativa, Inpgi e Casagit) e fino all’anno scorso condottiero della lista Lucarelli-Verna. Ferrara è stato stoppato proprio dai suoi Diòscuri, con varie argomentazioni: “È un’autocandidatura, noi non ne sappiamo niente”;


Patrizia Capua, Vittorio Dell'Uva e Francesco Romanetti

“Abbiamo fatto un sondaggio, non hai numeri”; “Bisogna ringiovanire il sindacato (quindi meglio un disoccupato di un pensionato? Ndr)”. Ed è stato definitivamente decapitato quando ha provato a ripiegare su una candidatura all’Ordine regionale; in questo caso è sceso in campo Lucarelli (se vince vuole intorno degli yes man), che ha posto un veto invalicabile, proprio Lucarelli che nel ’98, quando venne per la prima volta candidato all’Ordine regionale, entrò in consiglio grazie a Ferrara, che, per cedergli il posto, un mese dopo il voto si dimise. Risultato: Ferrara è candidato all’Ordine regionale nella lista di Corsi e corre anche per l’Assostampa come pensionato contro Pasquale Esposito, schierato da Lucarelli e Verna.
Altrettanto rigidi i Diòscuri nelle riunioni, blandamente sollecitate dai vertici nazionali della maggioranza, con la pattuglia campana di Autonomia e solidarietà. Alle riunioni con il tandem hanno partecipato per Autonomia il consigliere Fnsi Patrizia Capua, Francesco Romanetti, capo degli esteri del Mattino e componente del cdr e, in un solo caso, l’inviato del Mattino


Maria Chiara Aulisio, Antonio Sasso e Lino Zaccaria

Vittorio Dell’Uva, consigliere uscente dell’Ordine regionale. Due le richieste di Autonomia: un programma asciutto e chiaro; candidature significative nelle varie liste. La risposta è stata disarmante: silenzio sul programma, che infatti non c’è; un paio di caselle al

direttivo dell’Assostampa, considerata non decisiva, e liste chiuse per l’Ordine con tutti i posti già assegnati, salvo aprire in un secondo momento uno spiraglio minimo per un’eventuale candidatura di Antonio Fiore all’Ordine regionale. Quindi nessuno spazio reale per un accordo, come del resto era emerso con chiarezza sin dall’incontro tenuto nella prima metà di marzo nella sede della Fnsi, con Serventi, Siddi, Castellano, Ferrara, Capua, Romanetti e il coordinatore nazionale di Autonomia Giovanni Rossi, quando Verna aveva dichiarato di poter riconoscere ad Autonomia campana soltanto un “diritto di tribuna”. In quell’occasione aveva anche aggiunto che non avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico di accollarsi la ‘rogna’ dell’Associazione napoletana della stampa, stracarica di debiti, salvo nelle settimane successive offrire candidature, e magari presidenze, ai giornalisti di Autonomia, forse considerati peggiori del "peggior nemico".
Tra i posti incedibili, c’era anche quello che Verna si era autoassegnato nella terna per l’Ordine nazionale, completata da Maria Chiara Aulisio e Gianni

Russo, noto per essere l’addetto stampa della Margherita campana e il giornalista che, assunto dalla Provincia di Napoli per il 2006 con un compenso di 26mila euro (incarico confermato nel


Giovanni Rossi, Paolo Serventi Longhi e Franco Siddi
2007), è stato accusato dal capo gruppo di An Luigi Rispoli di avere prodotto soltanto cinque comunicati, con un compenso a comunicato di 5200 euro. Sulla vicenda Rispoli ha presentato un’interrogazione al presidente della Provincia Di Palma e una denuncia alla Corte dei conti. Contro Segolene e il Prete, come gli avversari hanno scherzosamente ribattezzato la Aulisio e Verna, la squadra di Corsi e Ambrosino mostra ottimismo. “Alla Aulisio – puntualizza Ambrosino – il soprannome di Segolene non l’ho affibbiato io, ma spero che ottenga lo stesso risultato: una sonora sconfitta, con i nostri tre candidati tutti eletti”.
Minor ottimismo accompagna invece il voto al consiglio regionale, che vede da un lato schierati tre professionisti delle elezioni: Corsi, Ferrara e Nardacchione, veterano di via Chiatamone, insieme a un altro redattore Mattino (Pignataro), a un ex Roma (Curzio) e a Cristiana Barone di Telecapri; sull’altra barricata Lucarelli si accompagna con Picone, capo della cultura del Mattino, con due redattori Rai (Albano e Coppola), con il direttore di Napolipiù Gradogna e con la cronista di Canale 9 Rossana


Gianfranco Coppola, Generoso Picone e Rossana Russo

Russo.
I bookmaker assegnano un leggero vantaggio alla squadra di Lucarelli che avrebbe dalla sua il favore delle centinaia di giovani professionisti sfornati in questi anni. Le nuove leve sarebbero determinate a votare liste bloccate invece del tradizionale

panachage, con pesca di nomi da una lista e dall’altra. Quarantanove anni, da diciotto professionista, dal ’90 cronista di Repubblica Napoli, Lucarelli si presenta come nuovo, ma nuovo non è perchè siede nel consiglio regionale da nove anni. E in nove anni non c’è traccia di una sua battaglia politico-sindacale o di una denuncia pubblica sulla gestione disinvolta dell’Ordine; c’è soltanto qualche scaramuccia personale con Corsi, sfociata in procedimenti disciplinari davanti all’Ordine del Lazio. Eppure negli ultimi dieci anni, grazie soprattutto alle denunce di Autonomia, nella gestione dell’Ordine campano sono emerse irregolarità a ripetizione. Lucarelli si è invece concentrato sul tessere rapporti con vecchi e nuovi iscritti, svolgendo un’attività così frenetica nei corridoi e nelle pizzerie da far impallidire il ricordo di Alfredo Vito, ‘mister centomila voti’, anche se c’è chi profetizza che “è un Vito che non diventerà mai Gava”. È affetto da una bulimia di rapporti e pratiche che lascia sconcertato l’interlocutore perché si coglie una dissociazione sul fronte Ordine che lo allontana da un approccio razionale. Due anni fa annunciava trionfante:

“All’Ordine sta avvenendo una rivoluzione culturale: prima i giovani per i loro problemi si rivolgevano a Corsi, oggi vengono da me”. E chi osservava che una rivoluzione ci sarà soltanto quando un aspirante giornalista, senza rivolgersi né a pinco né a pallino, presenterà una


Marcello Curzio, Antonio Fiore e Umberto Nardacchione

domanda d’iscrizione e questa, se è in regola, sarà approvata, altrimenti verrà respinta, veniva guardato come un marziano. Per dare soltanto un’idea di che cosa significa l’attenzione ossessiva verso il collega, magari futuro, basta ricordare che alle sessioni di esami di aprile e ottobre per diventare giornalista professionista, Lucarelli si prepara sommergendo i candidati di telefonate, seguite dalla convocazione alla vigilia dell’esame in un bar, preferibilmente la Caffettiera di piazza dei Martiri, per le ultime istruzioni e gli incoraggiamenti finali. Potrebbe bastare, ma non per Lucarelli. E qui viene fuori il tocco del fuoriclasse. Nel giorno della prova scritta si trasferisce a Roma, prende una stanza all’hotel Ergife, sede degli esami, e fornisce un’assistenza pratica e spirituale total time. Come non essere grati a un consigliere così?
Diverso lo stile dell’altro Diòscuro. Più appartato, con il gusto della regia più che della prima fila, Verna ha lasciato all’ariete Lucarelli tutte le operazioni più aspre, ultima in ordine di tempo il siluramento di Ferrara. Da poco più di un anno è consigliere dell’Ordine della Campania. Come primo eletto è


Giorgio Gradogna, Luigi Rispoli e Alfredo Vito

subentrato a Francesco Bufi, scomparso nel marzo 2006. Appena appresa la notizia, fece sapere che, oberato da troppi impegni, si sarebbe immediatamente dimesso per lasciare il posto a Vittorio Dell’Uva.
Poi, pur avendo un’estate ingolfata dai mondiali di

calcio di Germania, dagli impegni con moglie e figli e dalla campagna elettorale per la segreteria dell’Usigrai, il sindacato dei milleseicento giornalisti Rai, è rimasto incollato alla poltroncina. A fine estate dichiarò che per lui c’era un’unica certezza: in caso di elezione alla segreteria Usigrai si sarebbe immediatamente dimesso da consigliere. A metà ottobre a Montesilvano è stato eletto segretario, ma oggi è ancora consigliere, anche se non l’hanno visto spesso alle riunioni del consiglio. Insomma, non ha mai fatto quello che aveva annunciato. Oggi pur essendo segretario dell’Usigrai e conduttore in servizio alla redazione napoletana della Rai, si candida a consigliere dell’Ordine nazionale. Perché?