Mattarella a Capodimonte
ma Battaglia tace sui clan

ALL’INAUGURAZIONE dell’anno accademico della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale quest’anno, per la prima volta, ha partecipato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nel pomeriggio del 27 novembre, accompagnato dalla figlia Laura, è arrivato nella sede di Capodimonte e nell’aula magna, alla presenza del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, del presidente uscente della Regione Campania Vincenzo De Luca e del prefetto di Napoli Michele Di Bari, ha ascoltato la prolusione su “Legalità, solidarietà, giustizia

dell’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia che è il Gran cancelliere della facoltà.
Una chiesa – ha scandito Battaglia – che tace di fronte alla corruzione, alla violenza, alla discriminazione,

Francesco Asti e Laura Mattarella

alla tortura, alle guerre spacciate per operazioni speciali non è prudente, è complice”. Subito dopo Mattarella ha detto parole altrettanto nette: “Non possiamo sentirci neutrali, non è ammesso di fronte alla illegalità essere neutrali, non ci è concesso di fronte alle ingiustizie e alle disuguaglianze essere indifferenti. Non ci è permesso di fronte alla violenza, alla prepotenza di essere indifferenti. Ce lo chiede anche la religione civile della nostra Costituzione, quella dei diritti universali dell’uomo”. Da entrambi, come si legge, parole ferme e chiarissime. Tutto bene, quindi? La risposta è no perché non c'è nessuno che non sia d'accordo sul fatto che l’illegalità va duramente contrastata ma è poi importante capire chi fa queste affermazioni, in quali sedi le fa e quali azioni in concreto mette in campo.
L’undici giugno dello scorso anno la Direzione distrettuale antimafia della procura di Reggio Calabria (le indagini sono affidate agli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e al pm Salvatore Rossello) dispone una serie di misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta ‘Ducale’ per voto di scambio politico mafioso. Tra gli arrestati il quarantenne Daniel Barillà, che dal gennaio 2024 alla Facoltà teologica di Capodimonte ricopriva il ruolo di ‘direttore del personale’ ed era consulente dell’area ‘fundraising, management e comunicazione’, nonché genero del presunto boss della ‘ndrangheta reggina Domenico Araniti, detto 'il Duca'.
Tra gli indagati c’è anche monsignor Antonio Foderaro, che Battaglia nel 2023 ha nominato Decano della Facoltà teologica e che ha assunto Barillà. Cosa hanno in comune l’arcivescovo di Napoli, Foderaro e Barillà? Sono tutti e tre calabresi; il primo è catanzarese di Satriano, gli

Daniel Barillà e Antonio Foderaro

altri due sono di Reggio Calabria.
Nel luglio 2024 la Facoltà ha troncato il rapporto con Barillà e il mese successivo Foderaro si è autosospeso.
A fine luglio 2024 l’agenzia Adista pubblica un servizio nel

quale scrive che secondo il preside della Facoltà teologica don Francesco Astidel caso Barillà non si deve parlare per precisa volontà dell’arcivescovo” e aggiunge che la notizia dell’arresto di Barillà “è stata ‘secretata’ per volontà del Gran cancelliere della Facoltà, l’arcivescovo Battaglia”. A stretto giro arriva la smentita del preside Asti che l’agenzia pubblica integralmente ma alla quale replica smontando punto per punto la lettera di Asti. In particolare Adista puntualizza che la coltre di silenzio imposto da Battaglia “ci è stata riferita da fonti interne alla Facoltà, che riteniamo di sicura attendibilità”; per quanto riguarda l’arresto ‘secretato’, continua l'agenzia, ci è stato riportato “da altre fonti interne alla Facoltà. Ovviamente non si tratta di ‘atti’ secretati, perché come rileva anche Asti, la notizia era di dominio pubblico grazie agli organi di stampa che l’hanno diffusa, bensì di una sorta di cappa di silenzio, per cui in Facoltà non si parlava apertis verbis della vicenda”.
Sono trascorsi diciotto mesi da quando sono emerse le notizie sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta alla Pontificia facoltà di Capodimonte ma Battaglia non ha ancora squarciato la cappa di silenzio sulla gravissima vicenda della quale non conosciamo le origini (chi ha fatto l'assunzione e perché), né gli sviluppi. Forse le indagini sulla criminalità organizzata calabrese non rientrano nel tema del contrasto all’illegalità?
La “cappa di silenzio” imposta dall’arcivescovo non ha impedito però che le notizie sull’inchiesta della magistratura di Reggio Calabria arrivassero in Vaticano. È infatti possibile, o probabile, che proprio il coinvolgimento nelle indagini di esponenti di spicco della Facoltà teologica scelti da Battaglia abbiano spinto papa Francesco a depennare il nome dell’arcivescovo di Napoli dalla pattuglia dei 24 cardinali nominati nell’ottobre del 2024 salvo poi essere ‘costretto’ a recuperarlo due mesi più tardi a causa della rinuncia del vescovo indonesiano

Pascalis Bruno Syukur.
Muto il cardinale di Napoli, silenti anche i cronisti. Nel resocontare la visita di Mattarella i quotidiani napoletani pubblicano con rilievo la notizia

papa Francesco e Pascalis Bruno Syukur

con ampio richiamo in prima e grande spazio nelle pagine interne, con fotoni del presidente e dell’arcivescovo sia in copertina che all’interno. Il Mattino affida il servizio a Maria Chiara Aulisio e Adolfo Pappalardo occupando la pagina 13; l’articolo di Repubblica Napoli è firmato dal cronista di giudiziaria Dario del Porto. Il Corriere del Mezzogiorno, dal 31 ottobre scorso guidato da Paolo Grassi, fa di più, molto di più. La giornalista che scrive il pezzo è Elena Scarici, redattrice di Nuova Stagione, il settimanale della curia partenopea, quindi una ‘dipendente' di Battaglia. Del resto se non ci preoccupiamo di informare i lettori sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta alla Facoltà teologica di Capodimonte, vogliamo metterci a sottilizzare sulla ‘deontologia’ professionale e sulla carta dei doveri del giornalista?
Per chiudere piccola nota su Mattarella e sul suo staff. Il 12 luglio 2021 il presidente della Repubblica e il presidente del consiglio incontrano i calciatori della nazionale e il tennista Matteo Berrettini: il giorno precedente a Londra i primi avevano vinto a Wembley il titolo europeo e il secondo aveva conquistato e perso a Wimbledon la finale del più importante torneo di tennis del mondo. Iustitia contattò gli uffici stampa di Sergio Mattarella e Mario Draghi per sapere se erano a conoscenza del fatto che Berrettini, come del resto gli altri big italiani della racchetta Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, ha la residenza a Montecarlo e non paga le tasse in Italia. E nel caso ne fossero già a conoscenza perché avevano ricevuto Matteo Berrettini al Quirinale e a Palazzo Chigi.
Onesta la risposta che arriva da Draghi: “non eravamo a conoscenza del fatto che Berrettini avesse la residenza fiscale a Montecarlo”. Burocratica, e democristiana, quella di Mattarella che attraverso il suo ufficio stampa “ringrazia molto per la segnalazione e ne terrà conto ma non intende commentare la notizia”.  Per la verità non ne ha tenuto

Matteo Berrettini e Giovanni Grasso

granché conto se a gennaio 2025 dopo la vittoria di Sinner agli Australian Open ha invitato il tennista di San Candido al Quirinale che però ha rifiutato l’invito.
E arriviamo a oggi. Il capo dello Stato

viene a Napoli per tenere un importante discorso sulla legalità e va a pronunciarlo alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale dove ci sono stati un arrestato e un indagato nell’ambito di un’inchiesta sulla ‘ndrangheta. Un’inchiesta sulla quale nessuno dei vertici religiosi napoletani, dal cardinale Battaglia al preside della Facoltà Asti, ha speso una parola per chiarire come è nata l’infiltrazione e chi ha deciso e perché l’assunzione di Barillà e quale è stato il ruolo svolto da Foderaro.
Certo, al presidente della Repubblica avrà fatto piacere che durante la cerimonia sia stata scoperta una targa per ricordarne la visita alla Facoltà ma forse i suoi più stretti collaboratori, dal capo della segreteria Ugo Zambetti al responsabile ufficio stampa Giovanni Grasso, dovrebbero informare meglio Mattarella per evitargli spiacevoli scivoloni.